PATRIZIO Ravennate
PATRIZIO Ravennate. – Della vita di questo cronista non è noto nulla. Neppure vi è certezza circa il secolo in cui visse e scrisse la sua opera. È probabile si tratti della seconda metà del XIV secolo, ma non si possono escludere ipotesi concernenti la prima metà o, almeno, i primi decenni del XV secolo. Anche la sua origine ravennate è dubbia e deriva non già da indizi biografici che riportino al contesto di quella città o da frequenti richiami a essa all’interno del suo testo, ma soltanto da elementi scaturiti dall’esigua tradizione manoscritta.
Così non si può parlare di lui se non attraverso la sua opera, intitolata Cronica Patricij Ravennatis nell’unico manoscritto superstite (Modena, Biblioteca Estense, Camp. App. 416 = γ. R.2.35, cc. 1r-19v), segnatura verificata nel marzo 2014, che ci abbia tramandato integralmente tale fonte.
L’aver definito ravennate Patrizio potrebbe anche essere dovuto solamente a un’eventuale provenienza del manoscritto da Ravenna.
Poiché la sua narrazione si chiude con avvenimenti dell’anno 1378 (ma deve leggersi 1377 a causa di un errore di datazione del cronista) e non contiene alcun cenno di carattere autobiografico; l’unica cosa certa che se ne può dedurre è che a quella data egli fosse ancora vivo, oppure che abbia scritto più avanti nel tempo arrestandosi, per motivi che non sono noti, al 1378.
Anche sul nome vi sono state incertezze, essendo chiamato da taluni Patritius da altri Petrus, anche se è stato ormai chiarito (Vasina, 1978, p. 28) che la voce Petrus è dovuta a un fraintendimento paleografico per Patritius. Dal testo della sua cronaca e dalla fortuna successiva incontrata da questa emergono poi, più che elementi legati a Ravenna, indizi di un maggiore radicamento nell’ambiente di Forlì; ciò indusse nel 1898 lo studioso tedesco Ferdinand Güterbock, peraltro piuttosto severo e scettico nei confronti di questa fonte, a parlare di lui e della sua cronaca nei termini di «Forliveser Annalen des Pietro Ravennate».
Resta, comunque, una totale oscurità sulla sua vita; valore puramente teorico può avere anche la supposizione, dedotta dall’attenzione del cronista per Bologna, per l’intera regione e per eventi di portata nazionale e persino internazionale, che egli possa essersi formato presso lo Studium bolognese e che abbia abbondantemente viaggiato. Difficile anche dire se si sia trattato di un ecclesiastico o di un laico, non riscontrandosi nella fonte una chiara impronta né dell’uno né dell’altro tipo.
Nella sua cronaca, che si estende cronologicamente dal 1100 al 1378, sono stati riconosciuti quattro successivi strati narrativi composti, rispettivamente, da vicende dell’Europa e del Vicino Oriente cristiano; da ricostruzioni riguardanti la storia regionale con particolare riguardo per Bologna e la Romagna; da una narrazione più particolareggiata, per i medesimi ambiti territoriali nell’ultimo Duecento, dipendente in gran parte dal Chronicon di Pietro Cantinelli e, infine, per il Trecento, da una trama condizionata da alcuni scritti di Riccobaldo da Ferrara che conducono il cronista sulle piste di avvenimenti ferraresi e del mondo padano veneto-lombardo.
In definitiva, ciò che rende originale questa cronaca sta nell’abilità e nell’equilibrio della composizione narrativa, nel raro eclettismo storiografico e nell’insolita ottica non cittadina o municipale ma regionale e, spesso, extraregionale e generale, nobilitata anche da alcune notizie di carattere culturale. Lo stile, alieno da ogni inflessione emotiva, risulta quanto mai asciutto, secco e persino, in certe fasi, essenzialmente compilativo.
Importante ancor più che non in altri cronisti è in Patrizio il problema delle fonti che, oltre a consentire di definire meglio la sua effettiva e discussa personalità di storico, potrebbe offrire spunti per tentare una datazione della sua parabola esistenziale.
