Muni, Paul
Nome d'arte di Muni Weisenfreund, attore teatrale e cinematografico di famiglia ebrea, nato a Lemberg nella Galizia austro-ungarica (od. L′viv, Ucraina) il 22 settembre 1895 e morto a Santa Barbara (California) il 25 agosto 1967. Il suo periodo di maggiore celebrità risale agli anni Trenta, quando era considerato uno dei massimi attori hollywoodiani; ma se all'epoca divenne famoso per una serie di prestigiose produzioni in costume, tanto che nel 1937 vinse l'Oscar come migliore attore per The story of Louis Pasteur (1936; La vita del dottor Pasteur) di William Dieterle, lo si ricorda soprattutto per grandi drammi criminali come Scarface, shame of a nation (1932; Scarface ‒ Lo sfregiato) di Howard Hawks o I am a fugitive from a chain gang (1932; Io sono un evaso) di Mervin LeRoy. La riscoperta negli anni Settanta della Hollywood classica riportò post mortem l'attenzione su di lui, ma la valutazione dei critici non è mai stata concorde: per alcuni è stato uno dei massimi attori mai apparsi sullo schermo, per altri la sua recitazione appariva a volte viziata da un eccesso di teatralità.Nato in Europa orientale da una famiglia di teatranti girovaghi ebrei, M. all'inizio del secolo si trasferì con i genitori negli Stati Uniti, e a dodici anni cominciò a recitare nella loro compagnia. Nel 1918 entrò a far parte dell'Yiddish Art Theatre di New York, dove conobbe Bella Finkel, destinata a diventare sua moglie e a restargli sempre al fianco consigliandolo su ogni scelta. Nel 1926 recitò per la prima volta in inglese, quindi venne chiamato dalla Fox Film Corporation a Hollywood, dove il suo nome fu cambiato in Paul Muni. I primi due film risultarono deludenti, ma non mancarono motivi di soddisfazione: The valiant (1929) di William K. Howard gli fruttò subito una nomination all'Oscar, mentre Seven faces (1929; I sette volti) di Berthold Viertel gli permise di esibire le sue doti di trasformista interpretando nel film sette ruoli diversi. Fu però nel biennio 1930-1932 che la sua carriera cambiò radicalmente. Prima fu chiamato a interpretare il gangster Tony Camonte in Scarface, dove sottolineò gli aspetti più brutali e animaleschi del personaggio, fornendo una prova memorabile. Poi tornò a Broadway per lo spettacolo che segnò la sua consacrazione teatrale, Consellor at law di E. Rice; infine, si recò di nuovo a Hollywood per I am a fugitive from a chain gang, che gli valse la seconda nomination. In questo film il personaggio di M. non è un vero criminale, ma un uomo qualunque, un reduce che passa attraverso i drammi sociali dell'America tra dopoguerra e Grande depressione, mettendo in mostra la sua normale fragilità umana, le sue paure e la sua irriducibile tenacia.
Con questi successi iniziò la fase più importante della sua carriera, che lo vide ormai attore di primissimo piano, legato alla Warner Bros. da un contratto con il diritto di approvazione delle sceneggiature. Nonostante la sua riconosciuta bravura, però, M. divenne solo in parte una star vera e propria. Il motivo principale sta forse nel fatto che non creò un suo personaggio riconoscibile, rifiutando di farsi imprigionare in una formula, ma preferì calarsi in ruoli sempre diversi. Inoltre, la sua concezione d'attore rimase legata a un'accentuata teatralità, che prevedeva lunghe prove davanti allo specchio, una capillare immedesimazione nel personaggio e un gusto personale per make-up particolarmente elaborati. La possibilità di scegliere e di condizionare la lavorazione dei film finì poi per accentuare la sua meticolosità e l'estrema selettività delle scelte. Successi e riconoscimenti, comunque, arrivarono durante tutti gli anni Trenta, soprattutto per merito di una serie di biografie illustri dirette da Dieterle: prima The story of Louis Pasteur (che gli valse, nel 1936, anche la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia), poi The life of Émile Zola (1937; Emilio Zola) con il quale ottenne la quarta nomination all'Oscar, quindi Juarez (1939; Il conquistatore del Messico), dove però appare soffocato da un ruolo sussiegoso e statico. In quel periodo, inoltre, era stato diretto da Michael Curtiz in Black fury (1935), cupa storia sindacale d'ambiente minerario, poi si era truccato da contadino cinese per The good earth (1937; La buona terra) di Sidney A. Franklin e aveva interpretato il melodramma d'ambiente giudiziario We are not alone (1939; Non siamo soli) di Edmund Goulding, tornando infine al successo teatrale (1939) in Key Largo di M. Anderson. Con gli anni Quaranta, però, cominciò il suo declino: commise l'imprudenza di liberarsi dal contratto con la Warner e di rifiutare il ruolo di Roy Earle in High Sierra (1941; Una pallottola per Roy) di Raoul Walsh e da quel momento si trovò relegato in film di secondo piano (come The commandos strike at dawn, 1942, Uragano all'alba, di John Farrow). Nel dopoguerra rimase addirittura inattivo per lunghi periodi (a parte Angel on my shoulder, 1946, L'infernale avventura, di Archie Mayo), incerto sulle scelte da compiere e sospettato di attività antiamericane durante il maccartismo. Nel 1949 annunciò il suo ritiro dal cinema, deluso dalla qualità dei prodotti hollywoodiani. In realtà, interpretò ancora qualche film (Imbarco a mezzanotte, noto anche come Stranger on the prowl o Encounter, 1952, di Joseph Losey), tra una pièce teatrale e un'apparizione televisiva: ma anche l'ultima sua interpretazione cinematografica, The last angry man (1959; Addio dottor Abelman!) diretto da Daniel Mann, per la quale ebbe la quinta nomination all'Oscar, non riuscì a ottenere il successo di pubblico.
M.B. Druxman, Paul Muni; his life and his films, South Brunswick (NJ) 1974; J. Lawrence, Actor, the life and times of Paul Muni, New York 1974.