passare [passe, II singol. indic. pres.]
Presenta un numero abbastanza alto di occorrenze, distribuite in modo uniforme in tutte le opere: Vita Nuova 29; Rime 10; Convivio 20 (21 nell'ediz. Simonelli; v. oltre); Commedia 47; Fiore 18.
Come nell'uso moderno esprime le implicazioni spaziali relative ai concetti di ‛ attraversamento ' o di ‛ movimento ', mentre nella sfera della contingenza temporale indica ‛ esaurimento ' definitivo o qualifica la ‛ durata '. Nell'ambito di questi valori, e degli usi estensivi e figurati ad essi collegati, assume accezioni peculiari al lessico del tempo.
Nella Vita Nuova, il verbo è in connessione con episodi centrali per l'intelligenza della trama del libello, quali gl'incontri di D. con Beatrice e l'apostrofe rivolta ai pellegrini in viaggio verso Roma: III 1 questa mirabile donna... passando per una via, volse li occhi verso quella parte ov'io era molto pauroso; XL 3 s'elli fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati passando per lo mezzo de la dolorosa cittade. E così X 2, XXVI 1, XL 1 e 5 (qui p., seguito dal solo complemento di moto da luogo, ha valore di " allontanarsi ").
Vale " muoversi attraversando o percorrendo " anche in If I 95 questa bestia... / non lascia altrui passar per la sua via; Cv IV XXVIII 12 Se io non fosse per colal cammino passato, questo tesoro non avre'io; Fiore LXXI 4 l'entrata guarda madonna Ricchezza, / che non i lascia nessun uom passare.
Altri esempi in Vn VII 3 1, XIX 1, If VIII 129, IX 133, Fiore LXIII 14. Per l'uso latineggiante di verbo intransitivo usato impersonalmente con complemento di agente, va citato l'esempio di Pg XVI 118 or può sicuramente indi passarsi / per qualunque, chiunque può ora passare tranquillamente per quei luoghi.
In due casi ha l'accezione più limitata di " toccare un luogo durante il cammino ", cioè in un tratto del proprio percorso: If XVIII 88 [Giasone] passò per l'isola di Lenno; XX 82.
Quando è usato assolutamente o è seguito da una preposizione che ne determina il significato, esprime l'idea del movimento con maggior evidenza che non quella del luogo attraverso il quale esso si effettua. Esempi di questo uso si hanno anche nella Vita Nuova e nel Fiore; i più numerosi e significativi appartengono però alla Commedia, e anzi alle prime due cantiche, in correlazione con il tema del viaggio attraverso i regni dell'oltretomba: Vn XXI 2 3 ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira (ripreso al § 7); If VI 39 una [anima] a seder si levò, ratto / ch'ella ci vide passarsi davante, ci vide passare davanti a lei (per il calco del costrutto latino con il pronome riflessivo invece che con il dimostrativo, v. " Bull. " XXIII [1916] 18 e XXV [1918] 67); XVI 5 una torma che passava / sotto la pioggia; XXXII 19 Guarda come passi; / và sì, che tu non calchi con le piante / le teste de' fratei. Con evidente uso estensivo: Pg XXVIII 34 Coi piè ristetti e con gli occhi passai / di là dal fiumicello; altri esempi in Vn XVIII 1, XXII 5, 6 e 7; If VI 34, XXI 64, XXIII 120, Pg XXIV 128; Fiore L 3, CL 10; anche in riferimento ad azione passata e conclusa: Vn XXVI 2 poi che passata era; If XXX 46 poi che i due rabbiosi fuor passati.
Corrisponde a un significato proprio della lingua del tempo, comprovato anche dal valore di ‛ viaggio compiuto su nave ' che talora ‛ passaggio ' (v.) ha, l'uso assoluto di p. con l'accezione di " varcare il mare o un fiume ", documentata da If III 92 Per altra via, per altri porti / verrai a piaggia, non qui, per passare: / più lieve legno convien che ti porti (e nelle parole di Caronte a D. è intuitivo cogliere un'allusione al passaggio [Pg II 97], al " traghetto " delle anime penitenti dalle foci del Tevere all'isola del Purgatorio). E così Pd II 16 [gli Argonauti] passaro al Colco; If III 127, Pg XXVIII 71.
