AGRARIO, PARTITO
. Partito agrario può definirsi un aggruppamento nazionale di cittadini, aventi parte nella produzione della terra, il quale tenga ad intervenire con proprî rappresentanti nella gestione dei pubblici poteri al fine precipuo di provvedere alla difesa degl'interessi delle classi rurali e al miglioramento delle condizioni di esse.
Tale concezione nella realtà subisce attenuazioni e adattamenti, giacché i partiti agrarî, dovendo usare quali mezzi proprî di agire, come ogni altro partito, il suffragio elettorale, la rappresentanza parlamentare e l'eventuale partecipazione al governo, sono spinti dalle condizioni stesse della lotta a subordinare alle necessità preponderanti della politica generale del paese quelle particolari dell'agricoltura.
Con ciò si spiega come un partito agrario sia spesso condotto ad affiancarsi o anche a confondersi nelle sue manifestazioni con altri partiti. E poiché il sentimento della proprietà privata ha stimolo grandissimo dalla coltivazione della terra e si alimenta e fortifica nell'ordinato svolgimento della vita sociale, è ovvio che il partito agrario inclini verso i partiti conservatori, o finisca col divenire un'ala di essi. In quest'ultimo caso, più che di un'azione di partito, deve parlarsi di azione per l'attuazione di un programma di politica agraria, formulato dalle organizzazioni agricole - nell'intento di demandare ai partiti militanti l'affermazione dei postulati presso i pubblici poteri - e vigorosamente appoggiato col peso dei suffragi dei quali esse dispongono. Potrà avvenire, quando si tratti di rivendicazioni di carattere prettamente economico, che queste siano accolte da più di uno dei partiti che sono in contesa su altri campi.
Le condizioni dell'agricoltura sono profondamente diverse da paese a paese, e, nello stesso paese, da regione a regione, secondo la divisione della proprietà terriera e il sistema con cui di questa è esercitata la conduzione.
La grande proprietà estesa a interi territorî con tradizioni se non più con diritti feudali, immobile in vecchi sistemi di coltura, non ha parità d'interessi con la media e la piccola proprietà a sviluppo demografico e a tendenza eminentemente coltivatrice. Inoltre, ai diversi sistemi di conduzione della proprietà, o diretta o ad affitto o a colonia parziaria, corrispondono categorie di agricoltori, ciascuna con fisonomia propria, poiché, se tutte hanno per comune proposito l'incremento della produzione del suolo, non altrettanto avviene del riparto di questa e degli oneri che l'accompagnano. Da ciò la formazione di aggruppamenti, che nel campo politico trovansi a divergere nell'indirizzo e nei metodi.
La storia recente dei maggiori paesi civili è ricca d'insegnamenti al riguardo.
La Germania offre esempio dell'influsso a lungo determinato dalla classe agraria sulla politica del paese per opera particolarmente dei proprietarî latifondisti delle regioni dell'est e del nord, la Prussia orientale, il Mecklemburgo, il Hannover, i quali, mercé i privilegi loro derivanti dalla esistenza dei distretti fondiarî - i Gutsbezirke - di cui erano i signori, anche agli effetti della vita pubblica amministrativa, disponevano di masse elettorali compatte. Essi hanno costituito, nelle Diete e nel Reichstag, il forte nucleo dei Junkers, cari particolarmente a Bismarck, che da essi trasse elementi preziosi per le alte cariche civili e militari dello stato. La Lega degli agricoltori (Bund der Landwirte), decisamente conservatrice in politica, protezionista in economia, è il grande organo di difesa degli interessi agrarî tedeschi degli stati del nord. Il quotidiano Die deutsche Tageszeitung ne interpreta con strenuo vigore il pensiero. È da avvertire per altro che il partito agrario, pure effettivamente esistendo, fiancheggia o si fonde nell'azione col partito nazionalista, formando nel Reichstag quel gruppo compatto di rappresentanti che per numero viene subito dopo quello del partito socialista e ne rappresenta le opposte idee.
Nel sud della Germania - centro la Baviera - ove domina la media e la piccola proprietà, la Lega agraria esistente, che manda rappresentanti proprî alle Diete e al Reichstag, tende a distinguersi, formando gruppo proprio, dall'organizzazione prussiana, in cui hanno peso notevole gli interessi dei grandi proprietarî.