Autore sicuramente dotto, controllatissimo e senza particolari simpatie politiche manifeste, egli assunse dagli enciclopedisti domenicani del XIII secolo Vincenzo di Beauvais e Martino Polono, dalla contemporanea Legenda aurea di Jacopo da Varazze, da Tommaso Tosco filtrato attraverso Riccobaldo, dal faentino Pietro Cantinelli, dal Riccobaldo del Compendium Romanae Historiae, della Compilatio Chronologica e del Pomerium Ravennatis Ecclesiae (manoscritti che presentano affinità sino al 1324 con Riccobaldo e con Patrizio si trovano nella Biblioteca Ariostea di Ferrara e nella Biblioteca Marciana di Venezia) e dalla Polyhistoria di Nicolò da Ferrara, morto intorno al 1387. Complessa è poi la questione dei rapporti del testo di Patrizio con i trecenteschi Annales Caesenates, interpolati fra Quattro e Cinquecento con notizie tratte proprio dalla Cronica di Patrizio dal forlivese Paolo Guarini, autore degli Annales Forolivienses; ma più complessa ancora appare la questione dei collegamenti assai frequenti fra Patrizio e la aggrovigliata tradizione cronachistica bolognese.
Ciò che suscita interesse e curiosità è l’identità di molti passi patriziani con le cosiddette Cronaca A o Rampona, Cronaca B o Varignana, Cronaca Bolognetti e Cronaca Villola. Dal momento però che le identità più strette emergono con le tre prime cronache menzionate e non già con quella dei cartolai Pietro e Floriano da Villola (poiché quest’ultima fu sicuramente scritta nella seconda metà del Trecento laddove le altre, pur con diverse modulazioni cronologiche, possono essere riconosciute come quattrocentesche), si stabilisce così un rapporto molto ravvicinato fra la Cronica di Patrizio e una tradizione cronachistica bolognese prodotta, prevalentemente, nei primi due-tre decenni del XV secolo.
La questione è il rapporto fra le due cronache: quelle bolognesi potrebbero aver assunto da un Patrizio tardo trecentesco, ma in questo caso occorre postulare, con una certa arditezza, un Patrizio così autorevole in cose bolognesi da porsi come punto di riferimento per le stesse cronache felsinee. Oppure potrebbe darsi che sia stato Patrizio ad assumere da esse, ma allora occorre collocarlo nel primo Quattrocento. Si potrebbe, infine, chiamare in causa una fonte comune all’uno e alle altre, che potrebbe essere un codice di Riccobaldo. Il problema si presenta in modo molto complesso e, per ora, non risolto.
Questa apparente ambientazione bolognese del cronista contrasta con la fortuna di Patrizio che, ancor più che ravennate (con riecheggiamenti nei cinquecenteschi Vincenzo Carrari e Girolamo Rossi e nel secentesco Girolamo Fabri) o bolognese, è soprattutto forlivese; a lui sono infatti a più riprese debitori il tardo quattrocentesco Leone Cobelli e i secenteschi Paolo Bonoli e Sigismondo Marchesi, per non dire del citato Paolo Guarini, quasi che in quella città Patrizio fosse stato in qualche modo di casa.
La cronaca di Patrizio è giunta soltanto attraverso due testimoni: il manoscritto quattrocentesco conservato a Ravenna (Ravenna, Biblioteca Classense, Vol. miscellaneo, Mob.3.5. M/12, contenente Rime e prose d’autori Ravennati e Frammento di cronica dal 1106 al 1276 nella quale trattasi specialmente di avvenimenti relativi a Bologna, cc. 593-609, attribuito a Patrizio ravennate, la nota attributiva è di mano recente, segnatura verificata nel marzo 2014) è acefalo, adespoto, mancante della materia fra l’anno 1100 e l’anno 1105 e tra la fine del 1276 e il 1378. A questo, che sembrerebbe essere arrivato a Ravenna da Forlì, fa seguito il citato manoscritto conservato a Modena, che potrebbe essere definito ferrarese-estense, del secolo XVI e che, diversamente da quello 'ravennate', ha restituito l’integrità della cronaca, dal 1100 al 1378, con tanto di incipit ed explicit. Questo manoscritto potrebbe alludere alle strette relazioni tra Ferrara e Ravenna nel corso del Due-Trecento, simboleggiate dalla figura del notaio-cronista Riccobaldo, di cui Patrizio costituirebbe una traccia della fortuna in ambiente ravennate.
