passo
Il sostantivo (latino passus-us, da pandere, " aprire ", " stendere ") si configura in D. quale termine peculiare dell'Inferno (17 esempi) e del Purgatorio (41 esempi), in evidente connessione con il tema del viaggio compiuto attraverso i primi due regni dell'oltretomba; le attestazioni nelle altre opere sono invece molto limitate.
Nella sua accezione più immediata indica l'apertura delle gambe nel camminare o, meglio, ciascuno dei movimenti degli arti mediante i quali, nella deambulazione, si effettua lo spostamento del corpo, sia nell'uomo che negli animali. Questo valore è identificabile con sicurezza solo quando il sostantivo si accompagna a un aggettivo numerale o, se indefinito, contenente l'idea di quantità: If XVIII 68 con pochi passi divenimmo / là ' v' uno scoglio de la ripa uscia; Pg VIII 46 Solo tre passi credo ch'i' scendesse; XXIV 85 La bestia ad ogne passo va più ratto. Cfr. ancora If XVII 32, Pg III 68, IV 37, XXIV 131, XXVI 38, XXVII 122, XXIX 10, XXXIII 17 (ove lo decimo ... passo di Beatrice presenta una delle più interessanti cruces della simbologia del poema; il passo corrisponde al comandamento di Dio?; i dieci p. alludono ai dieci anni di esilio prima che la Chiesa riprenda la sua funzione di guida spirituale?); Detto 281 (dov'è in rima equivoca con il sostantivo omofono).
Della schiera degli accidiosi è detto che suo passo falca (Pg XVIII 94). A seconda dell'interpretazione data al verbo ‛ falcare ' (v.), anche a passo dovrà essere attribuito un valore diverso; se si spiega " il passo dei penitenti era falcato " come quello di un cavallo che corra a galoppo, passo avrà l'accezione ora illustrata; accogliendo invece l'interpretazione prevalente nei commenti antichi, secondo la quale l'arco della falce è costituito dalla massa degli accidiosi in movimento sul girone, a passo dovrà essere assegnato il significato di " percorso ", " passaggio ", proprio dell'omofono deverbale di ‛ passare '.
Molto più frequentemente indica la maniera d'incedere, la maggior o minor velocità dell'andatura, la direzione del cammino; in questi casi, oltre che al plurale, ricorre al singolare con valore collettivo: If XX 8 vidi gente... / venir ... al passo / che fanno le letane, che camminava " con il passo lento " delle processioni; XXIII 81 secondo il suo passo procedi; Pg X 100 " Ecco di qua, ma fanno i passi radi ", / mormorava il poeta, " molte genti... "; XIII 119 Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari / passi di fuga; XIV 141 in destro feci, e non innanzi, il passo. Così in Cv IV VII 7, If XXXIV 87, Pg X 13, XVII 10, XXV 125, XXXII 33 e 84.
La velocità dell'andatura è spesso indicata da un aggettivo: If VI 101 a passi lenti; XXV 78 con lento passo; Pg XX 16 con passi lenti e scarsi; If VIII 117 con passi rari; XXIII 145 a gran passi; XVIII 27 i peccatori / ... venien... / con noi, ma con passi maggiori, cioè " con un'andatura " più affrettata della nostra; Pg XXIX 9 e io pari di lei, / picciol passo con picciol seguitando, camminavo alla pari di Matelda, secondandone i brevi p. con i miei altrettanto brevi. E così If XXIII 59, Pg XXVIII 22. In una locuzione avverbiale: If XXIX 70 Passo passo andavam, camminavamo " procedendo lentamente ".
La maniera dell'incedere è resa chiara dal valore del verbo reggente: ‛ muovere i p. ', " procedere ", " camminare " (If XII 92, Pg XXXI 135); Pg V 48 un poco il passo queta, rallenta la tua " andatura "; XXIV 68 raffrettò suo passo, assunse un'andatura più veloce; XXVII 62 studiate il passo, " affrettatevi "; XVII 65 volgemmo i nostri passi ad una scala, " ci dirigemmo " verso di essa (altri esempi della medesima locuzione in If X 122 e Pg XXIII 7). Per indicare una sosta nel cammino: Pg XXIX 72 ai passi diedi sosta; If XIV 12 fermammo i passi (e così III 77, Pg III 53). In Pg I 112 segui i miei passi, vale " vienmi dietro "; e così XII 11.
