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MASSACRA, Pasquale

di Alessandra Imbellone - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)
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MASSACRA, Pasquale

Alessandra Imbellone

– Nacque a Pavia il 23 febbr. 1819 da Nicola, fornaio, e da Rosa Lombardi, erbivendola.

Messo a bottega presso un intagliatore di ornati, passò presto come garzone in quella del verniciatore di ornati P. Santi, specializzata nelle cartelle da morto.

Vi rimase in servizio per diversi anni, fino al 1839, dedicandosi anche in proprio a una vasta produzione di insegne di bottega (due per la bottega di un arrotino sono conservate a Pavia nella Pinacoteca Malaspina), figure da presepio in creta, paggi fermaporte, candele di cera dipinte e altro. Secondo le fonti, suo primo lavoro esposto al pubblico fu l’insegna dell’albergo dei Tre Re (perduta) dipinta all’età di tredici anni (Franchi, pp. 129-131).

Negli stessi anni frequentò l’oratorio di S. Dalmazio istituito dal vescovo di Pavia a ricreazione dei giovanetti artigiani, per il quale dipinse un presepio e un sipario per il teatrino intorno al 1837.

Fattosi notare per il suo talento artistico, il giovane M. iniziò a ottenere commissioni dalla colta borghesia cittadina. Prima fra queste una Deposizione dalla Croce a fresco per l’avvocato E. Calcagni che, soddisfatto, lo raccomandò al pittore C. Ferreri, direttore della scuola di disegno, nudo e incisione istituita dal Comune in palazzo Malaspina. Nel novembre del 1838 entrò nella scuola come allievo e, l’anno successivo, grazie al soccorso economico di numerosi distinti cittadini, abbandonò la bottega di Santi per dedicarsi esclusivamente alla propria formazione artistica. Ottenuti premi e distinzioni nel disegno della statua (il Germanico) e nel concorso del panneggio, si ritirò dalla scuola nel 1841 senz’accettare la nomina ad assistente che gli era stata offerta (ibid., pp. 132, 135 s., 139). Nel 1842-43 frequentò la scuola civica di pittura diretta da G. Trecourt (Zatti, p. 105).

Numerose opere testimoniano la sua vasta produzione pittorica e plastica per chiese e cimiteri di Pavia e dintorni.

Si distinguono, per importanza, le seguenti opere: la Madonna col Bambino e s. Siro (Pavia, S. Michele), dipinta nel 1841 per la somma di 200 lire milanesi; la statua di S. Antonio e gli affreschi con Storie del santo (Pavia, S. Maria del Carmine), i cui bozzetti sono conservati nella Quadreria dell’Ottocento dei Musei civici di Pavia insieme con la tela di S. Antonio che distribuisce le sue sostanze ai poveri; il Padre Eterno e la Via Crucis per la chiesa parrocchiale di Trovo (1842-43); la statua della Madonna del Rosario per la chiesa parrocchiale di Zerbolò; l’affresco absidale raffigurante S. Carlo Borromeo nella cappella del parco di villa Cairoli, a Gropello Cairoli (1846). A ciò si aggiunga il bellissimo cartone preparatorio per l’affresco raffigurante il Crocifisso, donato nel giugno 2001 al Comune di Pavia (Il «giallo» del cartone…).

Fra il 1840 e il 1847 il M. lavorò intensamente, producendo una serie di ritratti, fra cui emerge la smagliante Donna in rosso (1845 circa: Pavia, Musei civici, Quadreria dell’Ottocento), che alla fedeltà ai modelli consolidati di F. Hayez aggiunge un rinnovamento dei mezzi espressivi (il non finito, i piani liquefatti di colore) sull’esempio di C. Cornienti, tra i primi sensibili ricettori in Lombardia delle accensioni cromatiche e della sprezzatura di pennellata del pittore russo K.P. Brjullov (Mazzocca, p. 128; Zatti, p. 118).

Stretti furono i suoi rapporti con l’ambiente artistico milanese: con Hayez in particolare, ma anche con L. Scrosati, che lo invitò a eseguire gli affreschi in palazzo Belgioioso a Milano (Franchi, pp. 184 s.).

Con una Madonna col Bambino partecipò all’esposizione di Brera del 1844 (n. 401), presentando all’edizione successiva Caino dopo il fratricidio (n. 292), un Ritratto (n. 297) e due dipinti i cui titoli mostrano l’ampliarsi dei suoi interessi in direzione realistica (Studio di un montanaro, n. 298) e storico-letteraria (Dante nel convento dei monaci agostiniani di Corvo in Lunigiana, n. 296).

Fu, del resto, nel campo della pittura di storia che il M. riuscì ad affermarsi fra le personalità più intense e originali nel panorama del romanticismo lombardo, prediligendo soggetti tratti dalla storia civica locale che spesso richiedevano ambientazioni medievali.

Suo capolavoro in quest’ambito è la grande tela raffigurante La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nell’espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l’anno 1315, un episodio particolarmente drammatico della storia pavese.

Dipinta su commissione di G. Marozzi che, dal 1844, dietro l’invito del podestà T. Del Maino, corrispondeva una pensione mensile al M., l’opera è conservata nella Quadreria dell’Ottocento dei Musei civici di Pavia insieme con uno studio preparatorio e con il bozzetto di presentazione. Fu esposta con grande successo a Brera nel 1846, dopo che, a spese del committente, il M. si era recato a Milano per sottoporre la propria composizione a Hayez, del quale seguì le indicazioni (Natali, 1910).

