COURIER, Paul-Louis
Nato a Parigi il 4 gennaio 1772. Figlio naturale di Jean-Paul Courier e di Louise Elisabeth La Borde, fu legittimato l'11 febbraio 1777, data delle nozze dei suoi genitori. A tredici anni conosceva bene il latino e i primi rudimenti del greco. Ma il padre volle si dedicasse all'algebra e alla geometria, per prepararsi alla scuola militare. Entrato a Châlons, allievo ufficiale di artiglieria, fu nominato luogotenente il 10 giugno 1793. Le donne e il greco lo interessavano più che le armi e la politica, sebbene tenace fautore delle idee rivoluzionarie. Era già capitano quando, ricevuta la notizia d'una malattia del padre, disertò per la prima volta. Ripreso servizio, si mise a tradurre Cicerone, e nel 1796, a Tolosa, cominciò a meditare di ridurre in prosa francese la storia degli amori di Dafni e Cloe. Mentre abbozzava un Elogio di Elena sulle tracce di Isocrate, fu mandato a raggiungere il corpo di spedizione in Italia, nel dicembre 1798. Si trovò così a suo agio alla Biblioteca Vaticana da rimanervi anche quando il nemico entrò in Roma.
Fu rimpatriato nel 1799 e approfittò della sua qualità di ex-prigioniero per ricusare una più attiva partecipazione alla vita militare, e attendere soprattutto ai suoi studî di filologia alla scuola di Villoison, Boissonade, Sainte-Croix e Clavier. L'Éloge d'Hélène (1803) fu il suo esordio di erudito: lo stesso anno, nei Conseils à un colonel, si provava per la prima volta nel libello. Costretto a ripartire per l'Italia, il 21 febbraio 1804 era a Piacenza, comandante di squadrone. Mandato all'armata di Napoli, fece la campagna di Calabria, descritta nelle Lettres de France et d'Italie in modo indimenticabile. Alla fine del 1806 era a Napoli, lieto di riprendere i suoi lavori nella biblioteca del marchese Tacconi. Nell'estate 1807 condusse a termine la traduzione dei due trattati di Senofonte sulla Cavalleria e a Roma (dicembre 1807) e poi a Firenze collazionò tre codici di Senofonte alla Laurenziana, scoprendo nella biblioteca della Badia fiorentina un testo di Dafni e Cloe nel cui primo libro non esisteva una lacuna indicata da tutti gli altri testi conosciuti. A Livorno, dove era stato trasferito da Verona, diede le dimissioni dall'esercito (marzo 1809) e recatosi a Milano strinse relazione con Lamberti, Mustoxidi e Monti. Arrivato a Parigi il 14 aprile e saputo che Napoleone stava marciando sull'Austria, chiese e ottenne di riprendere il servizio, ma fu per breve tempo e senza profitto né gloria. Il 4 novembre, C., che aveva abbandonato definitivamente il servizio militare, era a Firenze e l'11 dello stesso mese la Gazzetta universale annunciava la scoperta del prezioso frammento inedito del romanzo di Longo Sofista.
Il giorno prima, il bibliotecario Del Furia, aveva trovato che la pagina inedita del codice era coperta da una macchia d'inchiostro. Ne nacque una polemica clamorosissima. C. si era affrettato a pubblicare, a 60 esemplari presso il Piatti di Firenze, Daphnis et Chloé, traduction complète d'après le manuscrit de Florence (1810); Del Furia diede fuori a sua volta una Lettera della scoperta et subitanea perdita di una parte ineditita del primo Libro de' Pastorali di Longo, e allora C., dopo aver pubblicato nel giugno a Roma, apud Linum Contedinium, sempre in 60 esemplari, il testo greco del frammento sin'allora inedito, accompagnandolo con una versione latina, e nel settembre, a 52 esemplari, il testo integrale di Dafni e Cloe, diede alle stampe, alla data del 20 settembre 1810, la Lettre à M. Renouard, libraire, sur une tâche faite à un manuscrit de Florence, che nel 1821, ristampata a capo di una nuova edizione delle Pastorales de Longus, doveva essere aumentata di un Avertissement.
