PASITELE (Pasiteles)
Versatile e rinomato scultore, nativo dell'Italia meridionale, fiorito a Roma, come Plinio ricorda, circa l'età di Pompeo Magno. Ricevette la cittadinanza romana in virtù della legge Plauzia-Papiria (89 a. C.): la sua maggiore attività può quindi essere approssimativamente fissata tra gli anni 80 e 60 a. C. A Roma, dove sembra aver passato la parte maggiore della sua vita, P. tenne uno studio, in cui ebbe collaboratori e scolari. Scolaro di P. si professa lo scultore Stefano, sulla base di una statua virile atletica attualmente a Villa Albani. Scolaro di Stefano poi si dichiara lo scultore di età tiberiana Menelao (M. Cossuzio; v.) nella firma del gruppo detto di "Oreste ed Elettra" nella collezione Ludovisi al Museo Nazionale Romano. Sicché conviene concludere, pur non conoscendosi finora nulla di mano di P., che la fama di quest'artista, distinto da una certa originalità, si era così saldamente affermata in Roma, da creare una vera scuola.
Le novità introdotte da P. sembrano riguardare a un tempo i procedimenti tecnici e l'indirizzo estetico. P. nihil unquam fecit antequam finxit (Plin., Nat. Hist., XXXV, 156): cioè, astenendosi dal seguire il procedimento, allora assai diffuso, di scolpire direttamente sul marmo, egli effettuava prima il modello, in creta, da trasportare poi in altra materia. Ma non si tratta di una innovazione, poiché il procedimento era stato sempre seguito, da parte almeno degli scultori in bronzo. P. però sembra tenesse nel più alto conto la tecnica della plastica fittile, come fondamento della scultura intesa sotto qualsiasi forma e tecnica.
A giudicare dall'opera degli scolari, l'indirizzo estetico di P. non si distingueva per grande originalità. Le opere sin qui note della sua scuola infatti consistono, più che altro, in composizioni accademiche, dove appaiono imitati modelli ancora arcaizzanti del sec. V, con modificazioni dovute all'influsso di stili più recenti, e specialmente di Lisippo. L'eclettismo sembra essere la nota fondamentale della scuola pasitelica non rifuggente dall'aggruppamento, quasi forzato, di tipi statuarî diversi: come nel gruppo convenzionalmente detto del pari di "Oreste ed Elettra", nel Museo Nazionale di Napoli, dove la statua di Oreste risulta essere una ripetizione dell'Atleta di Stefano a Villa Albani. Così anche il citato gruppo Ludovisi attesta la medesima artificiosità di composizione.
P. era però anche assiduo studioso dal vero: com'è attestato dall'aneddoto pliniano, che, essendo P. intento a copiare dal vero un leone in navalibus, da una gabbia accanto sbucò una pantera, la quale mise in serio pericolo la vita dell'artista diligentissimus. P. lavorava in tutte le tecniche. Eseguita secondo la tecnica crisoelefantina era l'immagine di Giove, di mano di P., per il tempio del Portico di Metello. In argento era un ritratto, statuario, rappresentante l'attore tragico Roscio come un fanciullo circondato da un serpente. P. è anche ricordato tra gl'incisori d'arte, od orafi e toreuti famosi. Come scrittore gli è stata attribuita un'opera in cinque libri, andata perduta, dal titolo Nobilia opera in toto orbe: una specie, sembra, di enciclopedia storico-artistica, alla quale ebbero ad attingere scrittori dell'antichità, fra cui lo stesso Plinio.
Bibl.: J. Overbeck, Schriftquellen, Lipsia 1868, nn. 1210, 2167, 2202, 2207, 2262-2265; H. Brunn, Geschichte der griech. Künstler, 2ª ed., Stoccarda 1889, I, p. 415 segg.; G. Lippold, Kopien und Umbildungen griechischer Statuen, Monaco 1923, p. 35 segg.; M. Bieber, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI (1932); A. Della Seta, Il nudo nell'arte greca, I, Milano 1930, p. 598.