PARTECIPAZIONE POLITICA
Con p.p. s'intende l'interesse, mostrato sia da singoli che da gruppi, a prender parte in modo diretto alla vita politica di una comunità o di uno stato, e nelle forme più diverse. Di regola essa connota comportamenti di collaborazione e d'intervento, e nel suo complesso, come fenomeno sociale, misura il grado di attività e d'interesse dei singoli a determinare le scelte e la volontà politica della comunità. Forme di p.p. sono sia l'iscrizione e l'appartenenza a organizzazioni politiche, sia un insieme di attività volte a influenzare la scelta del personale di governo a tutti i livelli (locale, regionale, nazionale) e le sue decisioni. Le attività che più comunemente definiscono la p.p. sono: votare; prendere contatti con i rappresentanti eletti e/o i dirigenti delle organizzazioni politiche; dare contributi in denaro alle organizzazioni politiche; intervenire ai comizi elettorali o ad assemblee politiche; prendere parte alle campagne elettorali; iscriversi a organizzazioni e/o partiti politici; firmare i referendum. A queste modalità classiche di p.p., di recente, se ne sono aggiunte di nuove, spesso a opera di cittadini che già partecipano secondo le precedenti modalità, forme definite eterodosse o non convenzionali.
Forme non convenzionali di p.p. sono: firmare petizioni; partecipare a dimostrazioni; aderire a boicottaggi; rifiutare di pagare le tasse; occupare edifici, fabbriche, terre; effettuare sit-in; bloccare il traffico. Alcune di queste forme sono legali, altre confinano con o sconfinano nell'illegalità. Spesso esercitate collettivamente, queste nuove forme di p.p. rimangono patrimonio di minoranze particolarmente attive, ma hanno comunque accresciuto e diversificato le modalità d'intervento di azione politica.
In tutti i paesi esistono differenze significative fra coloro che partecipano o non partecipano alla vita politica. La tesi classica in materia, formulata da A. Pizzorno (1966), è che l'individuo di status socio-economico elevato "ha una posta maggiore nella politica, ha capacità maggiori, più risorse, maggiore consapevolezza delle tematiche politiche, è più esposto a flussi di comunicazione che riguardano la politica, interagisce con altri individui che partecipano". Tutti gli autori concordano nel ritenere che è la ''centralità'' degli individui a favorirne la propensione a partecipare. E tale centralità è correlata con il possesso di un reddito elevato, di un buon livello d'istruzione, e di un'occupazione non manuale in aree urbane. Il fatto che, fino a tempi recenti, a godere di queste caratteristiche fossero più gli uomini che le donne, spiegherebbe lo squilibrio fra una p.p. relativamente alta dei primi e una relativamente bassa delle seconde.
Un potente correttivo per riequilibrare i vantaggi di posizione economica e di classe è costituito dall'esistenza di organizzazioni politiche (partiti e sindacati) che si propongano di coinvolgere nella p.p. individui di classe medio-bassa e popolare. Per quanto sia probabile che si ripetano differenze di status all'interno stesso di queste organizzazioni, il loro contributo risulta comunque decisivo nel ridurre nettamente le distanze fra i gruppi sociali, colmando la maggior parte degli squilibri.
Lo stesso livello di p.p. può essere fonte di squilibri. In società caratterizzate da bassi livelli di p.p., i governanti sentiranno minori vincoli di rappresentanza nei confronti dei governati e minore disponibilità alle loro richieste. In società con alti livelli di p.p., i governanti avvertiranno, invece, un maggior vincolo di responsabilità nei confronti dei cittadini e una maggiore disponibilità a un'ampia gamma di richieste politiche. Società ad alta partecipazione saranno, in generale, alquanto conflittuali.
Il quanto insieme di attività che esigono dai cittadini tempo, energie e risorse, la p.p. si presta anche a considerazioni paradossali. Solo se viene concepita come un'attività non soltanto a fini strumentali (l'elezione di un particolare candidato o l'approvazione di uno specifico provvedimento), ma anche come dotata di una componente di espressività sociale (fornire adesione e sostegno affettivo, condividere in comune con altri le condizioni di vita e le prospettive), la p.p. rivela appieno il suo significato. Trova così una ragione il paradosso di M. Olson (1965), secondo cui non è nell'interesse di nessun cittadino singolo partecipare per ottenere beni collettivi che non potrebbero essergli negati neppure senza il suo impegno diretto. Infatti, a prescindere dall'esito, chi partecipa trae soddisfazione proprio dalla sua attività. Ma è proprio l'entità della p.p. che, come ha notato A.O. Hirschman (1982), pone un dilemma sociale: una p.p. troppo alta comprime gli spazi della vita privata, provocando insoddisfazione; una p.p. troppo bassa impedisce di conseguire gli obiettivi desiderati e pone l'alternativa fra un ritiro nel privato, che genera frustrazione, e un maggiore impegno a scapito del privato, che genera insoddisfazione. Di qui, i cicli che si riscontrano nel coinvolgimento nella vita pubblica e il conseguente fenomeno del ''riflusso'', o disimpegno sociale. Questi cicli stanno forse alla base dei grandi periodi di trasformazione dei sistemi politici. Tuttavia, un'intensa p.p. è fenomeno ancora limitato a una minoranza di cittadini e, in tal senso, la cosiddetta ''democrazia partecipata'' è un obiettivo ancora ben lungi dall'essere raggiunto.
Bibl.: M. Olson, The logic of collective action. Public goods and the theory of groups, Cambridge (Mass.) 1965 (trad. it., Milano 1983); A. Pizzorno, Introduzione allo studio della partecipazione politica, in Quaderni di Sociologia, 15 (luglio-dicembre 1966), pp. 235-87; S. Verba, N.H. Nie, Participation in America. Political democracy and social equality, New York 1972; L. Milbrath, M.L. Goel, Political participation. How and why do people get involved in politics?, Chicago 1977; S. Verba, N.H. Nie, Jae-on Kim, Participation and political equality. A seven-nation comparison, Cambridge 1978 (trad. it., Bologna 1987); S.H. Barnes, M. Kaase e altri, Political action. Mass participation in five democracies, Londra-Beverly Hills 1979; M. Cotta, Il concetto di partecipazione politica, in Rivista Italiana di Scienza Politica, 9 (agosto 1979), pp. 193-227; A.O. Hirschman, Shifting involvements. Private interest and public action, Princeton 1982 (trad. it., Felicità privata e felicità pubblica, Bologna 1983); G. Pasquino, Partecipazione politica, gruppi e movimenti, in Manuale di scienza della politica, a cura di G. Pasquino, Bologna 1986, pp. 191-230.