DELLA TORRE, Passerino
Non è esattamente collocabile nell'ambito della genealogia torriana compresa tra la fine del sec. XIII e la prima metà del XIV, a causa della completa mancanza, almeno allo stato attuale delle indagini, di informazioni anteriori al 1302. Il Litta, a differenza di altri genealogisti, lo identifica con Rinaldo, detto appunto Passerino, figlio del celebre Napoleone detto Napo, signore di Milano.
Nel 1302 secondo il Cavitelli - unica fonte in tale senso - il D. sarebbe stato nominato "pretore", ovvero rettore, di Piacenza dal signore della città Alberto Scotti, allora capo della Lega guelfa. Nuovamente inviato a Piacenza nel 1307, nel settembre di quell'anno, al comando delle truppe cittadine e insieme con contingenti alleati guelfi di Milano, Lodi, Cremona e Pavia, penetrò nel territorio di Parma, che aveva aderito allo schieramento ghibellino, e mise a ferro e a fuoco i centri fortificati di Borgo San Donnino (l'attuale Fidenza), di Soragna e di Ronchi. Nel mese di dicembre assunse la podesteria di Piacenza (come ritiene il Poggiali mentre secondo il Chronicon Parmense era già podestà di Piacenza al tempo della guerra contro Parma), in sostituzione di Guido Della Torre.
Dopo la riconquista del potere a Piacenza da parte di Alberto Scotti (maggio 1309), il D. risulta tra gli esuli ed oppositori dello Scotti stesso - come Leone Arcelli, Ubertino Landi, Lancialotto Anguissola e Ubertino da Chierio - che nell'ottobre furono sconfitti presso l'ospedale di S. Macario, e si rifugiarono subito dopo nella piazzaforte di Rivergario. Questa si trasformò in un temibile quartiere generale degli avversari dello Scotti il quale fu costretto a fortificare le mura della città. L'anno successivo il D. compare come testimone all'arbitrato di pace tra i Della Torre e i Visconti, conclusosi il 27 dicembre a Milano, alla presenza di Enrico VII e di una solenne assemblea convocata nel palazzo del broletto; nei giorni del 2 e 3 genn. 1311 testimoniò anche agli additamenta ed alla dichiarazione della pace medesima.
Lasciò poi Milano, assai probabilmente in conseguenza dei famoso tumulto del 12 febbr. 1311, che provocò la fuga e la proscrizione del gruppo parentale torriano legato a Guido, e si diresse forse a Cremona. Tale ipotesi si basa sul fatto di trovare il D. tra i ribelli cremonesi, condannati il 10 maggio 1311 da Enrico di Lussemburgo perché avevano indotto i loro concittadini ad insorgere contro di lui, e ai quali si fa riferimento nella sentenza di morte emessa, il 20 giugno 1311, dal re dei Romani contro Tebaldo Brusati, signore di Brescia. Durante il mese di novembre il D. è attestato a Bologna, accanto a Guido e ad altri guelfi milanesi esiliati; con essi, il giorno 17, diede procura al compatriota Ubertino Porenzoni di stringere gli accordi necessari con il Parlamento della Lega guelfa. Nel gennaio 1312 fu nominato podestà di Cremona, che era stata ripresa da Guglielmo Cavalcabò.
Due mesi più tardi - dal 16 marzo - il D. e il Cavalcabò alla testa delle forze cremonesi avanzarono verso Soncino, ancora tenuta dai ghibellini, sentendosi sicuri dell'esito positivo della spedizione per la promessa del capo guelfo del luogo, Venturino Fondulo, di aprire loro le porte del borgo. L'attacco, effettuato di sorpresa, riuscì infatti bene; ma i ghibellini fecero in tempo ad asserragliarsi in una rocca d'angolo delle mura e, di qui, chiesero soccorsi a Matteo Visconti a Milano. Gli aiuti vennero subito inviati dal conte di Homberg, capitano generale della Lega ghibellina, e da Matteo stesso; nel contempo, nuove schiere guelfe stavano per giungere da Cremona. Su queste contava molto il Cavalcabò, che, quindi, non volle seguire il consiglio del D. di attaccare senza attendere i rinforzi. L'indugio fu fatale, poiché Milanesi e stipendiari tedeschi ebbero modo di organizzarsi, di sgominare i Cremonesi, allorquando questi furono davanti a Soncino dopo una marcia stremante, e poi di invadere la cittadina che aveva le porte aperte in attesa dei soccorsi. Il risultato fu che il Cavalcabò venne ucciso e il D. si vide costretto, con alcuni compagni, a cercare scampo nella fuga.
