Villari, Pasquale
Storico (Napoli 1826 - Firenze 1917); occupò dapprima la cattedra di filosofia della storia nell'università di Pisa (1859-1865), poi quella di storia moderna a Firenze (1865-1913). Discepolo di F. De Sanctis, tenne lunga corrispondenza col maestro; dal 1896 al 1903 fu anche presidente della società nazionale " Dante Alighieri ".
Nella molteplice attività di erudito e di storico il V. toccò spesso problemi danteschi: la figura e l'opera di D. entrarono di necessità nel quadro drammatico delle vicende comunali italiane, quali si delinearono al giovane ricercatore dell'Archivio di Stato di Firenze negli anni di preparazione alla cattedra pisana. La passione risorgimentale e l'ansia di rinnovamento civile, filtrate dall'insegnamento desanctisiano, fecero coesistere in lui, con eguale calore di partecipazione, la tradizione laico-mazziniana con quella manzoniana e neoguelfa. Già dal primo saggio in cui appaiono affrontati problemi letterari con attinenze dantesche, L'Italia, la civiltà latina e la civiltà germanica (Firenze 1862), il V. accetta l'antitesi, cara agli storiografi liberali, di un'irriducibile estraneità del mondo latino, armonioso e organizzatore, al mondo germanico, mistico e irrazionale. L'antitesi trovò una singolare verifica, nel caso di D., nel riconosciuto divario tra le cosiddette fonti della Commedia e l'uso che ne fece il poeta.
Pubblicando infatti nel volume Antiche leggende e tradizioni che illustrano la D.C. (Pisa 1865) alcune tra le più note leggende medievali d'oltretomba, dalla Navigazione di San Brandano al Purgatorio di San Patrizio alla Visione di Tundalo, il V. relegò tutto questo materiale mistico-visionario in un mondo culturalmente arretrato e caotico, che soltanto nella reinterpretazione spirituale dell'umanesimo dantesco avrebbe trovato la misura psicologica e l'equilibrio espressivo. Tale caratteristica venne dal V. ricollegata, nel saggio D. e la letteratura in Italia (Firenze 1865), al divario strutturale tra la lingua italiana, inalterabile letterariamente dal Tre all'Ottocento, e la lingua d'oltralpe.
Poco il V. contribuì all'esegesi della Commedia; della Vita Nuova offrì un'interpretazione psicologico-emozionale di tipo romantico; più a lungo si soffermò sulla Monarchia, affrontandone con impegno, in un ampio saggio (" Nuova Antol. " XLVI [1911] 385-404), gli articolati problemi. Per quanto riguarda la collocazione cronologica dell'opera fra una possibile datazione anticipata al 1300-1301 (cfr. Witte, Gravert) e quella boccaccesca e tradizionale del 1311-1313, nonché quella posticipata rispetto alla morte di Enrico VII (cfr. Schaffer-Boichorst, Kraus), egli scartò l'ultima e propose una soluzione intermedia tra le prime due: D. avrebbe scritto i primi due libri al tempo del priorato; interrotto dall'esilio, il trattato sarebbe stato ripreso e compiuto ai tempi della spedizione di Enrico. Quanto al significato ideale dell'opera, il V., che fu tra i primi a occuparsi della pubblicistica giuridica e della libellistica laica anteriori a D. (Pietro du Bois, Giovanni da Parigi, Giordano di Osnabruck, Engelbert von Almond, ecc.), ritenne assai probabile una diretta conoscenza dantesca, se non di tutti i testi, certo delle idee che li ispirarono. Nel concetto dantesco d'Impero il V. riconosce non un'utopia ghibellina ma un profondo riacquisto della storia profana, una più moderna distinzione del diritto dalla morale, un principio razionale e obiettivo di socialità. Con i tipici, appassionati anacronismi della storiografia risorgimentale il V. riconobbe nella Monarchia la riconsacrazione del laicato, l'esplicita separazione dei poteri e " la prima pietra del partito nazionale ".
Altre opere del V. con attinenze dantesche: Saggi storici e critici, Bologna 1890; I primi due secoli della storia di Firenze, 2 voll., Firenze 1893-1894; L'Italia da Carlo Magno alla morte di Arrigo VII, Milano 1910; D. e l'Italia, in " Nuova Antol. " XLIX (1914) 563-574; Scritti e discorsi per la " Dante ", Roma 1933.
Bibl. - A. De Gubernatis, Ricordi biografici, Firenze 1873; E. Pistelli, introduzione a G. Bonacci, L'Italia e la civiltà, Milano 1916; G. Salvemini, in " Nuova Rassegna Storica " II (1918); A. Panella, Commemorazione di P. V. con bibl. dei suoi scritti, Firenze 1920; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, II, Bari 1921, 69-71, 84-85; G. Gentile, G. Capponi e la cultura toscana del secolo XIX, Firenze 1922, 301 ss.; G. Volpe, in " Rivista Stor. Ital. " III (1940); G. Alliney, I pensatori della seconda metà del secolo XIX, Milano 1942; L. Villari, Profilo di P. V., Trapani 1951; A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, Firenze 1958, 179-180; E. Garin, La cultura italiana tra '800 e '900, Bari 1962, 48-66, 77-101.