PATTI MARINA
Presso la costa settentrionale della Sicilia, a Ν della stazione ferroviaria di P. M. (ME), nelle vicinanze di Tindari, nel 1973, durante la costruzione dei pilastri di un viadotto dell'autostrada Messina-Palermo, è stata scoperta una villa romana. La zona si trova nei pressi della sponda destra del torrente Montagna Reale e ha alle spalle le colline su cui si estende l'abitato del centro moderno di Patti Marina.
La villa, il cui impianto di IV sec. d.C. si estende per un'area di c.a. 20.000 m2, si sovrappone completamente a una costruzione precedente, riferibile al II-III sec. d.C., di cui sono state messe in luce strutture murarie, ambienti e un pavimento a mosaico; sono presenti tracce di altri edifici anteriori.
Per quanto riguarda la planimetria si possono distinguere tre nuclei fondamentali attorno a cui si snoda una serie di ambienti che vengono a formare un complesso architettonico imponente: 1) un ingresso individuabile nel settore occidentale della villa; 2) un grande peristilio rettangolare (m 33,50 x 25), situato nella zona centrale della dimora, orientato in senso NS con i lati di maggiore lunghezza e circondato da un portico (largh. 3,40 m), su cui gravitano numerosi ambienti, sia sul lato orientale, sia su quello meridionale. In questo settore S domina un'ampia sala tricora, simile a quella di Piazza Armerina, ma di dimensioni assai minori, fronteggiata da un arco a tutto sesto con l'ingresso tripartito da due colonne, mentre il nucleo E è caratterizzato da una sala absidata sui cui lati si dispone regolarmente una serie di ambienti rettangolari. Le absidi di questi ambienti dovevano essere coperte da semicupole; il portico doveva avere all'esterno, come strutture portanti, pilastri quadrangolari distanziati di 2,20-2,40 m su tutti e quattro i lati e collegati da archi dello stesso materiale; 3) un'area relativa agli impianti termali, situata a NE del peristilio, dotata di pavimenti con suspensurae, opere di canalizzazione, vasche, praefurnium. Di questo settore sono evidenti il frigidarium con adiacente vasca e le stanze riscaldate situate più a O.
Poco si conosce, al momento, della zona a E e a S di questi tre nuclei che sembrano non seguire lo stesso orientamento, anche se non vi sono ancora elementi concreti per ritenere che peristilio, ingresso e impianto termale facciano parte di tre fasi edilizie diverse.
Si tratta, dunque, di un impianto architettonico che obbedisce a un disegno organizzativo di cui sfuggono i motivi del sistema di aggregazione. Del resto sembra diversa anche la tecnica edilizia con cui si sono realizzate le strutture murarie dei tre nuclei in questione: pietrame irregolare, blocchi in mattoni e muratura, calcestruzzo con ciottoli di fiume.
Gli scavi eseguiti all'interno del peristilio hanno rivelato la presenza di numerosi materiali lapidei e laterizi da riferire al crollo repentino e simultaneo delle strutture murarie, sia archi che pilastri, dell'edificio. Ciò si dovette certamente a un evento sismico, verificatosi in un momento in cui la villa era ormai in disuso, come si evince dal grosso strato di tegole, emerso al di sotto dei materiali di crollo medesimi. Grazie a questa situazione particolare, che ha permesso la conservazione di ampie strutture murarie in crollo, è stato possibile effettuare l'anastilosi di alcuni elementi portanti, quali, p.es., il pilastro dell'angolo SO del portico.
Al di sotto dello strato di tegole sono emerse le opere pavimentali costituite da mosaici policromi a motivi geometrici in buono stato di conservazione. Il tratto più esteso di questi mosaici è stato rinvenuto davanti alla sala tricora: si tratta di medaglioni circolari e grossi ottagoni curvilinei con al centro singoli animali domestici o fiere, asini selvatici, cinghiale, cervo e tigre, in diverso atteggiamento, inseriti in un contesto naturale molto schematizzato. Soltanto in due ottagoni compare una coppia di animali. Altri resti di pavimento sono emersi nelle zone centrali del lato E e del lato S del portico, caratterizzate da un motivo a onde e da uno a treccia contenuto in tre fasce bianche di ineguale grandezza e da una doppia serie di riquadri delimitati da festoni di alloro con composizioni geometriche e vegetali. L'unico mosaico figurato riferibile all'impianto di IV sec. d.C. ê stato rinvenuto in una stanza dell'ala O, dove un pavimento geometrico presenta al centro un emblema con testa di Medusa, conservato solo per metà.