Di due presunti cronisti a nome Patrizio e Pietro si occupò brevemente nel 1769 l’abate camaldolese Pier Paolo Ginanni nelle sue Memorie storico-critiche degli scrittori Ravennati; trascorse poi più di un secolo perché ci si tornasse a occupare di lui. Fu il fervore di intrapresa culturale scaturito dagli ambiziosi piani di edizione o di riedizione dei Monumenta Germaniae Historica e dei Rerum Italicarum Scriptores che portò l’italiano Corrado Ricci e il tedesco Ferdinand Güterbock a rinvenire rispettivamente il manoscritto della Biblioteca Estense di Modena e quello della Biblioteca Classense di Ravenna. Alla Cronica di Patrizio si interessò nel 1903 lo studioso modenese Tommaso Casini, senza tuttavia che le buone intenzioni di Ricci, di Güterbock e di Casini portassero alla realizzazione di alcuna edizione. Alfred Hessel, autore della Geschichte der Stadt Bologna von 1116 bis 1280, agli inizi del Novecento utilizzò largamente Patrizio attribuendo però la cronaca a Pietro Ravennate. Negli anni Settanta del secolo scorso qualche luce in più è venuta da Gherardo Ortalli e, soprattutto, da un ampio studio di Augusto Vasina del 1978, che ha potuto definitivamente sciogliere l’equivoco Pietro-Patrizio. La Cronica di Patrizio è infine stata edita, in modo tuttavia insoddisfacente, soprattutto per le evidenti carenze filologiche, da Antonio Calandrini e Gianmichele Fusconi nel 1985. Sintetica ed efficace è la voce Patrizio contenuta nel Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola, del 1991, mentre la recente edizione degli Annales Caesenates, per cura di Enrico Angiolini e pubblicata nel 2003, ha sistematicamente evidenziato i rapporti tra Patrizio e la fonte cesenate.
Fonti e bibl.: Cronica Patricii Ravennatis, in A. Calandrini - G. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi. Appunti e documentazione per una storia della chiesa di Forlì, I, Dalle origini al secolo XIV, Forlì 1985, Appendice IX, pp. 1143-1175; P.P. Ginanni, Memorie storico-critiche degli scrittori Ravennati, II, Faenza 1769, pp. 147 s., 156 s.; C. Ricci, La cronaca di Patrizio Ravennate del sec. XIV, in Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 3, XV (1896-1897), p. 374; F. Güterbock, Forliveser Annalen des Pietro Ravennate, in Neues Archiv der Gesellschaft fuer aeltere Deutsche Geschichtskunde, XXIV (1898), pp. 736-742; Notizie, in Archivio Muratoriano, I/14, Città di Castello 1908, p. 147; G. Ortalli, Gli Annales Caesenates tra la cronachistica canonicale trecentesca e l’erudizione storiografica quattrocentesca, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, LXXXVI (1976-1977), pp. 279-386; A. Vasina, Questioni di storiografia tardomedievale. La 'Cronica' di Patrizio Ravennate, in Id., Lineamenti culturali dell’Emilia-Romagna. Antiquaria, erudizione, storiografia dal XIV al XVIII secolo, Ravenna 1978, pp. 17-41; Id., Forlì nel Medioevo fra storia e storiografia, in Storia di Forlì, II, Il Medioevo, Bologna 1990, pp. 13-29; Id., voce Patrizio, in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (secc. IX-XV), a cura di B. Andreolli et al., con introduzione di A. Vasina, Roma 1991, pp. 51-54; voce Patritius Ravennas, in Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VIII, 4, Fontes P-Petruccius, Roma 2001, pp. 504-505; Annales Caesenates, a cura di E. Angiolini, Roma 2003, passim.