particolato
s. m. – Minute particelle solide e liquide in sospensione in un gas. Si usa anche come sinonimo il termine aerosol. I p. dispersi nell’atmosfera sono di diversa origine, sia naturale sia antropogenica. Le sorgenti naturali più importanti sono le polveri, i vulcani, gli incendi boschivi e lo spray marino. I p. originati dalle attività umane, che tendono a crescere in percentuale rispetto alla quantità totale in particolare in ambito urbano, derivano principalmente dall’uso dei combustibili fossili nei veicoli e nelle centrali di produzione elettrica, dall'usura di pneumatici e freni di automobili e dell'asfalto stradale, e dalle combustioni per il riscaldamento domestico. La classificazione del p. atmosferico è generalmente fatta in termini di diametro aerodinamico. Una particella con un diametro aerodinamico di 1 micron (1 μm) si muove nell’aria come una sfera di densità 1g/cm3 di diametro pari a 1 μm. La notazione comunemente usata PM10 (Particulate matter 10) indica il p. di diametro aerodinamico inferiore o uguale a 10 μm (polveri sottili o fini), e analogamente per PM5 (≤5 μm), PM2,5 (≤2,5 μm) e PM1 (≤1 μm). Le particelle di diametro inferiore a 100 nm (≤0,1 μm) sono dette p. ultrafine (UFP, Ultra fine particles). Tutti i p. assorbono e diffondono la luce solare in percentuali che dipendono dal tipo di sostanze che li compongono e possono dunque avere un effetto sul clima cambiando la trasmissività dell’atmosfera alla radiazione solare. L’effetto complessivo in termini di riscaldamento o raffreddamento è un aspetto controverso a causa della complessità delle interazioni in gioco e del diverso comportamento dei vari tipi di particolato. Meno controverso è l’effetto sulla salute umana. Da questo punto di vista la principale discriminante è costituita dalle dimensioni del p.: le particelle più grandi sono filtrate nel naso e nel primo tratto dell’apparato respiratorio e non causano danni importanti. Le particelle più piccole, ossia le polveri sottili (PM10 e inferiori) riescono a raggiungere i bronchi, mentre l’UFP può passare dai polmoni all’organismo. L’inalazione di p. è stata collegata statisticamente a un aumento dell’incidenza di asma, cancro ai polmoni e malattie cardiovascolari. La normativa italiana sulla qualità dell'aria (d. lgs. 13 agosto 2010, n. 155) prevede, tra gli altri, limiti per la concentrazione di PM10 (50 μg/m3, in media giornaliera da non superare più di 35 volte in un anno) e di PM2,5 (25 μg/m3, in media annuale). Secondo il dossier di legambiente Mal'aria di città 2012, in Italia, nel 2011, 55 capoluoghi di provincia sono stati inadempienti (tabella).