PASTRENGO (A. T., 24-25-26)
Borgata della provincia di Verona, nota soprattutto per la battaglia ivi combattuta nell'aprile 1848 (v. sotto). Posta nell'anfiteatro morenico del Garda, sorse non lontana da questo lago e dall'Adige, a 192 m. s. m., tra amene colline separate da laghetti torbosi ora prosciugati. La stazione ferroviaria più vicina è quella di Domegliara (km. 5). Il piccolo comune (che è stato creato nel 1797) si estende su 8,96 kmq., e contava, nel 1931, 1739 ab. (1311 nel 1881 e 1468 nel 1901); di essi 930 dimorano a Pastrengo, gli altri nella frazione di Piovezzano e in case sparse.
Combattimento del 30 aprile 1848. - Dopo le cinque giornate di Milano e la rapida avanzata dell'esercito piemontese attraverso la Lombardia, si era iniziata la vera e propria guerra sulle rive del Mincio. Forzati i passi di questo fiume, Carlo Alberto aveva disteso verso nord la propria sinistra in modo da tagliare le comunicazioni fra Verona e Peschiera. Di contro all'estrema ala settentrionale dei Sardi, il Radetzky aveva tenuto una forte occupazione sulla destra dell'Adige, estesa fino a Pastrengo e dintorni, con linea di eventuale ritirata attraverso l'Adige per un ponte militare gettato a Ponton. Poiché quella occupazione costituiva una perenne molestia per il proprio esercito, il comando supremo sardo decise di attaccare quelle forze nemiche per occupare Pastrengo ed eventualmente obbligarle a ripassare sulla sinistra dell'Adige. Fu impiegata nell'operazione la quasi totalità dell'esercito piemontese e se ne affidò la direzione al generale De Sonnaz. Per l'attacco furono formate tre colonne, comandate (da nord a sud) dai generali Federici, Duca di Savoia (poi Vittorio Emanuele II) e Broglia; le due prime dirette su Pastrengo, la terza sulle alture a sud di questa località; seguiva una riserva costituita dalla brigata "Regina", e dalla cavalleria. Gli Austriaci - che erano al comando del generale Wocher - si erano disposti a difesa in due linee: l'una dinnanzi a Pastrengo e l'altra indietro fra Pastrengo e il citato ponte militare sull'Adige; inoltre il Radetzky aveva ordinato a tre brigate, che si trovavano pure sulla destra dell'Adige alcuni chilometri più a sud, di attaccare le linee piemontesi procedendo a cavallo della rotabile Verona-Peschiera, a scopo diversivo. Poco dopo mezzogiorno, le avanguardie piemontesi presero contatto con la difesa austriaca. Spiegato, in seguito, il grosso delle forze, mentre stava per iniziarsi l'attacco a fondo, Carlo Alberto che si trovava in prima linea, fu avvolto da scariche nutrite di fucileria. Allora gli squadroni di carabinieri che ne costituivano la scorta, agli ordini del maggiore Negri di Sanfront, si lanciarono a una furiosa carica contro i trinceramenti da cui partiva il fuoco. L'audacia di questo atto precipitò l'attacco delle schiere di fanteria. In breve una brigata piemontese (Cuneo) ebbe occupato Pastrengo, mentre le altre forze puntavano sull'Adige per disturbare la ritirata al nemico, che frettolosamente ripiegava, cercando qua e là d'imbastire azioni di resistenza appoggiate ai caseggiati. Con contrattacchi della cavalleria e l'impiego di battaglioni di cacciatori, il Wocher riuscì a ripassare l'Adige. Nel frattempo erano riusciti vani anche gli attacchi dimostrativi ordinati dai Radetzky nella regione a sud di Pastrengo.