ALTAVILLA, Pasquale
Attore e autore teatrale, nato il 6 dic. 1806 a Napoli. Copista nella prefettura di polizia, fu notato da Silvio Maria Luzi, l'accorto e fortunato impresario del San Carlino, che, nel 1828, volle scritturarlo per il suo teatro. E su quelle scene, per la figura magra e dinoccolata, per la singolare mobilità del volto dai tratti irregolari e soprattutto per la comicità spontanea che scaturiva da ogni sua parola e da ogni suo gesto, l'A., nelle parti di "mamo", poi in quelle di "mezzo carattere", si attirò subito larghissime simpatie, riuscendo in breve tempo a emergere, pur in mezzo ad artisti del valore del Tremori, del De Lillis e di Salvatore Petito. Nel 1834 il Luzi incoraggiò l'attore a scrivere qualche conimediola per il suo teatro: coniinciava così la feconda e fortunata attività di commediografo dell'A., che da allora, per circa un ventennio, come attore e come autore, fu il vero beniamino del pubblico napoletano, finché, dapprima a dividere con lui, poi a contendergli il primato sulle scene del San Carlino, comparve e si affermò Antonio Petito. Comunque, come attore l'A., dando vita al personaggio di "Pascale Passaguaie", conservò fino all'ultimo fervore di consensi e larga popolarità.
Quando l'A. cominciò a scrivere le prime commedie, il momento sembrava propizio per una riforma o, quantomeno, per un rinnovamento della scena dialettale napoletana. Invecchiate apparivano anche le migliori commedie di Filippo Cammarano e di Orazio Schiano; e, quanto al resto, il repertorio del San Carlino non conteneva che composizioni spettacolose e poco originali, ricalcate in parte sui più impressionanti drammi del Nota, del Federici e del Kotzebue, e nelle quali dialoghi drammatici e lunghi sermoni morali si mescolavano a scene inverosimilmente puerili e di crassa buffoneria d'ispirazione cerloniana.
In un primo momento l'A. tentò con una commedia popolare (Na trastola barraccara abbascio lo Mercato) di rimettersi sulle orme del D'Avino e del migliore Cammarano, riportando nei termini della verità e dell'osservazione diretta il teatro dialettale: ma non ebbe nè la volontà nè il coraggio d'insistere nell'esperimento e si lasciò andare a un genere che piaceva al pubblico e al quale, del resto, lo portava la sua facilità di buona lega e la sua arguta festività, pronta a cogliere e a parodiare, nei loro tratti più caratteristici, i fatti della cronaca spicciola giornaliera. Dopo gli applausi che coronarono la sua Juta a Castiellammare pe' la strada de fierro (che prendeva lo spunto dall'inaugurazione del primo tronco di ferrovia tra Napoli e Castellammare di Stabia), accortosi che le commedie cosiddette di "attualità" incontravano un maggiore favore nel pubblico, insisté nel genere, raggiungendo i più calorosi successi con L'apertura de lo Caft d'Europa, ripetuto per oltre cento sere a teatro gremito, e, via via, con Li appassiunate pe la Sonnambula, Li Fanatece pe lo Giaronta Sebezio (a proposito delle stramberie erudite di Domenico Bocchini), Na cena a la cantina siciliana (la cantina del Siciliano al vico Campane), La folla pe lo ppane frangese (l'apertura della prima Boulangerie fran;aise in via Nardones), La sposa co' la maschera, ossia Pangrazio biscegliese inpazzuto pe ifa spusà lo figlio co na dama co' la capa de morte (a proposito delle ciarle che, nel 1843, correvano in Napoli circa l'esistenza di una giovane milionaria, mascherata per nascondere la rnacabra deformità del viso), Li Leggeture de lo lume e delo lumino a gas (Il Lume a gas era un giornale satirico napoletano che ebbe molta voga dopo il '47), Lo sparo de lu cannuncino e la meridiana, Lo salone francese, ossia la statua de Monzù Resò (monsieur Rai son, un parrucchiere esotico, che, per primo, aveva esposto nella sua vetrina un nianichino femminile che, girando su un piedistallo, lasciava ammirare la sua acconciatura), Don Pangrazio biscegliese ammuinato pe l'arrivo a Napule de lo celebre maestro Thalberg, Pulecenella e lu patrone suo appaurate pe la cumeta de lo tridece giugno (a proposito della voce sparsasi a Napoli che quel giugno, del 1857, dovesse avvenire la fine del mondo), Te voglio bbene assai e ttu nun pienze a mme (ispirata, al successo dell'omonima canzone dell'ottico Raffaele Sacco), Pulecenella in cerca de la sua fortuna pe' Napule, di cui recentemente, con la regia di Eduardo De Filippo, è stata ripresa con qualche successo la rappresentazione, ecc.
La produzione dell'A. - oltre un centinaio di commedie che, sia pure intessute su canovacci assai spesso elementari, non mancano di situazioni comiche originali, e, ricche come sono di brani di vita vissuta, costituiscono una preziosa documentazione dell'ambiente ottocentesco napoletano - è per la maggior parte raccolta nei suoi cinque volumi di Teatro, editi dal 1849 al 1853 e dedicati al principe di Salerno, don Leopoldo di Borbone. Altre commedie furono pubblicate sparsamente; altre ancora si conservano manoscritte nella Biblioteca Lucchesi-Palli di Napoli. Furono pubblicate a parte, per i tipi del Nobile, l'opera buffa dell'A., La lotteria di Vienna, musicata dal Fioravanti e rappresentata al Teatro Nuovo nel 1843, nonché la commedia in un atto Nu patriota napolitano (Napoli 1860), con la quale l'A. tentò, ma inutilmente, di far dimenticare il proprio passato di devozione alla dinastia borbonica, devozione che proprio l'anno prima gli aveva ispirata una composizione poetica, Altaville e lo Sebeto: alle LL. MM. Francesco II e Maria Sofia Amalia (Napoli 1859), e che del resto si manifestò anche nel periodo in cui la compagnia del San Carlino svolse un breve corso di recite in Roma, asilo dopo Gaeta della corte borbonica.
Tornato a Napoli, nel 1864 l'A. dovette abbandonare il San Carlino, ma continuò la sua attività in altri teatri della città. Qui morì il 2 ag. 1875.
Bibl.: P. Calà Ulloa, Pensées et souvenirs sur la litterature contemporaine de Naples, Genève 1858, pp. 222 a.; M. Monnier, L'Italie est-elle la terre des morts?, Paris 1860, pp. 259-263; P. Martarana, Notizie biografiche e bibliografiche degli autori in dialetto napoletano, Napoli 1874, pp. 2 a.; F. Colonna di Stigliano, Napoli d'altri tempi, Napoli 1911, pp. 154-179; E. Scarpetta, Cinquantanni di palcoscenico, Napoli 1922, pp. 97-118; S. Di Giacomo, Storia del teatro S. Carlino, Palermo 1924, pp. 347, 354, 355 e 413; E. Cione, Napoli romantica, Milano 1943, pp. 355,431.