PATROCINIO
. Per il patrocinio legale in generale v. avvocatura; procuratori e avvocati. Qui si parla solo del gratuito patrocinio.
Il problema di assicurare ai poveri l'assistenza di professionisti legali e la possibilità di compiere atti processuali, senza anticipare gli onorarî e le tasse giudiziarie relative, si trova variamente risolto nelle legislazioni. Le difficoltà principali sono due: contenere il beneficio entro limiti ben definiti, onde evitare che esso si trasformi, nelle mani di litiganti pervicaci, in strumento di vessazioni ingiuste o, peggio ancora, ricattatorie, e garantire d'altra parte al litigante meritevole un patrocinio avveduto e zelante e una parità di condizioni di lotta con il ricco avversario. Alla seconda difficoltà si è cercato di ovviare o istituendo uffici appositi di assistenza e di rappresentanza (avvocati e procuratori dei poveri), composti di funzionarî stipendiati dallo stato o da altri enti (legge 13 nov. 1859 sull'ordinam. giudiz.), o facendo della difesa gratuita "un ufficio onorifico ed obbligatorio dalla classe degli avvocati e dei procuratori" (r. decr. 30 dic. 1923, n. 3282, art. 1), che non può essere ricusato senza grave e giustificato motivo (r. decr. cit., art. 31). Il secondo sistema prevale nelle legislazioni moderne. La prima difficoltà viene di solito superata condizionando la concessione del gratuito patrocinio all'accertamento dello stato di povertà e della probabilità dell'esito favorevole della causa o dell'affare (fumus boni iuris), accertamento affidato ad apposite commissioni per il gratuito patrocinio.
Dette commissioni, istituite presso i tribunali, per le cause o le pratiche avanti ai tribunali, ai pretori, e ai conciliatori quando la causa abbia valore superiore a 50 lire (art. 5 r. decr. 1923, che ha lasciato peraltro intatto il potere conferito, dall'art. 24 del r. decr. 20 settembre 1922, al pretore e al conciliatore, dopo aver sentito le parti in prima udienza, di concedere il gratuito patrocinio a quella che giustifichi la sua povertà secondo le norme vigenti: cfr. circolare del ministro della Giustizia, 24 marzo 1925, n. 2115), presso le corti d'appello e presso la cassazione, sono composte di un giudice o di un ex-magistrato, di un funzionario del pubblico ministero, relatore, e di un avvocato. Chi vuol ottenere il gratuito patrocinio deve farne domanda in carta bollata da lire 10, unendovi i certificati comprovanti lo stato di povertà relativa (non la nullatenenza, ma uno stato in cui il ricorrente non sia in grado di sopperire alle spese della lite: art. 16 r. decr. 1923), e dimostrando, con documenti se ne è il caso, il fumus boni iuris (art. 18). La domanda è firmata dalla parte e trasmessa alla commissione. Può firmarla in luogo della parte un avvocato o procuratore. Il presidente della commissione, se il caso è urgente, può concedere al richiedente in modo provvisorio l'ammissione al gratuito patrocinio, salvo a sottoporre l'affare alla commissione nella prima adunanza. Se il caso non è urgente, comunica il ricorso al relatore (articoli 19 e 25). La commissione, prima di provvedere sulla domanda, ne dà avviso alla parte avversa, la quale, nel termine assegnatole, può presentarsi sia per contestare la dedotta povertà, sia per dare delle spiegazioni sul merito della causa, o esporre le sue contestazioni per iscritto. Se ricorrente e avversario si presentano alla commissione, questa può fare un tentativo di conciliazione. Se questo fallisce, o non ha luogo, la commissione delibera, né è vietato concedere il patrocinio ad ambedue le parti, sebbene ciò si debba di regola evitare (art. 20). Il decreto, conceda o neghi il gratuito patrocinio, deve essere motivato a tutela di entrambe le parti, poiché a entrambe è concesso ricorrere, contro i provvedimenti dati dalle commissioni istituite presso i tribunali, a quelle costituite presso le corti d'appello, le quali provvedono tenendo presente solo le probabilità di esito favorevole (art. 22). I provvedimenti delle commissioni istituite presso le corti d'appello sia in primo grado, sia in grado d'appello, non sono impugnabili davanti alla commissione istituita presso la cassazione: alcuni scrittori, e la giurisprudenza, ammettono peraltro il ricorso in cassazione per errori di diritto contro i decreti delle commissioni d'appello per il gratuito patrocinio, il che è molto dubbio.