Seguendo una linea di condotta familiare già impostata da Guido Della Torre, il D. si pose al servizio di Roberto d'Angiò, il quale lo inviò, durante il mese di maggio del 1312, con il titolo di capitaneus, a Cremona, che aveva fatto dedizione al re Roberto. Nel 1313, ancora a Cremona come vicario dell'Angiò, ebbe nuovamente il comando di un'importante operazione bellica: alla guida delle milizie di quella città accorse in aiuto di Parma, minacciata dalle forze viscontee che riuscì a respingere. Forse continuò a ricoprire la carica di vicario regio anche per l'anno 1314 (Cavitelli); nel 1321,poi, fu vicario regio per le città di Genova e di Tortona, che era stata occupata, con Bassignana e Alessandria, dall'esercito della Lega guelfa. L'anno seguente il legato pontificio, cardinale Bertrando del Poggetto, gli conferi la dignità di governatore della città di Alessandria.
All'inizio del 1323 tornò a Piacenza, dalla quale erano stati espulsi la reggente Beatrice d'Este e i ghibellini, e qui sembra che ricoprisse la carica di rettore, forse insieme con Versuzio Lando. A probabile che il D. fosse giunto in città al seguito del legato apostolico stesso, che, assumendo la protezione di Piacenza, ne aveva fatto la propria base operativa per organizzare la spedizione crociata contro Milano. Forse su commissione del potente cardinale il D. ebbe il comando, con il Lando, della squadra di uomini a cavallo piacentini che andò ad ingrossare le fila dell'esercito crociato alle dipendenze del conte Enrico di Fiandra e di Castrone de Castroni, nipote del legato, e che proprio da Piacenza intendeva risalire la riva sinistra dell'Adda e poi ffiarciare direttamente su Milano. Quasi sicuramente prese parte alla conquista di Monza, dove si erano insediati parecchi suoitongiunti: il patriarca di Aquileia, Pagano Della Torre, Francesco e Simone figli di Guido Della Torre e altri ancora. Verso la fine del 1323,mentre conduceva una colonna di armati, fu battuto presso Albiate da Marco Visconti; nel febbraio del 1324,poi, a fianco di Raimondo di Cardona, subì la dura sconfitta di Vaprio. Nel giugno portò a termine con successo la conquista del "castrum cum turre Tignoso ... in Martexana", ampiamente descritta dal cronista monzese Bonincontro Morigia.
Nei primi mesi del 1325,alla testa delle schiere tortonesi, il D. si unì a Marsilio de' Rossi di Pavia, maresciallo dei legato pontificio, per raggiungere a cavallo Fiorenzuola e di qui combattere i Milanesi, che avevano iniziato le ostilità contro il legato impadronendosi di Castion dei Marchesi nel territorio di Parma. Con l'arrivo di Ludovico il Bavaro il D. dovette allontanarsi da Monza nel gennaio del 1328;si recò a Parma, della quale era stato nominato "rector pro Ecclesia". Dovette ben presto lasciare, in tutta fretta, anche questa città ribellatasi a papa Giovanni XXII. Un episodio analogo si verificò poco dopo a Reggio, dove nel giugno 1328era "rettore generale", carica che ricoperse ancora a Faenza nel 1330.
Da questo momento non si hanno più sue notizie. Dei suoi figli si conosce solo Altavilla che il 14 nov. 1325andò sposa a Zanino Sannazzari, uno dei capi guelfi di Pavia.
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