BORRELLI, Pasquale
Filosofo, nato a Tornareccio (Chieti) l'8 giugno 1782, morto a Napoli nell'aprile 1849. Studiò matematica, medicina e legge; coinvolto nelle vicende politiche del tempo, fu tra l'altro ministro di polizia nell'effimero governo liberale del 1820, per il che scambiò aspre parole e accuse con Pietro Colletta. Dopo varî casi, in cui si rese inviso tanto ai Borboni quanto ai liberali, fu esiliato a Trieste, onde passò a Gratz, e infine a Baden e a Vienna. Appreso il tedesco, studiò Kant direttamente nelle opere maggiori (tranne la Critica del Giudizio). Tornato a Napoli nel 1825, fu nominato nel 1832 socio dell'Accademia delle scienze; nel 1838 fu aggregato alla Pontaniana, nel 1840 ne divenne presidente.
Pubblicò, sotto l'anagramma di Pirro Lallebasque, Introduzione alla filosofia naturale del pensiero (Lugano 1824); Principî della genealogia del pensiero (ibid. 1825; nuova ediz. di questi due scritti col titolo Opere filosofiche, in 4 voll., ibid. 1839; Principî della scienza etimologica, ibid. 1830). L'Introduzione contiene un primo tentativo di storia della filosofia in Italia, anteriore alle Lettere del Galluppi. La parte più importante è l'esame della dottrina di Kant, che egli interpreta però da un punto di vista empiristico; quantunque altrimenti dichiari che, dei due elementi costitutivi della sua Genealogia del pensiero, l'ideologico e il fisiologico, il primo intervenga in essa per nove decimi e il secondo soltanto per un decimo. Ma la stessa dottrina "ideologica" del B. si risolve in sostanza in empirismo e materialismo, per notevoli che siano in essa le discussioni sul rapporto della sensazione col giudizio, e la critica a tale proposito condotta contro la riduzione sensistica di questo a quella. Terza "forza" fondamentale dell'anima, oltre al sentire e al giudicare, è per il B. il volere, che si basa su un giudizio anteriore, ma non è esso stesso giudizio, e che è libero, ma solo nel senso esteriore della libertas a coactione. Nel suo complesso, la filosofia del B., che sulle tracce del Cabanis tende a risolvere l'ideologia, attraverso alla fisiologia, in scienza positiva, si arresta sulle soglie del mero materialismo in virtù del principio soggettivistico insito nell'idea della "forza" originaria dell'anima, e prende così un posto notevole nella storia della filosofia empiristica fiorita nell'Italia meridionale dalla metà del sec. XVIII alla metà del XIX.
Bibl.: G. Gentile, Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi, 2ª ed., I, Milano 1930, pp. 129-233.