L'ammissione al gratuito patrocinio produce a favore di chi l'ottiene i seguenti effetti: a) la difesa gratuita da parte del procuratore e dell'avvocato destinati dalla commissione, salvo il diritto di ripetizione degli onorarî dalla parte contraria condannata nelle spese; b) l'annotazione a debito delle tasse di registro e l'uso della carta libera (non bollata); c) l'anticipazione da parte dello stato di altre spese occorrenti (art. 11), salvo ricupero al momento della decisione della lite (art. 35 segg.).
La soluzione adottata dal legislatore è stata fatta frequentemente oggetto di critiche dalla dottrina (L. Mattirolo, C. Lessona), manifestatasi in maggioranza favorevole a un ritorno al sistema della avvocatura dei poveri. Di questa tendenza si ebbero echi in parlamento, e tre progetti (del 1902, sulla riforma giudiziaria, del 1905 e del 1906) diretti a sanzionarla legislativamente furono discussi nel corso della XXII legislatura, ma decaddero con la chiusura di questa. Una commissione incaricata degli studî per una riforma (1908) e presieduta da L. Mortara concluse invece per il mantenimento del sistema in vigore, che risale al r. decr. 6 dicembre 1865. E il r. decr. 30 dicembre 1923, n. 3282, che approva la vigente legge sul gratuito patrocinio, ha conservato infatti le direttive precedenti. Si può ammettere che la legge sarebbe suscettibile di miglioramenti, diretti soprattutto a sveltire le forme del procedimento di concessione del patrocinio gratuito, quantunque il raggiungimento della perfezione assoluta si debba ritenere, anche in questa materia, un'autopia. Si noti infine che l'argomento non ha ancora formato oggetto di uno studio approfondito, mentre questo dovrebbe essere il necessario presupposto di una seria e meditata riforma. Basti accennare ad alcuni dei problemi dogmatici che la materia presenta e che meriterebbero un'accurata trattazione: natura giuridica del procedimento dinnanzi alla commissione e del decreto di questa (provvedimento amministrativo per i suoi effetti, processuale nella sua struttura); significato specifico del fumus boni iuris, in relazione a figure analoghe (nelle misure cautelari); carattere dei gravami contro il decreto anzidetto; rapporti eventuali fra la fase per la concessione e il successivo giudizio dinnanzi al magistrato; rapporti fra la parte e il difensore destinato dalla commissione, e cioè fonti della rappresentanza e poteri del rappresentante, in relazione alla figura del difensore d'ufficio nel processo penale; limitazioni di mezzi probatorî e valore delle ammissioni fatte dalle parti dinnanzi alla commissione.
Bibl.: C. Lessona, I doveri sociali del dir. giudiz. civ., Torino 1897; R. Schott, Das Armenrecht des deutschen Civilproz., Jena 1900; G. Franceschini, Il patroc. grat., ecc., Torino 1903; E. Pasini, La difesa del povero, Perugia 1904; L. Bidone, Il grat. patroc., Torino 1905; E. Burkhardt, L'assist. judic., ecc., Parigi 1905; G. Chiovenda, Condanna nelle spese giudiziali, Torino 1901; id., Principî, Napoli, 4ª ed., 1928; L. Mortara, Commentario, 6ª ed., Milano 1932.