PASIFE (Πασιϕάη)
Figlia di Helios e di Perseis (o di Crete), sorella di Aietes e di Circe, sposa di Minosse, regina di Creta. Divinità della luce, ipostasi della luna, come rivela anche l'aspetto talvolta bovino e il nome, corruzione dell'epiteto con cui la onoravano i Greci (πασιϕαέσσα = omnibus apparens) e il mito del Minotauro, mostruoso figlio nato dagli amori di P. e di un toro inviato a Creta da Posidone. La più antica fonte del mito a noi nota è nei Κρῆτες di Euripide.
La sua illustrazione nelle arti figurative è giunta solo in esemplari ellenistici e romani, ma sono ricordate dagli antichi una statua di P. opera di Bryaxis, un rilievo di Dedalo sulle porte del tempio di Apollo a Cuma (Verg., Aen., vi, 24 ss.), una coppa con manico d'argento (Petr., Sat., 52), una pittura a Napoli (Philost. Maior, Imag., i, 16). Venivano qui illustrate la costruzione della falsa giovenca per opera di Dedalo alla presenza della regina dissennata e la nascita del Minotauro sotto lo sguardo costernato di Minosse: episodî che ben si convenivano al gusto aneddotico e alla curiosità fabulistica propria dell'ellenismo alessandrino. Varî affreschi pompeiani ci hanno tramandato appunto lo schema di qualche composizione probabilmente alessandrina che narrava le varie fasi del mito: Dedalo che mostra a P. un modellino della giovenca, l'artista al lavoro e infine dinanzi alla sua opera finita in cospetto della regina (Casa dei Vettii, Stanza di Issione, ecc.). Il medesimo gusto ricorre in un rilievo di Palazzo Spada ove Dedalo, seduto su un seggio, in veste di artigiano presenta a P. la giovenca, rilievo di stile neoattico (130 d. C.), ma ancora nella tradizione di quei rilievi pittorici alessandrini detti Prachtreliefs e sull'urna marmorea di C. Volcacius Artemidorus proveniente dai pressi di Tivoli e conservata al Museo delle Terme (Il sec. a. C.). Ancora alla fine del I sec. a. C. appartiene, secondo il suo illustratore, il Robert, il sarcofago del Louvre, proveniente da Villa Borghese, con episodî della vita di P. distribuiti in tre scene che riassumono i momenti culminanti del mito: 1) P. siede nella sua stanza con un amorino sulle ginocchia; 2) tre operai sono intenti alla lavorazione della giovenca; 3) Dedalo è presso la sua opera ormai terminata; sotto la giovenca è una scala da cui si sale all'apertura di cui Dedalo tiene il coperchio e su cui è un amorino. Il gusto decorativo e narrativo insieme individuano anche qui un'ascendenza alessandrina. P. compare ancora nel ciclo delle mitiche colpevoli per amore, effigiate sulle pareti di una villa romana di Tor Marancia (Roma, Biblioteca Vaticana). P. è vicino alla giovenca su cui poggia il braccio destro; il suo nome, scritto accanto, come per le altre eroine, offre epigraficamente una datazione entro il III sec. d. C., ma anche in questa loro versione corsiva le figure serbano una monumentalità che le assegna a una corrente di gusto ellenistico classicheggiante.
Del mito di P. si impadronì anche il repertorio etrusco; lo troviamo con una certa frequenza nella decorazione di ciste funerarie e rilievi (ad esempio rilievo di Volterra, ove, a riassumere la vicenda, sono presenti tutte le persone del dramma: Dedalo, P., il neonato Minotauro e lo sdegnato Minosse).
Alle opere minori si aggiungeranno ancora un vaso da Vulci alla Bibliothèque Nationale di Parigi col Minotauro fanciullo e P., di età ellenistica tarda, ove si è rintracciata l'eco di un prototipo anche qui di pittura alessandrina, due lastre Campana al Louvre, un sarcofago a Messina, ecc.
Monumenti considerati. - Rilievo di Palazzo Spada: Helbig, Führer, II3, 1811. Sarcofago di Villa Borghese al Louvre: C. Robert, Ant. Sark., iii, I, p. 48 ss.; id., Der Pasiph. Sark., in 14. Hall. Winckelmannspr., 1890. Dipinti di Tor Marancia: Helbig, op. cit., i3, 415; B. Nogara, Le nozze aldobrandine, Milano 1907, p. 55 ss. Vaso da Vulci: H. Heydemann, in 7. Hall. Winckelmannspr., 1882, p. 18.
Bibl.: D. Levi, in Enc. It., s. v.; K. Scherling, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1949, c. 2069-2082, s. v. Pasiphae; Türk, in Roscher, III, 2, 1902-9, c. 1666-1673, s. v. Pasiphe.