partiti politici italiani
partiti polìtici italiani. – All'inizio del 21° secolo i processi in atto nelle due alleanze di partiti che si fronteggiavano sulla scena politica italiana hanno presentato andamenti opposti: mentre nel 2000 la coalizione di centrodestra, dominata dalle formazioni maggiori di Forza Italia (FI) e Alleanza nazionale (AN), con la nuova denominazione Casa delle libertà (CdL), avviava un processo di ricompattazione in seguito al ritorno dei Cristiani democratici uniti (CDU) nell'alveo della coalizione e alla ripresa della collaborazione con la Lega Nord, nell'Ulivo – la coalizione di centrosinistra maggioritaria in Parlamento – si accentuavano le spinte centrifughe. Le tensioni sorte tra i Democratici di sinistra (DS) e le diverse componenti centriste (Partito popolare italiano, PPI; Unione democratici per l'Europa, UDEUR; Rinnovamento italiano; I democratici) inducevano queste ultime a presentarsi con una propria lista, denominata La margherita, nelle elezioni politiche del 2001, e a mantenere insieme la coalizione anche dopo la scadenza elettorale trasformandola in un'organizzazione plurale, di carattere federativo. Anche all'interno stesso de I democratici si assisteva a una diaspora: nell'aprile del 2000 A. Di Pietro decideva di staccarsi e di rendere l'Italia dei valori (IdV) un partito autonomo, distinto da entrambi gli schieramenti maggiori. Dopo la vittoria nel 2001 del centrodestra – al quale si erano uniti anche il Nuovo partito socialista italiano (Nuovo PSI), costituito nel 2000 sotto la guida di G. De Michelis, e quanto restava del Partito repubblicano italiano (PRI) di G. La Malfa – e la formazione del governo Berlusconi si registrava un rafforzamento dell'assetto bipolare del sistema politico pur in presenza di una persistente frammentazione partitica tesa a minare entrambi gli schieramenti. La compattezza inizialmente manifestata dalla CdL – interessata anche da un processo di semplificazione interna, che portava nel dicembre 2002 all'aggregazione del Centro cristiano democratico (CCD), dei CDU e di Democrazia europea nell'Unione dei democratici cristiani e di centro (UDC), con segretario M. Follini – si incrinava nel tempo a causa di dissensi sorti nel corso dell'azione dell'esecutivo, che riportavano in superficie differenze di ispirazione e tensioni competitive tra i soggetti dell'alleanza. A sua volta la coalizione di centrosinistra doveva affrontare problemi di leadership e di frammentazione interna, aggravati dalla concorrenza tra le due principali componenti dell'alleanza, DS (con il nuovo segretario P. Fassino) e La margherita (quest'ultima trasformatasi in partito nel marzo 2002, con F. Rutelli come presidente, senza però l'apporto dell'UDEUR, rimasta organizzazione autonoma). Le incertezze e la demoralizzazione del vertice della coalizione creavano le condizioni perché tra militanti ed elettori del centrosinistra riscuotessero successo per tutto il 2002 appelli alla mobilitazione provenienti dall'esterno degli apparati di partito (il cosiddetto movimento dei girotondi), mentre anche la maggiore delle confederazioni sindacali, la CGIL, era portata ad assumere una funzione di traino nell'organizzazione di iniziative di contrasto dell'azione governativa. Nel periodo successivo R. Prodi tornava a prospettare un'aggregazione larga e pluralistica di tutte le forze in grado di riconoscersi in un progetto di alternativa al governo della CdL e nell'ottobre del 2004 prendeva così vita la Grande alleanza democratica, poi ribattezzata L'Unione, che otteneva una netta affermazione nelle elezioni regionali dell'aprile 2005. In vista delle elezioni politiche del 2006 Prodi proponeva inoltre che il candidato del centrosinistra alla guida del governo fosse designato con il metodo delle elezioni primarie, in modo che risultasse espressione di una scelta collettiva degli elettori, e non solo di un accordo tra partiti; nell'ottobre 2005 le elezioni primarie dell'Unione, novità assoluta in Europa, con una partecipazione di oltre 4 milioni di votanti, assegnavano a Prodi il 74% dei consensi. Dopo la sconfitta del centrodestra nelle elezioni regionali, il segretario dell'UDC Follini avviava un'iniziativa politica tendente a mettere in discussione la riconferma di Berlusconi come leader della CdL nelle elezioni politiche del 2006 e a bloccare la strada all'ipotesi, da questi avanzata, della costituzione di un partito unico dei moderati. Tale strategia, che tendeva a portare l'UDC a far valere la propria autonomia fuori della CdL, incontrava però l'opposizione di molti esponenti del partito, tra cui lo stesso presidente dalla Camera P. Casini, che restava l'autorità maggiore dell'UDC, e ciò induceva Follini a dimettersi dalla segreteria del partito (ott. 2005), alla quale gli subentrava L. Cesa. Le elezioni politiche svoltesi nell'aprile 2006 davano la vittoria con margini assai ristretti al centrosinistra e portavano alla formazione di un governo presieduto da Prodi. Indebolito dai contrasti interni, l'esecutivo aveva vita breve e nel 2008 si tornava al voto che sanciva la nuova vittoria