In senso estensivo è attribuito agli spostamenti di un astro durante il suo moto apparente nella volta celeste: Pg XXXIII 103 con più lenti passi / teneva il sole il cerchio di merigge. Per la maggior parte degl'interpreti la frase allude all'impressione soggettiva dell'osservatore, al quale sul mezzogiorno il corso del sole sembra più lento. Secondo il Camilli (La cronologia del viaggio dantesco, in " Studi d. " XXIX [1950] 80) è invece da intendersi in senso proprio: " con ore temporali più lente, perché più lunghe ".
La medesima metafora ricorre in Pg IX 7 a proposito della notte personificata: la notte, de' passi con che sale, / fatti avea due nel loco ov'eravamo. L'identificazione dell'ora astronomica che D. intende indicare è assai discussa, anche perché alcuni critici, attenendosi alla chiosa di Benvenuto, ritengono che i p. della notte siano le ore, mentre secondo un'altra spiegazione, che risale all'Anonimo, i p. sarebbero una delle sette parti convenzionali in cui si soleva dividere la notte, e di cui fa cenno Macrobio (Saturn. I 3). Per il Porena per i passi bisogna intendere non già le singole ore, bensì le tre costellazioni zodiacali che la notte percorre per salire dall'orizzonte al meridiano. E si veda anche il già citato studio del Camilli (p. 77).
In tre esempi p. indica l'unità di misura di lunghezza, pari all'incirca all'ampiezza di un p. umano, comunemente adottata prima dell'introduzione del sistema metrico decimale: Cv I XI 9 se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre l'andrebbero dietro; e così Pg XXVIII 70, XXIX 81.
In senso figurato entra in locuzioni che indicano avanzamento, progresso, o anche che alludono al modo di comportarsi, alla condotta: Pg IX 91 Ed ella [Lucia] i passi vostri in bene avanzi, vi faccia progredire nella via del bene; XXX 130 volse i passi suoi per via non vera, / imagini di ben seguendo false, si mise per una via falsa, andando dietro a beni solo apparenti; e così Rime C 63, Pg X 123, XXXI 35. Anche, più genericamente, delle azioni compiute dagli uomini: XXX 105 Voi [gli angeli] vigilate ne l'etterno die, / sì che notte né sonno a voi non fura / passo che faccia il secol per sue vie.
Tra gli avari, spiega Ugo Capeto a D., talor parla l'uno alto e l'altro basso, / secondo l'affezion ch'ad ir ci sprona / ora a maggiore e ora a minor passo (Pg XX 120). L'interpretazione della terzina è molto controversa, tanto che alcuni editori e commentatori (Witte, Casini [ma non Casini-Barbi], Steiner, Porena, Sapegno), con l'intento di rendere più perspicua la metafora, leggono a dir invece che ad ir. Tra coloro che adottano quest'ultimo testo, prevale la tendenza a considerare il v. 120 come un modo immaginoso per esprimere l'idea che una disposizione d'animo (affezion) più o meno intensa spinge gli avari a parlare con voce ora più alta ora più bassa. Ma c'è anche chi, lo ricorda il Petrocchi, dà a passo il significato di " passaggio musicale " o di " passaggio di voce "; il Pietrobono interpreta " secondo che il sentimento ci sprona ad ir, a correre verso la purgazione ora più e ora meno alacremente ", e analoga spiegazione dà il Grabher. Quanto alle interpretazioni fondate sulla lettura a dir, si vedano i commenti del Sapegno, Porena e quanto ne scrive il Petrocchi (ad l.).
Poco chiaro è anche il traslato di Pd XIII 117 quelli è tra li stolti bene a basso, / che sanza distinzione afferma e nega / ne l'un così come ne l'altro passo. I più seguono la spiegazione del Buti (" così nelle proposizioni affermative come nelle negative "), ma così il v. 117 " sembra inutile ripetizione dopo afferma e nega " (Sapegno), e tale lo giudica anche il Porena. Per il Tommaseo " potrebbe intendersi: ‛ afferma il sì e il no, nega e questo e quello ', cioè precipita tanto nell'accertare sé e altri, quanto nel dubitare. O intendersi: ‛ passo de' giudizi umani, e de' giudizi sulle cose divine '; secondo che vengono gli esempi di filosofi erranti e d'eretici. Il primo mi pare meglio ". Il Mattalia vede nei passi i due momenti, destruens e construens, delle argomentazioni filosofiche; al Chimenz sembra che la parola valga lo stesso che " caso ". Lo Steiner suggerisce d'intendere passi " l'accostarsi o l'allontanarsi della mente da una dottrina, sia che essa l'affermi o la neghi ", sicché tutta l'espressione varrebbe " sia che si tratti di accogliere una dottrina, o di respingerla ".
Per If IX 80, v. PASSO (deverbativo di ‛ passare ').