PASTORELLA (fr. pastourelle)
Componimento lirico in forma dialogica, assai allìne al contrasto amoroso, ma con protagonisti fissi: per lo più l'autore stesso in vesti di cavaliere, e una pastorella, da cui deriva il nome del componimento.
Di solito il cavaliere trovatore la richieste amorose alla pastora, che a volte cede lusingata dai doni, ma più spesso resiste con un suo tenace e rude pudore, quando persino non ricorre ai suoi compagni per scacciare l'importuno. Probabilmente il tema primitivo doveva consistere in un semplice contrasto di richiesta amorosa, press'a poco sullo schema di due superstiti componimenti latini dei secoli X-XI (Invitatio amicae); ma, passato per il tramite giullaresco nella poesia trovatorica, esso rivestì un carattere aristocratico e raffinato. Nel francese d'oil ci rimangono circa 130 pastorelle, composte durante i secoli XII-XIII, mentre di numero assai limitato sono quelle provenzali (circa 30, di cui quasi 20 sono posteriori al 1260, e in molte è introdotto l'elemento politico sotto il pretesto pastorale), fra le quali la più antica è dovuta all'arte vigorosa di Marcabruno (L'autr'ier jost' una sebissa). L'interesse lirico prevalente consiste nel gioco fra l'esperienza colta eppure morbosa del poeta, che quando non fa da attore è spettatore compiacente, e la sensibilità rozza e scontrosa della pastora; ma vi si afferma anche, specie in quelle francesi, il gusto per lo sfondo idillico della campagna e per la vita rustica. Una specie della pastorella è la serranilla spagnola, passata dalla lirica gallega al′'Arciprete de Hita, che accentuò i caratteri sensuali e grotteschi della situazione fondamentale, finché il marchese di Santillana nella nuova atmosfera umanistica ne idealizzò gli elementi lirici e pittorici. In Italia la pastorella francese ebbe qualche rara imitazione, ma con un senso più fresco e più vivace della nota primaverile e della grazia muliebre, come quella di Guido Cavalcanti (In un boschetto aovai pastorella) e l'altra, lieve e briosa, di Franco Sacchetti (O vaghe montanine pastorelle), con andamento da ballata; forse a questo tipo lirico sono da riconnettere le popolaresche villanelle italiane, che affiorano nella letteratura libresca soltanto nei secoli XV-XVI. Lo schema metrico della pastorella è composto di strofette con versi brevi, spesso con refrain (specie nelle pastorelle francesi), a cui corrisponde una melodia semplice e agilissima.
Tutta la strofe della pastorella si canta nella melodia dei primi due versi, mentre il ritornello è ripreso in una melodia diversa. Può anche accadere del resto che il ritornello sia assolutamente indipendente e composto di parole prive di qualunque relazione con il testo della pastorella: talvolta, anzi, di semplici esclamazioni ovvero di onomatopee.
Il genere della pastorella rappresenta l'origine delle pastorali, o azioni drammatiche le quali mettono in scena pastori, con i loro amori e la loro vita campestre. Queste pastorali s'ispirarono come a modello al Jeu de Robin et de Marion di Adam de la Halle, che fu rappresentata a Napoli o a Palermo alla presenza di Carlo d'Angiò tra il 1283 e il 1285.
Bibl.: G. Bertoni, Pastorelle portoghesi, in Archivum Romanicum, I (1917), p. 83 segg.; E. Faral, La pastourelle, in Romania, XLIX (1923), pp. 204-259; E. Piguet, L'évolution de la pastourelle du XIIe siècle à nos jours, Arezzo 1927; A. Jeanroy, nella sua Poésie lyrique des troubadours, II, Parigi 1934, pp. 282-291. Si veda inoltre: Th. Gérold, La musique au moyen âge, ivi 1932, p. 127 segg.