Usato assolutamente vale anche " proseguire senza fermarsi ", " tirare dritto ": If III 51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa. Nel senso di " proseguire ", " andare avanti , è usata la locuzione ‛ p. oltre ': XXVII 133 Noi passamm'oltre, e io e 'l duca mio; e così VIII 101, XXXIII 91.
Gli esempi nei quali p. compare con soggetto di cosa sono molto meno numerosi e appartengono per lo più al Convivio: II XIV 5 dissero che 'l Sole... passando per altre parti non convenienti al suo fervore, arse lo luogo per lo quale passò. In II IV 17 afferma chi ha li occhi chiusi l'aere essere luminoso, per un poco di splendore, o vero raggio, c[om]e passa per le pupille del vispistrello (accogliendo una proposta di V. Pernicone [" Studi d. " XXVIII (1949) 173-174] la Simonelli integra raggio che passa, [come passa] per le pupille...) significa " trapassare ". Per spiegare in che modo l'occhio percepisce le immagini, D. osserva che l'umor acqueo contenuto nel globo oculare è limitato dalla retina opaca; è contro questo ostacolo che le immagini si fermano, risultando così percepibili: III IX 8 ne l'acqua ch'è ne la pupilla de l'occhio... la forma visibile... si compie, perché quell'acqua è terminata... sì che passar più non può, ma quivi... percossa si ferma, dove vale " passare oltre ". Con questo medesimo valore ricorre in Pd II 87 S'elli è che questo raro non trapassi, / esser conviene un termine da onde / lo suo contrario più passar non lassi. Per confutare l'ipotesi formulata da D. sulla causa delle macchie lunari, Beatrice osserva che se il raro non occupa da parte a parte il corpo lunare, deve esserci necessariamente un limite oltre il quale il suo contrario, lo strato denso, non lo lascia passare oltre: al di sotto dello strato raro deve trovarsi cioè uno strato denso. È questa la spiegazione del Daniello, accolta dalla maggioranza dei commentatori moderni; alcuni (Chimenz, Porena, Fallani) si attengono invece all'interpretazione del Parodi (Il canto II del Paradiso, Firenze 1911; 1923³), secondo il quale ciò che il denso non lascia p. è il raggio di cui si parla al v. 88. Infine, in due casi, indica lo sfrecciare improvviso di un suono e il suo dileguare nell'aria: Pg XIII 28 La prima voce che passò volando / ‛ Vinum non habent ' altamente disse; e così al v. 33.
Con soggetto di cosa, e con valori del tutto diversi da quello precedentemente illustrato, compare anche la locuzione ‛ p. oltre '. Quando indica un movimento vero e proprio vale " andare al di là " o " penetrare ": Vn XLI 10 2 Oltre la spera che più larga gira / passa 'l sospiro ch'esce del mio core; in un contesto di significato osceno: Fiore CCXXX 8 a la fine i' pur tanto scotea, / ched i' pur lo facea oltre passare. In senso figurato vale " superare ": Pg XIV 33 [nel Falterona l'Appennino] è sì pregno / ... che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno, " lo è in misura maggiore ". Indica il compimento di un'azione, in Pg XXX 84 li angeli cantaro / ... ‛ In te, Domine, speravi '; / ma oltre ‛ pedes meos ' non passaro.
Gli usi estensivi e figurati di p. sono suggeriti da una trasposizione dei concetti di attraversamento o di movimento alla sfera delle attività intellettuali, delle esperienze sentimentali e spirituali o del comportamento pratico. In alcuni casi la metafora è di per sé evidente: Cv II VIII 16 certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare; Pg XXXI 26 quai catene / trovasti, per che del passare innanzi [" progredire sulla via del bene "] / dovessiti così spogliar la spene?; Pd VII 90 [al peccato originale] ricovrar potiensi [" non si sarebbe potuto ovviare "]... / sanza passar per un di questi guadi, senza ricorrere a uno di questi mezzi. In Pd XXIII 24 [Beatrice] li occhi avea di letizia sì pieni, / che passarmen convien sanza costrutto, è da interpretare: mi conviene " procedere nella mia narrazione " senza farne parole (per la lezione passar men conviene della '21, v. Petrocchi, ad l., e Introduzione 240).
