FARINA, Pasquale
Nacque a Napoli il 2 nov. 1864, da Giacomo e da Emanuela Parisani, e ivi studiò all'Accademia di belle arti. Dopo aver diretto una manifattura di ceramica vicino Napoli, nel 1887 emigrò a Tucuman, nel Nord dell'Argentina, dove insegnò disegno, geometria e prospettiva presso la scuola normale femminile. Nel 1890 fondò, sempre a Tucuman, una scuola d'arte dove insegnò disegno, pittura e scultura. Dal 1892 al 1894, inoltre, fu direttore della manifattura di ceramica artistica e scultura architettonica locale "La Edificadora". Nel 1895 si trasferì a Valparaiso in Cile e nel 1897 di nuovo in Argentina, a Buenos Aires; in questo periodo si specializzò nella pittura di genere e nel ritratto.
Nel 1900 ritornò in Italia, dove studiò le tecniche degli antichi maestri. In quel periodo realizzò una grande pittura allegorica dell'Italia che piange la tragica morte di re Umberto per l'aula conciliare di Atessa.
Il F. si trasferì nel 1901 a Filadelfia, dove si occupò dì autenticare e restaurare opere d'arte, procurandosi talvolta grande pubblicità e stabilendo contatti con le maggiori istituzioni artistiche americane, da cui era considerato un esperto della materia. Lavorò per quattordici anni alla John G. Johnson Collection di Filadelfia, verificando spesso l'autenticità delle opere; sostenne, ad esempio, che il Suonatore di liuto, di proprietà della collezione, era una copia successiva alla morte di Vermeer e non un originale. Nel 1913 annunciò di aver fatto una incredibile scoperta restaurando il dipinto di Carlo Dolci della Memorial Hall di Filadelfia.
La pulitura rivelò sotto una ridipinta fruttiera una testa decapitata su un piatto, perciò il quadro, catalogato come Giovinezza e amore, fu reintitolato Salomè con la testa di Giovanni Battista.
Nel 1929 il F. dichiarò che l'originale della Madonna dell'Impannata di Raffaello si trovava in America, mentre mise in dubbio il prestigio della versione di palazzo Pitti a Firenze.
Il F. affermò che la versione americana era stata esportata clandestinamente dall'Europa ed era stata di proprietà dello scultore Hiram Powers intorno al 1843, inoltre aggiunse che se ne erano perse le tracce durante la guerra civile americana. Il F. dichiarò che la tecnica e i caratteri stilistici erano tali da determinare la superiorità della versione americana (Another "original" claimed for America, in The Literary Digest, 29 giugno 1929).
Alcuni critici definirono la dichiarazione del F. un imbroglio e lui un ottimo divulgatore delle proprie scoperte; tuttavia, nel corso degli anni, soprattutto a Filadelfia, continuarono a commissionargli numerosi restauri. Questi comprendono vari dipinti delle collezioni Wilstach e John Wanamaker e alcuni ritratti della Historic Indipendence Hall di Filadelfia e inoltre dipinti di proprietà dell'ambasciata italiana a Washington, D.C. (Some data about the artistic career of chevalier prof. P. F., in To the collectors of painting by the old masters; the misleading "golden glow", Philadelphia 1929, pp. 16-19). Il F. pubblicò inoltre un notevole numero di monografie su grandi pittori del passato e scritti sui falsi e sul restauro, tra cui si ricordano: Exhibition of old master's works. Collection of P. F., Philadelphia 1916; Rubens' lost "Daniel in the lion's den", ibid. 1924; The original... Madonna dell'Impannata di Raffaello ... has been in America since 1843, ibid. 1929; Why Collectors dread having their paintings restored, ibid. 1930.
Durante la sua permanenza in America il F. tornò varie volte a Firenze, dove morì il 28 sett. 1942.
Fonti e Bibl.: Filadelfia, Museum of Art, John G. Johnson Archives, Corrispondenza del F.; A masterpiece in disguise, in The Literary Digest, 12 luglio 1913; "Lute Player" a copy, F. declares, in New York Times, 15 genn. 1928; Declare picture a real Raphael, ibid., 31 luglio 1928; Who's who in American art, 1936-37, p. 141; M. Fielding, Dict. of American painters, sculptors and engravers, Philadelphia 1962, p. 115; H. Vollmer, Künstlerlexikon, V, p. 471.