parte
Ciascuno degli elementi in cui un intero è diviso o può essere diviso, sia che essi siano materialmente separati l’uno dall’altro, sia che possano essere soltanto considerati separatamente, per caratteristiche, funzioni, qualità proprie; in generale entità che insieme ad altre entità contribuiscono a formare un tutto. Nella Metafisica (V, 25, 1013 b 12-25) Aristotele individua diverse accezioni in cui il termine può essere utilizzato, definendo la p. come: (1) ciò cui giunge la divisione di una quantità (‘un numero minore è p. di un numero maggiore’); (2) ciò cui giunge la divisione di un genere diverso dalla quantità (‘le specie sono parti del genere’); (3) ciò cui giunge l’analisi di una proposizione che abbia valore di definizione (‘il genere è parte della specie’, in quanto, in questo caso, è la specie a essere definita dalla proposizione). Gli stoici concepirono la p. come una relazione (πρός τι; I frammenti degli stoici antichi, II, 80), definendola in rapporto all’insieme come qualcosa di diverso, ma non eterogeneo: («come una mano non è la stessa cosa dell’uomo nella sua completezza – l’uomo infatti non si riduce alla sua mano –, ma non è neppure eterogenea rispetto al tutto, perché l’uomo è pensato nella sua interezza solo quando è dotato di mano»); I frammenti degli stoici antichi, III, 75). La logica scolastica, mossa anche da esigenze teologiche, moltiplicò le accezioni in cui il termine può essere assunto: p. potenziale è, per es., «quella alla quale è presente il tutto secondo l’intera sua essenza, come l’intera essenza dell’anima è presente a ciascuna delle sue potenze» (Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, q. 90, a. 3). Il termine è venuto poi arricchendosi di significati sempre più tecnici fino alle soglie della modernità, perdendo però progressivamente di rilevanza con la messa in discussione dell’assioma per cui «la p. è minore del tutto», operata dalla matematica di fine Ottocento.