In due casi l'origine del traslato è meno perspicua: Vn XLI 9 [questo sonetto] Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più sottilmente fare intendere; ma puotesi passare con questa divisa, dove a passare si potrà forse attribuire il significato di " esser ritenuto accettabile ", " essere comprensibile ". In Fiore CLXXIX 2 s'alcun...non ha che donare, / ma vorrassi passar per saramenta, si dovrà interpretare " cavarsela solo con promesse " (Petronio); vedi la locuzione familiare moderna ‛ passarsela liscia '.
È tradizionale ‛ topos ' della lirica occitanica e stilnovista il tema degli spiriti d'amore che feriscono gli occhi e penetrano nel cuore di chi mira la donna. L'uso di p. per esprimere questa tematica s'inserisce in una tradizione culturale e linguistica attestata fra l'altro da G. Guinizzelli Lo vostro bel saluto 5 " Per gli occhi passa come fa lo trono ", e da G. Cavalcanti Dolente, lasso 9 " rendé splendore / che passao per li occhi e 'l cor ferio ". Per un'esatta intelligenza dello sviluppo cronologico del lessico dantesco è perciò opportuno osservare come in quest'accezione p. ricorra solo nelle liriche e in un passo del Convivio, qui con la consueta trasposizione della tematica amorosa all'ambito dello studio della filosofia: Vn XIX 12 54 spirti d'amore... / feron li occhi a qual che allor la guati, / e passan sì che 'l cor ciascun retrova; Rime XCI 21 i raggi di questi occhi belli / ... sanno lo cammin, sì come quelli / che già vi son passati. Si veda inoltre CXVII 3, Rime dubbie XVVII 4, Cv III X 4 (dove, essendo usato come transitivo, p. vale " attraversare da parte a parte ", " trafiggere "); Fiore I 10. E vada qui anche Cv I IV 3 li occhi de la ragione... passano a veder quello (cioè il debito fine cui le cose sono ordinate), dove il ‛ topos ' stilnovistico è applicato alla visione intellettuale del reale.
Com'è già stato detto, nella sfera della contingenza temporale p. indica che un periodo di tempo è trascorso: Vn XXV 4 non è molto numero d'anni passati; If XXXIII 138 son più anni / ... passati ch'el fu sì racchiuso; Fiore LXXVII 10 passat'ha un anno, " un anno fa " (si noti l'uso dell'ausiliare ‛ avere '). Altri esempi in Vn III 1 (prima occorrenza), If XI 14, Pg XI 106 e 131; in Vn XXII 1 ricorre il participio con valore verbale: Appresso ciò non molti di passati...
Usato con riferimento a cosa che avviene e dura nel tempo, vale " cessare ", " aver fine ". Con quest'accezione ricorre solo nel Fiore: CXLIX 4 più de' mie' sollazzi eran passati; XXXIII 7, CXLV 4, CLV 14.
Pur assumendo qualche accezione propria, i significati transitivi del verbo si svolgono parallelamente ai significati intransitivi finora illustrati.
Vale " attraversare " percorrendo uno spazio nel senso della lunghezza o della larghezza, oppure valicando o varcando: Vn XL 9 5 Deh peregrini... / che non piangete quando voi passate / per lo suo mezzo la città dolente; Cv IV XIII 12 Cesare... venne, per passare lo mare Adriano; If IX 81 un... al passo / passava Stige (si noti la calcolata sequenza etimologica); Pd VI 50 li Aràbi / … passaro / l'alpestre rocce; Fiore CXXXVII 1 Tutti quattro passaro il portale. Altri esempi: Cv I XI 9 (l'infinito è sostantivo), If IV 65 e 109, VIII 21, Pg XXX 143 (con il ‛ si ' passivante), Fiore CXXXVI 14. Con soggetto di cosa: Vn XXXI 10 22 luce de la sua umilitate / passò li cieli; Rime C 17.
