PATROCLE (Πατροκλῆς, Patrŏcles)
Conosciamo due scultori greci di tal nome. Il primo fu Sicionio, padre di Dedalo (v. dedalo di sicione) e di Naucide minore (v.): il nome di quest'ultimo ha fatto pensare che l'omonimo più antico fosse l'avo. Plinio (Nat. Hist., XXXIV, 50) dice che P. fiorì verso la 95ª olimpiade (400-397 a. C.), e lo ricorda genericamente (l. c., 91) tra i bronzisti che modellarono "atleti, guerrieri, cacciatori e sacrificanti". In collaborazione con Canaco incisore egli avrebbe eseguito, a detta di Pausania (X, 9, 7), che si riferisce a una tradizione del luogo, dieci statue di navarchi per il monumento della vittoria di Egospotami del 405 a. C., dedicato dagli Spartani a Delfi come decima del bottino. Tra gli avanzi del basamento trovati colà, si poterono identificare le iscrizioni di due delle figure attribuite agli artisti in parola: Apollodoro da Trezene e Comone da Megara.
Il secondo fu figlio di Catillo, da Crotone nel Bruzio. Pausania (VI, 19,6) ricorda di lui, in Olimpia, un Apollo in legno di bosso, con la testa dorata, che si diceva donato dai Locresi Epizefirî. Circa l'epoca, la tecnica fa pensare al periodo arcaico.
Bibl.: Thieme-Becker, Künst.-Lex., XXVI, Lipsia 1932, col. 299 segg.