Vivendo fra Roma e Napoli, nella primavera del 1812 scrisse due Conversations e delle note di viaggio di cui ci resta soltanto la Conversation chez la comtesse d'Albany à Naples le 2 mars 1812. Rientrato a Parigi, sposò il 19 aprile 1814 Herminie Clavier, di 23 anni più giovane di lui e figlia dell'ellenista suo maestro, ma la vita coniugale fu, fin dall'esordio, poco lieta. Intanto il C., pur continuando i suoi studî classici con la traduzione di Apuleio (1816), mentre, con la Lettre à Messieurs de l'Académie des Inscriptions et Belles lettres (1817), si prendeva arguta e feroce vendetta di coloro che avevano respinto la sua candidatura, inaugurava con la Pétition aux deux Chambres (1816) la sua carriera di libellista liberale. Lo spunto della sua protesta era locale ed episodico, ma il successo riportato gli indicò la vena da seguire. Le Lettres au rédacteur du Censeur (1819-1820) e soprattutto il Simple discours à l'occasion d'une souscription pour l'acquisition de Chambord (1821) mostrano il suo reciso atteggiamento antimonarchico, antinobiliare, anticlericale. Condannato a due mesi di carcere il 28 agosto 1821 per il libello su Chambord, preparò in prigione la relazione del suo processo, aggravando ancora i suoi tratti. La Pétition pour les villageois qu'on empêche de danser (1822) gli valse un'altra denuncia, ma questa volta fu assolto. La popolarità era ormai venuta; ma la situazione famigliare rapidamente precipitava verso la catastrofe. Infatti, mentre lo scrittore nel Pamphlet des pamphlets (1824) difendeva il genere letterario che nella Réponse aux anonymes (1822), nel Livret de Paul-Louis, nella Gazette du Village (1823), ecc., gli aveva permesso di scalzare dalle fondamenta la Restaurazione e le sue ideologie, spingendosi ad audacie di giudizio e ad asprezze di forma che non si sono forse più ripetute, il dramma che doveva condurlo alla morte si preparava. Proprietario di campagna assai attaccato ai suoi interessi, paysan non soltanto per artifizio letterario, dall'attività politica era stato costretto a lasciare le sue proprietà sotto la direzione della moglie, la quale aveva condotto l'azienda a una situazione economica criticissima. Dopo aver cacciato dalla fattoria della Filonnière (dove dal 1818 C. si era installato) uno dei due garzoni Dubois, amanti della moglie, nel principio del 1825, messa anche la moglie alla porta, C. deliberò di riprendere personalmente la gestione della proprietà. Il 16 febbraio 1825 assisteva a Parigi a un ricevimento del Globe in suo onore, e il giorno dopo ripartiva per la Turenna. Ma i partigiani della moglie meditarono allora di sbarazzarsi di lui. Un guardiaboschi, certo Louis Frémont, d'accordo con i due Dubois e forse con l'adultera, attrasse il C. in un agguato e lo uccise con una fucilata (10 aprile 1825).
Paul-Louis C. è, nella storia del movimento letterario dell'Ottocento, un isolato. Classicizzante e voltairiano, mette a servizio delle passioni del suo tempo uno stile temprato alle pure fonti settecentesche. La sua campagna liberale è quella d'un letterato, e non rinnova i principî della dottrina. Le Lettres de France et d'Italie sono nello spirito del presidente De Brosses e d'uno Stendhal più erudito. C'è qualcosa di comune fra Beyle e C., ma il primo è più scaltrito ed equilibrato, ha un gusto più sicuro. I Pamphlets sia politici sia letterarî dureranno quanto il genio francese, di cui sono memorabile esempio. Quale ellenista e traduttore, C. non ha nulla d'un filologo: è un uomo di buona dottrina, e di molto ingegno, un dilettante mescolato d'umanista.
Edizioni: Øvres de P.-L. Courier, edizione aumentata da nuove lettere con prefazione e note di R. Gaschet, voll. 2, Parigi 1925. Contiene oltre a lettere inedite, una biografia e una completa bibliografia (pagine XXXVII-XL). Il testo è stato accuratamente riveduto. Mancano però, fatta eccezione del Dafni e Cloe, le traduzioni che figurano nel tomo 3° e 4° dell'edizione Méline (Bruxelles 1833). Cfr. anche l'edizione Combarieu delle Øvres complètes (Parigi 1912) con prefazione di M. Allem, e lo studio di Armand Carrel (1829), riprodotto in testa all'edizione Garnier del 1890, e significativo trattandosi d'un contemporaneo.
Bibl.: Fondamentali sono i due volumi di R. Gaschet, La jeunesse de P. L. C., Parigi 1911 e P.-L. C. et la Restauration, Parigi 1913; compendiati dallo stesso in la vie et la mort tragique de P.-L. C. (con qualche nuovo doc.), Parigi 1914; id., Les pastorales de Longus, étude critique, suivie d'une étude sur l'essai de style vielli de C., Parigi 1911; id., De l'authenticité des lettres de P.-L. C., in Revue d'histoire litt. de la France, giugno 1912. Inoltre, cfr. L. André, L'assassinat de P.-L. C., Parigi 1913; e anche per l'iconografia, L. Marchadier, P.-L. C., son domaine de la Chavonnière, sa vie intime et son assassinat, ecc., con prefaz. di Anatole France, Tours 1925 (è la pubblicaz. commemorativa del centenario). Sull'azione politica di C., cfr. A. Thureau-Dangin, Le parti liberal sous la Restauration, Parigi 1888; e R. Schwab, Vie politique de P.-L.C., Parigi 1909. Superfluo il rinvio ai saggi del Sainte-Beuve (Causeries du lundi, VI, e Nouveaux lundis, III, IV). Tra noi, un simpatico saggio di E. Camerini, in Nuovi profili letterari, Milano 1875, pp. 271-287; C. Frati, Gesta parmigiane di P.-L. Courier, in Miscell. Sforza, Torino 1923, pp. 559-571; G. Ansaldo, Un vile libellista, in Rivoluz. liberale, 22 luglio 1924; A. Cajumi, Un libellista, in Cancelli d'oro, Milano 1926, pp. 143-150.