Non è da meravigliarsi pertanto se, mentre questi ultimi seguono in prevalenza lo spirito politico del partito che non rinuncia alla speranza di un ritorno al regime che precedette la grande guerra, il partito agrario del sud accetti i nuovi ordinamenti. Il che non toglie che, sul terreno dei dibattiti riguardanti la valorizzazione degli sforzi che gli agricoltori dedicano alla loro industria, Lega agraria del nord e Lega agraria del Sud procedano nel più dei casi di accordo.
La Francia non ha mai avuto un partito agrario a sé. Tuttavia, la sua vita politica è permeata da un vigile spirito di difesa degl'interessi agrarî, determinato dalla grande diffusione che ha nella repubblica la piccola proprietà, dal substrato solido che questa con la sua operosità e col risparmio fornisce ad un regime di conservazione e di sviluppo del paese; onde tutti i partiti, all'infuori di quelli miranti al sovvertimento dell'ordine esistente, se ne fanno zelatori più o meno solleciti. Fondamento di tale sollecitudine è la protezione doganale; dottrina economica ed azione politica, della quale si fece banditore autorevole, già nell'ultimo quarto del secolo scorso, il Méline, che vide i suoi propositi fino da allora tradotti in atto e via via mantenuti saldamente.
Alle classi agrarie francesi la legge sui sindacati del 1884 sembrava dovesse dare organizzazione non solo professionale, ma tale che potesse volgersi in determinate contingenze ad azione politica. Così non fu; e i sindacati, i quali attendono a funzioni limitate di carattere economico, non agiscono, ora isolatamente, ora mediante il sindacato centrale, se non per esprimere voti, di cui il patrocinio è lasciato ai gruppi politici che siano disposti a farli proprî, o al governo che voglia accoglierli. Sono sorte grandi associazioni specializzate, riunenti i viticultori o i produttori di grano o quelli di barbabietola da zucchero o altri; ma anch'esse, nella loro attività, rifiutano di prendere parte diretta alle competizioni politiche.
L'idea, da alcuni vagheggiata in Francia, di costituire una lega di agricoltori analoga a quella tedesca non ha avuto, né può avere fortuna.
L'Inghilterra non è paese in cui possa trovare posto, nella vicenda dei tre partiti che si contendono il potere, un aggruppamento nuovo di carattere economico, il quale voglia fare da sé, o quanto meno tenda ad imporre la propria volontà a quei partiti. D'altro canto, l'agricoltura inglese, nel quadro dei grandi interessi dell'impero, si svolge in condizioni che la spingono verso la coltura estensiva, e ciò ne diminuisce la efficienza nel campo politico.
Gli agricoltori inglesi seguono il partito conservatore, anche quando la loro Union manifesta il proprio malcontento verso il governo che essi hanno contribuito a costituire, il quale è accusato di abbandonarli a fare da sé, schivo, come quello derivato da ogni altro partito, dall'adottare una politica di protezione doganale a favore dell'agricoltura, mentre pure dimostra d'inclinarvisi quando applica il safeguarding bill a favore delle industrie fondamentali.
È sorto, d'altro lato, nel seno del partito liberale, ad iniziativa del suo capo, Lloyd George, il proposito di una riforma agraria in grande stile per la divisione delle terre. Ma essa non riesce a scuotere l'opinione pubblica e neppure ad interessare le classi agricole, troppo rade e sparse da vedere nell'ardito disegno la possibilità di utili effetti.
Negli Stati Uniti di America da alcun tempo la massa cospicua degli agricoltori preme sui poteri politici, a causa delle condizioni peculiari - lasciando da parte il periodo della guerra mondiale - in cui si trova l'agricoltura rispetto all'industria; la prima infatti ritiene che la politica ferrea delle porte chiuse alla produzione di ogni altro paese, e la stessa politica finanziaria che, a causa dell'accumulo enorme di masse auree fa degli Stati Uniti i banchieri del mondo, determinino uno squilibrio fra essa e la rivale, il cui effetto è che l'agricoltura paga caro tutto quanto le occorre e vende troppo a buon mercato o addirittura sotto prezzo i prodotti.
L'agricoltura americana, con i suoi grani, col suo cotone, è sommamente esportatrice; e pertanto è preminente, nel pensiero delle classi che la rappresentano, il trovar modo, compito non facile da assolvere, che i prezzi delle derrate non abbiano a scendere sotto certi limiti.