del centrodestra. Nel frattempo in entrambi gli schieramenti erano stati avviati nuovi processi di aggregazione e ridefinizione delle alleanze che, se da una parte sembravano rafforzare il bipolarismo, dall'altra generavano spinte centrifughe destinate ad alimentare una nuova frammentazione politica. A sinistra, nell'ottobre del 2007, si era costituito il Partito democratico (PD), nel quale sono confluiti i Democratici di sinistra e La margherita. Il suo primo segretario è stato W. Veltroni, al quale è subentrato nel febbraio 2009 D. Franceschini e nell'ottobre successivo P. Bersani. Rutelli, che pure aveva contribuito alla fondazione del PD, non è restato a lungo nel partito considerato nei suoi equilibri interni troppo spostato a sinistra: nell'ottobre 2009 ne è uscito e ha fondato un suo movimento politico, Alleanza per l'Italia, aperto a intese con l'UDC di Casini. Le formazioni della sinistra più radicale (Sinistra democratica, SD; Partito della rifondazione comunista, PRC e Comunisti italiani), contrarie alla fusione nel PD nel dicembre 2007 hanno dato vita insieme ai Verdi alla federazione Sinistra arcobaleno, destinata a sciogliersi, però, dopo la sconfitta elettorale del 2008. Dalla sua dissoluzione sono nati due movimenti: la Federazione della sinistra, composta da PRC e Comunisti italiani, e Sinistra ecologia e libertà (SEL) nella quale sono confluiti SD, gruppi ecologisti e di sinistra, e l'ala di Rifondazione comunista uscita dal partito e guidata da N. Vendola, il quale ha assunto la direzione del movimento. A destra, invece, è stato avviato al principio del 2008 un processo di aggregazione di tipo federale tra FI e AN, destinato a consolidarsi nel marzo 2009, quando entrambi i partiti si sono sciolti per dar vita a un nuovo soggetto politico, guidato da Berlusconi, denominato Popolo della libertà (PdL). Contrasti interni, relativi alla gestione e alla linea politica del partito, hanno però indotto G. Fini, leader storico di AN, nel luglio 2010, a uscire dal PdL e a formare insieme ai suoi seguaci un gruppo parlamentare denominato Futuro e libertà (FeL) per l’Italia. L'uscita di Fini ha consolidato la già stretta alleanza Berlusconi-Bossi (Lega Nord) ma ha indebolito il governo che, con l'aggravarsi della situazione economica s'è dimesso nel novembre 2011 lasciando il posto al nuovo esecutivo tecnico guidato da M. Monti. PdL e Lega Nord hanno stentato a mantenere il consenso dell'elettorato anche in seguito agli scandali che nel corso del 2011-12 hanno travolto sia Berlusconi (costretto a farsi indietro e ad affidare la guida del partito ad A. Alfano) sia Bossi (sostituito nella leadership da R. Maroni) e hanno subito una pesante sconfitta nelle elezioni amministrative del maggio 2012. In questa occasione ha mostrato la sua debolezza anche il cosiddetto Terzo polo, prospettato da Casini, che ha promosso un'alleanza con le forze di centro; anche il centrosinistra, pur risultando sostanzialmente stabile, ha risentito della crescente crisi di legittimazione dei partiti e del diffuso clima di sfiducia verso la politica tradizionale avvertita, da larga parte dell'opinione pubblica, ormai del tutto avulsa dai problemi reali del Paese. Proprio per questo il trionfatore e la vera novità delle elezioni è stato il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che è riuscito a veicolare la domanda di partecipazione espressa dai comitati sorti intorno a rivendicazioni locali e sociali legate ai beni comuni, dando voce alle proteste contro le oligarchie dei partiti. Una conferma è venuta anche dalle elezioni regionali siciliane (ottobre 2012), nelle quali il Movimento 5 stelle ha conquistato il 14,9% dei consensi, primo partito nella regione. Grillo aveva cominciato a imporsi sulla scena politica all'inizio del 2000 con l'apertura di un blog, divenuto presto seguitissimo e che ha costituito la base della creazione di un movimento di protesta ispirato a legalità, ecologia e democrazia dal basso. Il movimento ha promosso iniziative provocatorie di piazza, numerosi atti di denuncia nei confronti della situazione politica italiana e ispirato molte liste civiche, trasformandosi nel 2009 in un movimento politico nazionale. Il vasto consenso incontrato ha fatto di Grillo l'icona popolare dell'antipolitica e ha suscitato in tutto il Paese e a livello trasversale un ampio e vivace dibattito che ha riportato l'attenzione sulle questioni della rappresentanza e dei costi della politica, avvertiti questi ultimi dai cittadini, in un periodo di crisi e ristrettezze, eccessivamente alti e fuori controllo. Le difficoltà nel raggiungere un accordo per modificare la legge elettorale in modo da permettere agli elettori la scelta dei candidati e l'esplodere di nuovi scandali relativi alla corruzione e all'uso improprio dei fondi pubblici ricevuti dai partiti hanno riproposto con forza, alla fine del 2012, le inadeguatezze di una classe politica che appare sempre più arroccata nella difesa dei propri privilegi, ingiustificati e vessatori, e hanno accresciuto ulteriormente le distanze tra i partiti tradizionali e la società reale.