In senso meno ampio vale " superare " un limite o un punto: Cv III XV 16 Iddio... circuiva lo suo termine al mare e poneva legge a l'acque che non passassero li suoi confini (che traduce Prov. 8, 29); If XXXIV 93 la gente grossa... non vede / qual è quel punto [e cioè il centro della terra] ch'io avea passato; altro esempio al v. 110.
Discussa è l'interpretazione di If XVII 2 Ecco la fiera con la coda aguzza, / che passa i monti e rompe i muri e l'armi! La proposizione relativa si riferisce non a Gerione, la fiera presente, ma alla frode di cui essa è la personificazione; D. vuol quindi dire che la frode è vizio il quale vince ogni ostacolo naturale e ogni difesa umana. L'incertezza esegetica verte sul valore di passa, cui la maggior parte degl'interpreti dà il significato di " valica ", mentre Torraca, Steiner e Grabher spiegano " passa, forando ".
Chiaro è anche il senso complessivo di If XVIII 30 i Roman... / su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, hanno trovato un espediente per regolare il traffico dei pellegrini sul ponte Sant'Angelo. Al Mattalia non è però sfuggito come la funzione sintattica di passar sia tutt'altro che chiara; il verbo infatti potrebb'essere usato transitivamente come causativo (" far passare ") con l'oggetto di persona (ma di questo uso non si hanno altri esempi in D.), o potrebb'essere inserito in un'infinitiva a sé stante, con soggetto la gente, ed è questa l'ipotesi ritenuta più plausibile dal commentatore.
Ha l'accezione di " percorrere ": Cv I II 11 la via del debito onorare e magnificare... passar non si può sanza far menzione de l'opere virtuose.
Quando è in senso figurato, esprime fondamentalmente l'idea di superamento. Perciò, con complemento oggetto di persona, vale " essere superiore, più valente di un altro ", " possedere una determinata qualità in misura maggiore di lui ": Fiore LXV 3 di senno passa Salamone. Invece, con l'oggetto di cosa, ha l'accezione di " andare oltre " un punto o un limite stabilito: Cv III XV 9 l'umano desiderio è misurato in questa vita a quella scienza che qui avere si può, e quello punto non passa se non per errore; e così I III 8 (tre volte), Rime CVI 72. Di limiti temporali: Cv IV XXIII 8 morte... è quel termine del quale si dice per lo Salmista: " Ponesti termine, lo quale passare non si può " (cfr. Ps. 103, 9); e così Rime C 40, Fiore CXCI 11.
Altre accezioni: " eccedere ", in Vn XI 4 la mia beatitudine... passava e redundava la mia capacitade, e Rime C 65; " trasgredire ", in Cv I VII 13 averebbe passato lo loro comandamento. In due casi l'idea del superamento si concreta in quella dell'assoggettamento a una condizione o a una prova: Vn XIII 3 quanto lo suo fedele più fede... porta [ad Amore], tanto più gravi e dolorosi punti li conviene passare; Fiore LXIII 8.
Riferito a tempo, vale " trascorrerlo " in qualche occupazione o in qualche modo: If I 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta; Rime XCI 70, CIII 69, Pd XXI 116. Vada qui anche Fiore CXX 3 volea ch'i'... / gisse lavorando, / s'i'.non avea che mia vita ir passando / potesse, se non avessi avuto mezzi con cui mantenermi.
Il participio ‛ passato ' ricorre con funzione aggettivale nelle accezioni che gli sono tuttora proprie. È perciò riferito a un tempo anteriore rispetto al momento attuale: Rime LXIX 2 questo Ognissanti prossimo passato (la locuzione indica " che quella festa del 1° novembre era trascorsa da poco, che si era ancora nello stesso mese ", Barbi-Maggini); Vn XXXV 1 mi ricordava del passato tempo. E così XXXIX 2, Cv IV Le dolci rime 139, XXVIII 11. Si aggiunga Vn XXII 1, già citato.
Anche di ciò che è stato provato, effettuato in un periodo di tempo ormai trascorso: Vn XV 2 le passate passioni; XVII 1 a me convenne ripigliare matera nuova e più nobile che la passata; Cv II XII 10.