Sotto la dominazione austriaca, il suo impegno ideale nel genere storico riaccendeva le speranze sulla ripresa di un grande stile disposto a interrogarsi sui destini storici, segnando gli esordi di F. Faruffini e T. Cremona, che sarebbero usciti dalla scuola di Trecourt capaci di schiudere nuovi orizzonti alla pittura lombarda (Mazzocca, p. 129). Consulente per la trattazione dei soggetti storici fu il letterato P. Carpanelli, che già nel 1839 era stato il primo a commissionare al M. un quadro di storia, anch’esso teso al recupero d’un personaggio del Medioevo pavese che si prestava a una lettura in chiave di allegoria risorgimentale. La tela dispersa di Frate Bossolaro che riceve l’offerta delle signore di Pavia, nota per il bozzetto nei Musei civici di Pavia, fu la prima di una piccola serie dedicata a frate Iacopo Bossolaro, strenuo difensore dell’autonomia comunale.

Nel 1847 il M. iniziò infatti altri due dipinti, che non riuscì però a portare a termine per esporli a Brera: l’uno, commissionato da Marozzi e intitolato Un sicario disarmato dalle preghiere della moglie (disperso), raffigurava Filippone che, accettato l’incarico di uccidere frate Bossolaro, desiste dall’impresa per effetto dell’intervento della moglie (Franchi, pp. 187 s.). Nell’altro, con Frate Bossolaro che dal carroccio arringa il popolo eccitandolo contro i Beccaria (Pavia, Musei civici, Quadreria dell’Ottocento: il bozzetto si trova nelle collezioni della Banca nazionale del lavoro di Pavia), il M. attualizzò la vicenda storica legandola alla contemporaneità tramite l’inserzione del proprio ritratto e di quello della sorella Ernesta. Agli stessi anni 1847 e 1848 possono conseguentemente datarsi l’Autoritratto e il Ritratto di Ernesta conservati nella Quadreria dell’Ottocento dei Musei civici di Pavia (Zatti, pp. 106-108, 114 s.).

Nel 1848, con la dichiarazione di guerra all’Austria e l’arrivo a Pavia di Carlo Alberto di Savoia, il M. smise di dipingere per impegnarsi nella lotta politica. Morì il 16 marzo 1849, ferito a morte in un agguato tesogli da ufficiali dell’esercito austriaco in un’osteria.

La breve parabola biografica e artistica del M. assunse ben presto nella storiografia pavese i contorni del mito: egli incarnò al contempo il modello dell’artista romantico e quello dell’eroe risorgimentale morto giovane per inseguire l’ideale della libertà nazionale (ibid., p. 106). Pochi giorni dopo la sua morte, il cadavere fu trafugato dall’ospedale militare e traslato all’ospedale civile di S. Matteo dal direttore A. Pignacca, che con l’aiuto di A. Maestri ne tentò l’imbalsamazione al fine di dargli degna sepoltura dopo l’armistizio. Le solenni esequie del pittore ebbero luogo dopo la liberazione di Pavia dagli Austriaci, il 10 maggio 1860, nella chiesa di S. Maria del Carmine. Seguirono numerose commemorazioni e onoranze, fra cui la dedicazione d’una via cittadina, lapidi recanti iscrizioni di F.D. Guerrazzi e V. Brusco Omnis, e una buona serie di omaggi poetici.

Fonti e Bibl.: G. Bignami, Il pittore P. M., Pavia 1846; C. Miglio, Parole lette nella solenne commemorazione a P. M. nella chiesa del Carmine, Pavia 1860; A. Zoncada, Elogio di P. M. pittore pavese…, Pavia 1862; C. Dell’Acqua, Notizie intorno al pittore pavese P. M., in Il Patriotta, 29 ag. 1866, App. n. 69; C. Brambati, L’ultimo giorno di P. M., Pavia 1873; G.A.M. Giussani, Il 18 marzo 1849 ossia un esempio ai traditori e la fine eroica di P. M., Pavia 1875; P. M. pavese: onoranze commemorative…, Pavia 1882; G. Zoja, Del teschio di P. M. pittore pavese, Milano 1882; G. Natali, P. M. pittore e patriotta, Pavia 1909; Id., Un quadro di P. M. e i consigli dello Hayez, in Boll. della Soc. pavese di storia patria, X (1910), p. 524; L. Ponzio, P. M., artista-eroe pavese: dramma storico-tragico in cinque atti, Pavia 1911; G. Franchi, Notizie della vita e delle opere di P. M., in Boll. della Soc. pavese di storia patria, XXIX (1929), 1-4, pp. 115-227; Mostra di P. M. (1819-1849), a cura di G. Nocca - G. Panazza, Pavia 1950; F.A. Tasca, Personaggi noti ed ignoti nella storia e nella cronaca di Pavia, Pavia 1951, p. 142; F. Mazzocca, La pittura dell’Ottocento in Lombardia, in La pittura in Italia. L’Ottocento, I, Milano 1991, pp. 122 s., 128 s.; Il «giallo» del cartone di P. M., 29 ag. 2002, in ; S. Zatti, Musei civici di Pavia. Quadreria dell’Ottocento, Milano 2002, pp. 105-120, 173; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 216.

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