Le Granges sono il nucleo più antico dell'organizzazione degli agricoltori americani. Esse hanno trovato il concorso di organi più direttamente attivi per l'attuazione dei piani, attesi dagli agricoltori, nel campo specialmente della cooperazione per la vendita dei prodotti del suolo. All'uopo va ricordata l'American Farm Bureau Federation per la concentrazione delle vendite del grano. Nei singoli stati funzionano altre organizzazioni, ugualmente tutte operanti al fine di accrescere valore ai prodotti del suolo. Particolarmente notevoli quelle della California per lo smercio delle frutta. Ma non si uscirebbe dal campo delle semplici attività di carattere economico, se non si ricordasse che il movimento agrario è riuscito a indurre ai suoi voleri il Senato e la Camera dei rappresentanti, in contrasto pure con la volontà suprema del presidente della Federazione, al quale la costituzione riserva il diritto di veto. È recente il voto delle due camere per la legge detta di sollievo dell'agricoltura - Farm Relief - o anche di Mac Nary Haugen, dal nome di chi la propose, intesa a creare un organo di stato che avrebbe dovuto avere la funzione di regolare i prezzi delle derrate sul mercato con la formazione di depositi, con sovvenzioni in forma di anticipazioni, di credito e altro. La legge fu approvata; ma il presidente Coolidge vi pose il veto, ed essa non ebbe seguito. Se non che, il dibattito non è chiuso, e il partito repubblicano, il quale ha sempre contato sul voto degli agricoltori, deve ora più che mai tenere conto dello stato d'animo di questi e seguirne, fin dove sia praticamente possibile, le aspirazioni.
Menzione particolare meritano i paesi che hanno adottato una legale riforma agraria a base di spartizione indennizzata delle grandi proprietà terriere esistenti. Tipica la Romania. Si comprende come provvedimenti di tanta mole, collegantisi con le vicende della grande guerra, la quale ha posto quel paese a lato degli stati vittoriosi, lo ha condotto ad un notevole ingrandimento territoriale e lo ha fatto saviamente riflettere sulla necessità di porre con un mezzo efficace, la formazione della piccola proprietà, un solido argine alla invadenza del vicino regime bolscevico, non potessero essere opera di un solo partito. L'anima stessa della nazione tutta vi cooperava, e perciò fu facile al partito liberale allora al potere, guidato da Giovanni Bratianu, compiere la riforma.
Era tuttavia naturale che l'assestamento di masse agrarie, portate dalla rudezza del lavoro alla condizione fortunata del possesso terriero, avesse per effetto di porre in evidenza bisogni nuovi, donde la formazione di un aggruppamento avente spirito agrario e assumente questo nome. Ciò è avvenuto in Romania; partito agrario di larghe aspirazioni democratiche, ma nel fondo conservatore e che non vuole trascurata nel suo programma e nelle sue forme di attività la difesa di ogni altro grande interesse, di ordine interno ed esterno, legato alle fortune del paese.
L'Italia, che, ad onore suo, può ricordare nei tempi fortunosi della preparazione della sua unità Camillo Cavour, ministro di agricoltura, e che, nel corso delle vicende politiche-parlamentari, dal 1859 a oggi, ha avuto al governo uomini insigni che all'incremento dell'economia agraria nazionale diedero fervore di opere, non fornì esempio a coalizione di agricoltori, all'intento d'influire sui pubblici poteri, se non nel periodo di poco precedente e in quello susseguente alla guerra. Allora il movimento socialista operava intensamente tra i lavoratori delle campagne, così da turbare, e spesso da interrompere, con lo sciopero, il normale ritmo delle imprese. Al che si aggiunse il movimento cristiano-sociale, il quale, in molte manifestazioni, non fu da meno dell'altro. Entrambi raccolsero non soltanto i braccianti, ma altresì i mezzadri e certe categorie di piccoli proprietarî. La coalizione dei conduttori di fondi, quando si pose ad agire sul terreno politico, non poteva evidentemente se non avere carattere di partito conservatore.
