PATERNITÀ (XXVI, p. 503)
Il semplice fatto della nascita da donna maritata non è sufficiente per attribuire al nato lo stato del figlio legittimo e cioè per fondare la paternità del marito; perché operi la cosiddetta presunzione di paternità (art. 231 cod. civ.), occorre altresì un atto di nascita che indichi la madre come coniugata. L'atto di nascita integrato dalla presunzione di paternità e da quella cosiddetta di concepimento durante il matrimonio (art. 232 cod. civ.) costituirà il titolo dello stato di figlio legittimo. Chi non ha a proprio favore un tale titolo non può essere considerato legittimo agli effetti di legge, finché non si sia procurato il titolo stesso con l'azione di reclamo. Questa tesi trova oggi conferma nell'art. 252 cod. civ. 1942, il quale ammette il riconoscimento del figlio adulterino da parte del genitore che al tempo del concepimento non era unito in matrimonio: è infatti evidente che se la presunzione di paternità funzionasse a prescindere dall'atto di nascita di figlio legittimo, il riconoscimento del padre naturale (posto che sia questo il genitore libero) avverrebbe sempre in contrasto con lo stato di figlio legittimo e quindi non dovrebbe essere ammesso, ostandovi l'art. 253 cod. civ. Da tal modo di vedere discendono importanti conseguenze anche in campo penale, ove non dovrebbe ammettersi reato di alterazione di stato fin che non esista un valido titolo di stato di figlio legittimo. Il presunto padre può, nei casi stabiliti dalla legge (art. 235 cod. civ.), infirmare la presunzione di paternità mediante l'azione di disconoscimento che secondo il nuovo codice (art. 244) deve in ogni caso essere intentata, a pena di decadenza, nel termine di mesi tre. È stato stabilito che quest'azione, in caso di morte del marito, possa essere intentata dagli ascendenti e discendenti di lui, innovando rispetto al codice abrogato che ne ammetteva la trasmissibilità agli eredi. Quanto precede riguarda la paternità legittima.
La paternità naturale e, correlativamente, la filiazione naturale sono fondate su uno dei due seguenti titoli:
a) sul riconoscimento di figlio naturale: il nuovo codice risolve in proposito alcune controversie sorte sotto il codice precedente, chiarendo che il riconoscimento può esser fatto nell'atto di nascita od anche in apposita posteriore dichiarazione ricevuta dall'ufficiale di stato civile (art. 254); che può essere contenuto in testamento qualunque sia la forma di questo, e che, se contenuto in testamento, l'efficacia ne decorre dal giorno della morte del testatore (art. 256);
b) sulla dichiarazione giudiziale di paternità. Questa, secondo l'art. 269 cod. civ., può essere giudizialmente accertata nei seguenti casi: 1) quando la madre o il presunto padre hanno notoriamente convissuto come coniugi nel tempo a cui risale il concepimento; 2) quando la paternità risulta indirettamente da sentenza civile o penale, ovvero da non equivoca dichiarazione scritta di colui al quale si attribuisce la paternità; 3) quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento; 4) quando v'è possesso di stato di figlio naturale.
L'accertamento giudiziale di paternità è promosso dal figlio mediante azione. Il nuovo codice, mentre da un lato allarga il numero dei casi nei quali l'accertamento è ammesso (il codice abrogato lo ammetteva solo nel caso di ratto o stupro violento, art. 189), dall'altro ha stabilito che al giudizio di reclamo di paternità naturale preceda un'inchiesta sommaria e segreta da compiersi dal tribunale al fine di assodare se vi siano indizî tali da fare apparire fondata la domanda (art. 274). Lo scopo di questa preliminare delibazione è quello di proteggere la pace e l'onore delle famiglie, evitando che vengano proposte azioni infondate con intenti ricattatori.