I caratteri tecnici e stilistici dei mosaici riportano al IV sec. d.C. e si devono collegare a maestranze africane, anche se di qualità inferiore rispetto agli esempì di Piazza Armerina: nella villa di P. M. operava forse un'officina locale che doveva avere maggiore dimestichezza col disegno ornamentale piuttosto che con quello figurato (Wilson).
Al di sotto del peristilio della villa di IV sec., e precisamente nella metà N, è stato rinvenuto quello che doveva essere l'impianto precedente la dimora tardo-imperiale: si tratta di stanze quadrate e rettangolari disposte ai lati di un peristilio situato nella zona SO di quello successivo di IV sec. d.C. All'interno di uno di questi ambienti, che si può definire un vero e proprio tablinum, è stato scoperto un mosaico figurato mal conservato: al centro, in un medaglione circolare iscritto in un rettangolo, una figura virile nuda in cui si può riconoscere Bacco, raffigurato come un efebo nudo stante, secondo la tradizione prassitelica, con la testa circondata da una corona di foglie e con un cratere nella mano destra. Alla destra della divinità, contornata da una ricca cornice di elementi vegetali, si trova una figurina di amorino. Negli spazi angolari del rettangolo in cui è inscritto il medaglione centrale erano rappresentate le quattro stagioni di cui si conservano la primavera e l'inverno. Il medaglione centrale, inoltre, è circondato da otto spazi rettangolari distribuiti simmetricamente sui lati opposti. Le fasce decorative sono costituite da ampi girali desinenti in melograni. Nelle riquadrature intorno al medaglione si osservano, invece, due a due, bighe affrontate guidate da amorini, trainate da bestie feroci, leopardi e leoni nei lati E e O, antilopi nelle riquadrature minori dei lati Ν e S.
La villa di P. M., dunque, vanta una ricchezza di decorazione e uno sviluppo planimetrico monumentale che in parte non erano mai stati avvicinati.
L'edificio ha un momento di massimo splendore tra IV e V sec., una prosecuzione ridotta della vita tra VI e VII, concentrata nell'area del peristilio (mentre sulle terme si impiantò una necropoli di pieno VII sec. d.C.) e tracce non indifferenti di occupazione che arrivano all'XI sec., secondo un fenomeno che si osserva anche a Piazza Armerina (Voza). Allo stato attuale delle ricerche non è possibile stabilire se la villa di; P. M. fosse epicentro di un latifondo, come è stato accertato per Piazza Armerina e per la villa del Tellàro.
Bibl.: G. Voza, in Kokalos, XXII-XXIII, 1976-1977, pp. 574-579; id., ibid., XXVI-XXVII, 1980-1981, pp. 690-693; id., in BCASic, III, 1982, pp. 111-126; id., Le ville romane del Tellaro e di Patti in Sicilia e il problema dei rapporti con l'Africa, in 150-Jahr-Feier Deutsches Archäologisches Institut Rom, 1979, Magonza 1982, pp. 202-209; F· Coarelli, M. Torelli, Guida archeologica della Sicilia (Guide Archeologiche Laterza, 13), Roma-Bari 1984, pp. 391-392; G. Voza, Aspetti e problemi dei nuovi monumenti d'arte musiva in Sicilia, in R. Farioli Campanati (ed.), III Colloquio internazionale sul mosaico antico, Ravenna 1984, pp. 14-15; R. J. A. Wilson, Piazza Armerina and the Senatorial Aristocracy in Late Roman Sicily, in CronAStorArt, XXIII, 1984, pp. 170-171; G. Voza, in Kokalos, XXX-XXXI, 1984-1985, pp. 659-661; G. Bejor, Gli insediamenti della Sicilia romana. Distribuzione e tipologia. Sviluppo da un primo inventario dei dati archeologici, in A. Giardina (ed.), Società romana e impero tardo antico, III, Roma-Bari 1986, pp. 472, 474-475, 494, n. 220; G. Voza, I crolli nella villa romana di Patti Marina, in E. Guidoboni (ed.), I terremoti prima del 1000 in Italia e nell'area mediterranea, Bologna 1990, pp. 496-501; R. J. A. Wilson, Sicily under the Roman Empire, Warminster 1990, pp. 200-201, 204-206, 209-210 e fig. 170, 388, note 72-74; R. Ross Holloway, The Archaeology of Ancient Sicily, Londra-New York 1991, p. 170.