Sorsero qua e là gruppi, quasi esclusivamente da prima nell'Italia settentrionale. La guerra interruppe il movimento, che riprese a guerra finita, e diede luogo alla fondazione in Bologna, nel 1918, del Segretariato agricolo nazionale, e poi a quella in Roma, nel 1920, della Confederazione generale dell'agricoltura, raggruppante circa quattrocento associazioni locali. Fini principali della Confederazione furono la difesa della funzione sociale della proprietà. e con essa la tutela e l'incremento della produzione agraria. Essa funzionò da lega di resistenza contro gli scioperi dei lavoratori nelle campagne, diede cura a disciplinare il collocamento della mano d'opera, le assicurazioni sociali, a facilitare agli agricoltori i compiti di natura economica e finanziaria dipendenti dall'azione dello stato e delle pubbliche amministrazioni in genere. Originatasi con ciò un'organizzazione in paese, capace di portare alle urne una massa compatta di agricoltori, da quella venne a crearsi un partito agrario, che nelle elezioni generali del 1921 riuscì a mandare alla Camera dei deputati 27 proprî rappresentanti, i quali vi costituirono un gruppo a sé, indipendente da altri gruppi, che, per altro, in tutte le questioni, le quali direttamente non toccassero l'agricoltura, ma fossero d'indole generale politica, agiva in comunanza d'intenti con gruppi conservatori.
L'avvento del fascismo, come ha mutato profondamente con lo spirito del paese i suoi ordinamenti politici, così determinò una evoluzione rapida dell'organizzazione agraria come era sorta, e di conseguenza del gruppo che la rappresentava alla Camera. L'una e l'altro passarono al fascismo. Di più, va detto che il fascismo ebbe le sue origini nelle campagne italiane, particolarmente in alcune provincie del settentrione, dove costituì le sue prime falangi. La Confederazione generale dell'agricoltura fu uno dei centri attivi di preparazione degli avvenimenti che condussero ben presto il paese al fascismo, per virtù dell'uomo eccezionale, Benito Mussolini, che lo ideò e lo condusse alla conquista del governo. Il fascismo volle anche di poi che gli agricoltori trovassero nell'esplicazione della vigorosa sua attività l'impronta della cura costante degl'interessi della terra, sicché "ruralizzazione" è parola che frequentemente ritorna nelle dichiarazioni del Capo del fascismo, per affermare che l'Italia deve necessariamente seguire una politica che dall'agricoltura la conduca a trarre le maggiori sue fortune.
L'inquadramento sindacale, determinato da una legge fondamentale dello stato, la quale raggruppa i cittadini in categorie secondo che siano datori o prestatori di lavoro nell'agricoltura o nell'industria o nelle professioni o nelle arti, ha risolto in modo stabile e senza che di ciò si abbia esempio in altro paese, il problema della rappresentanza delle classi ai fini economici, con tutti i riflessi che, nell'àmbito del regime costituito, essi possono avere sull'azione dei pubblici poteri, primi quelli assegnati al parlamento, che esse contribuiscono, perché tali, a costituire. Non una categoria sola di agricoltori, ma tutte le categorie hanno la propria legale rappresentanza. Esse operano, secondo lo spirito e la forma della legge, sul terreno della conciliazione, anziché su quella del contrasto degli interessi, a salvaguardia della produzione. La Confederazione nazionale degli agricoltori fascisti e la Confederazione nazionale dei sindacati agricoli, raggruppanti la prima i conduttori di fondi, la seconda i lavoratori delle diverse categorie, stanno oggi a rappresentare le poderose organizzazioni che regolano il movimento delle masse agricole dell'intero paese.
Gli antichi aggruppamenti fuori e dentro del parlamento più non hanno ragione di esistere.
Riassumendo: la definizione di partito agrario, quale può essere data in senso astratto, è condotta a modificarsi nel rilievo e nell'apprezzamento delle condizioni nelle quali ciascun paese si trova di fronte alla sua agricoltura. Attività questa che è fondamentale per la vita dei popoli, e, mentre si svolge dovunque in funzione dei fenomeni economici e delle leggi che li regolano, è ovvio che debba, per volontà delle masse che vi hanno parte, o degli enti che le rappresentano, aver peso sul governo dei singoli paesi, e pertanto esercitare un'azione politica, talora come partito a sé, ma più frequentemente con la pressione su altri partiti politici: azione che trae la sua ragion d'essere dall'immanenza degl'interessi che legano un popolo alla sua terra.