BARRAS, Paul-François-Nicolas-Jean de
Uomo politico, nato a Fox-Amphoux (Var) il 30 giugno 1755, morto a Chaillot il 29 gennaio 1829. Di antica nobiltà provenzale, ufficiale nelle Antille e in India nei suoi primi anni, acquistò qualche esperienza di cose militari, tanto che, poco prima della Rivoluzione, s'era creduto autorizzato a criticare la condotta delle operazioni militari in India. Ebbe subito una lettre de cachet, la cui esecuzione gli fu evitata da Breteuil; ma se ne vendicò subito dopo, lanciandosi, capitano di fanteria, all'assalto della Bastiglia il 14 luglio 1789.
Visse quasi ignorato durante la Costituente e la Legislativa, e anche quando il dipartimento del Varo lo mandò alla Convenzione (settembre 1792), passò per alcuni mesi inosservato, sia perché votò come tanti altri la morte del re, sia perché non ebbe occasione d'intervenire nei frequenti dibattiti dell'assemblea. Ma inviato con Fréron alla presa di Tolone, B. occupò subitamente di sé la pubblica opinione, specialmente quando, ripresa Tolone agl'Inglesi, egli scrisse con Fréron quella celebre lettera alla Convenzione (7 dicembre 1793), in cui spietatamente si descrivevano le repressioni sanguinose di veri o supposti complotti contro la repubblica. L'ordine fu ristabilito, e B. ne menò vanto allora e poi. Forse ciò gli valse, il 9 termidoro, alla caduta di Robespierre, la nomina a comandante delle forze di Parigi, mentre il generale Henriot veniva dichiarato fuori legge; e, a ogni modo, sia perché violento e deciso nell'uso dei mezzi estremi, sia perché sorretto dal desiderio di tutta Parigi d'un più riposato ordinamento, riuscì ad imporre il rispetto delle decisioni della Convenzione e impedì a Fouquier Tinville la continuazione metodica dei quotidiani massacri. Fece, poco dopo, decretare che il 21 gennaio (giorno in cui era stato giustiziato Luigi XVI) fosse celebrato in tutti i comuni della Francia come fausta ricorrenza civile, e riguadagnò quelle poche simpatie che il duro atteggiamento verso i robespierriani gli aveva certo alienate. Stimato, così, assai più del suo valore e della sua perizia militare, fece parte del direttorio, e il 3 novembre 1795 solennemente s'installò al Lussemburgo.
Elegante, avido di piaceri e di ricchezze, ma incredibilmente prodigo e disordinato, intorno a lui si formò una piccola corte in cui rifulgevano Giuseppina Beauharnais e madama Tallien, e stelle minori, e si affollavano avventurieri desiderosi di una facile vita e di fortuna. B. se ne compiaceva, e per qualche tempo ebbe la sensazione di essere il vero padrone della Francia; né ebbe alcun sospetto il giorno in cui favorì il matrimonio di Giuseppina con Bonaparte e il giorno in cui, lasciata Giuseppina a Parigi, il giovane generale partiva per l'Italia. E in realtà il 18 fruttidoro parve consolidare le basi del direttorio e l'onnipotenza di B., mentre l'entrata di Talleyrand, come ministro degli Esteri, parve riallacciare la Francia giacobina, almeno nei metodi, alla Francia borbonica. Dimenticato subito, infatti, il supplizio di Babeuf, col quale B. aveva avuto oscuri contatti, e rialzato, per virtù delle vittorie napoleoniche, il prestigio del nome francese in Europa, il direttorio visse giorni di serena grandezza fino al ritorno di Napoleone. Solo allora si oscurò improvvisamente l'orizzonte, specialmente perché da ogni angolo della Francia si levavano voci acclamanti al generale che aveva umiliata l'Austria. Per questo, quando Bonaparte partì per la spedizione d'Egitto, B. esclamò (19 maggio 1798): Enfin il est parti. Gli ultimi movimenti giacobini urtavano, intanto, contro la fermezza del direttorio. Ma al ritorno di Napoleone, la scena mutò: il colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) annientò la fortuna di B. Allontanato da Parigi, visse un po' al castello di Grosbois, che aveva acquistato qualche anno prima con somme di non purissima provenienza e che aveva mantenuto con fasto da re; poi andò a Bruxelles e finalmente si ridusse, solo e sempre sorvegliato, a Aygalades presso Marsiglia. Non fu in alcun modo perseguitato sotto la Restaurazione, forse perché - come molti pensano - fin da quando la stella napoleonica spuntava, egli aveva avuto qualche contatto col futuro Luigi XVIII.
Bibl.: Barras, Mémoires, ed. Duruy, voll. 4, Parigi 1895-96; L. Sciout, Le Directoire, voll. 4, Parigi 1895-97; La Revellière-Lépeaux, Mémoires, voll. 3, Parigi s. a.; Thibaudeau, Mémoires sur la Convention et le Directoire, voll. 2, Parigi 1824; Mathieu Dumas, Souvenirs, Parigi 1839; A. Meynier, Le dix-huit Fructidor (4 septembre 1797), Parigi 1928.