PASSAGGIO COATTIVO
. È una limitazione legale della proprietà, ignota al diritto romano classico, affermatasi nel diritto giustinianeo a favore del sepolcro intercluso e più generalmente poi, sulla base del testo giustinianeo, per sé stesso suscettibile di ampliamenti, a favore del fondo intercluso. L'imperatore Antonino concedeva, come Ulpiano (Dig. XI, 7, de rel. et sumpt. fun., 12, pr.) ci attesta, al titolare di un sepolcro intercluso la facoltà di ottenere dal dominus del fondo attiguo al sepolcro il diritto di passaggio a titolo precario; i compilatori giustinianei, interpolando il testo ulpianeo, costringono il dominus a concedere il passaggio (praestare iter), purché dietro il corrispettivo di un iustum pretium e purché il passaggio avvenga nel luogo più opportuno in modo che il dominus ne risenta il minor danno.
Nel nostro diritto sono stabilite due servitù legali di passaggio: l'accesso e il passaggio che dal proprietario è dovuto al vicino per costruire o riparare il muro o altra opera propria del vicino, o anche comune (art. 592 cod. civ.) e il passaggio che è dovuto per interclusione del fondo (art. 593 cod. civ.): la prima, pur avendo carattere di permanenza nel senso che il diritto di accedere e passare per l'altrui fondo esiste ogni volta che s'intende conseguire uno degli scopi per cui il diritto è dalla legge attribuito, ha un carattere provvisorio dal punto di vista della sua attuazione: non così la seconda.
Il diritto di chiedere la prestazione del passaggio necessario, nel caso dell'art. 593, appartiene al proprietario del fondo, e anche all'usufruttuario, all'usuario, all'enfiteuta, subordinatamente all'esistenza di alcune condizioni. Occorre, anzitutto, che vi sia un fondo circondato da fondi altrui, sia che questi fondi appartengano a persone diverse, sia che appartengano anche a un condominio e il proprietario del fondo intercluso sia uno dei condomini; occorre, in secondo luogo, che il fondo circondato dai fondi altrui non abbia uscita sulla via pubblica e non possa procurarsela senza eccessivo dispendio e disagio; inoltre, il passaggio, che si reclama, deve servire alla coltivazione e al conveniente uso del fondo secondo la destinazione che al fondo è data. Non è lasciato alla scelta di colui che pretende il passaggio il determinare quale di più fondi, sui quali la servitù potrebbe essere imposta, lo debba: è alla maggior brevità del transito e al minor danno del fondo servente che si deve avere riguardo, non scindendo questi due criterî ma combinandoli. Il proprietario del fondo, sul quale viene stabilita, a causa dell'interclusione del fondo vicino, la servitù legale di passaggio a favore di questo, ha diritto a un'indennità proporzionata al danno cagionato dal passaggio: se il passaggio è concesso a più proprietarî di fondi distinti, il danno dev'essere valutato complessivamente per distribuire poi l'obbligo dell'indennità fra i varî proprietarî, in proporzione della interessenza di ciascuno nella servitù. L'indennità può essere stabilita in una somma pagata una volta tanto o in un'annualità da corrispondersi per il tempo in cui il passaggio sarà esercitato. Essa non è un diritto del fondo servente e un onere del fondo dominante, ma un credito personale del proprietario del fondo servente e un debito personale del proprietario del fondo dominante. Nel caso di non effettuato pagamento dell'indennità, il proprietario del fondo servente non ha diritto di chiedere che la servitù si consideri come se non fosse stata costituita, ma soltanto quello di agire per ottenere il pagamento di ciò che gli spetta contro il proprietario del fondo dominante.
Bibl.: P. Bonfante, Corso di dir. rom. La proprietà, II, i, Roma 1926, pp. 284-85; B. Brugi, Dottrine giuridiche degli agrimensori romani comparate a quelle del Digesto, Padova 1897; id., Per la dottrina del passo necessario secondo il dir. rom., in Arch. giurid., vol. XXXIX; G. Piola, in Digesto italiano, Torino 1906-10, s. v. Passaggio (diritto di).