PATAIKOI (Πάτακοι, Πατάϊκοι, Παταικοί)
Divinità deformi, nane e grottesche dell'ambiente fenicio.
L'etimologia del nome rimane incerta; si è pensato ad ἀπατᾶν, a πατέομαι; Erodoto (iii, 137) dice che avevano forme pigmeoidi (πυγμαίου ἀνδρὸς μίμησίς ἐστι) e che erano raffigurati nella parte anteriore delle triremi fenicie; forse erano scolpiti in legno e ravvivati con la pittura. La notizia di Esichio (s. v. Παταικοί) e della Suda (Πάταικοι), che erano invece raffigurati nella parte poppiera sembra errata. Sulle monete di Arados e di Sidone del V-IV sec. a. C. si vedono infatti triremi che hanno raffigurate a prua delle protomi o una immagine intera che può identificarsi con i P. della tradizione erodotea, e che aveva certamente una funzione apotropaica. Erodoto confronta i P. con Ptaḥ egizio che era ugualmente raffigurato in forme nane, ma è difficile precisare i rapporti fra queste due immagini; amuleti con la figura di Ptaḥ erano diffusi in Fenicia già nell'VIII sec. ad opera dei commercianti fenici, così come gli amuleti raffiguranti l'altra divinità grottesca e nana egizia, Bes, e non è improbabile che queste figurine egizie di Ptaḥ e di Bes finissero nell'ambiente fenicio per essere identificate con i Pataikoi. Anche i Greci conobbero questi tipi attraverso il commercio fenicio e li dissero tutti genericamente Pataikoi.
In un frammento di un comico (423 Kock) si parla di ornamenti d'oro figurati (ἀγάλματα χρυσοῦ), che sono probabilmente da intendere come pendagli ad amuleto, e che vengono detti simili a immagini di P. (τοῖς παταίκοις ἐμϕερῆ). In Grecia il nome proprio Pataikos diventa sinonimo di nano. Esichio ricorda anche come πάταικοι ἐπιτροπέξιοι due tipi detti Gingron ed Euphrades, i cui nomi sono di origine fenicia, e che sembrano demoni apotropaici protettori della mensa, sebbene poi Esichio identifichi il primo con l'Eracle egizio, non sappiamo con quale fondamento. Ipotetica è anche la riconnessione dei P. ai Cabiri e problematico rimane il riconoscimento proposto dal Furtwängler dei P. con figurine fittili arcaiche ioniche di nani panciuti. Il von Bissing pensa che per gli amuleti si adoperassero i nomi sia di P. sia di Cabiri.
Bibl.: Perrot-Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, III, Parigi 1885, p. 418 ss.; A. Furtwängler, in Arch. f. Relig., X, 1907, p. 321 ss.; id., Kleine Schriften, II, Monaco 1913, p. 217 ss.; J. Jlberg, in Roscher, III, 2, 1897-1902, cc. 1675-1677; W. Spiegelberg, in Sitzungsberichte München, 1925, 2, p. 8 ss.; Fr. W. von Bissing, in Studi e Materiali di storia delle religioni, XIII, 1937, p. i ss.; id., in Arch. f. Orientforsch., XIII, 1939-41, p. 63 ss.; H. Herter, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1949, cc. 2550-2555, s. v.