Vedi PARO dell'anno: 1963 - 1973 - 1996
PARO (v. vol. V, p. 961 e S 1970, p. 601)
Quarta isola delle Cicladi in ordine di grandezza, si estende per 195 km2 (241 con Antiparos).
L'elevazione montuosa centrale (724 m) digrada con pendii da ogni lato, disponendosi in prossimità delle coste in pianori ondulati e fertili; il fianco settentrionale del rilievo, costituito di gneiss e granito, è ricoperto da ampi strati di marmo, sfruttati, come è noto, già nell'antichità. In direzione SO si trova l'isola di Antiparos (anticamente Ώλίαρος), e l'isoletta disabitata di Despotiko. La principale città odierna, Parikia, posta su una profonda insenatura con un porto, sorge al di sopra dell'area dell'antica pòlis. Anche il porto settentrionale di Naoussa è circondato da antichi insediamenti.
Epoca neolitica. - Sulla piccolissima isola di Saliagos che originariamente era legata alla terraferma, dal 1960 è stato scoperto e scavato il più antico insediamento delle Cicladi.
Dal 4500 al 3500 a.C. è attestata la presenza di tre livelli di abitazioni con case rettangolari, focolari, ceramica, oggetti in ossidiana, due idoli in marmo e recipienti pure in marmo. Veniva coltivato l'orzo, allevate capre e pecore e praticata la pesca e la tessitura.
Epoca preistorica. - La «cultura Grotta Pelos» (3300-2500 a.C.), che costituisce il primo stadio della cultura delle Cicladi, è testimoniata a P. dalle necropoli di Plastiras (dodici tombe nei pressi di Naoussa), Kampos e Pyrgos: in quest'ultima località sono stati rinvenuti resti di un insediamento, di una costruzione rettangolare e di un'altra di tipo absidato, che tuttavia potrebbe anche appartenere al periodo successivo. Rare, invece, sono le testimonianze della «cultura di Keros-Syros» (2700-2200 a.C.) che si caratterizza per costruzioni più ravvicinate, spesso fortificate, come se ne incontrano a Pyrgos e Avyssos, nonché a Livadi sull'isola di Despotiko, ma raramente a Paro.
La «cultura di Phylakopi» (2400-2000 a.C.) è testimoniata da un insediamento di stile urbano sul «Kastro» di Parikia, una collina alta 15 m nei pressi dell'insenatura del porto, dove, su un'area estesa per 200 m2, nel 1900 O. Rubensohn portò alla luce una fitta serie di costruzioni che forse ricopriva l'intera collina, come farebbe pensare una seconda area di scavo ai piedi della stessa. Muri di pietre grossolanamente sbozzate, spessi 50 cm, aree lastricate o ricoperte di cocciopesto, finestre, soglie, resti di oltre duecentocinquanta recipienti rivelano un gruppo di ricche abitazioni, forse signorili. Un muro con andamento semicircolare, spesso 1 m, è stato rinvenuto 50 m a E, a un livello di 10 m di profondità. Esso circonda un ambiente rettangolare fornito di una porta e di una scala; evidentemente doveva costituire un «bastione» semicircolare, che fa pensare a una fortificazione dell'intero complesso. L'insediamento cicladico sul «Kastro» continuò a esistere fino al periodo miceneo e geometrico, come mostrano i pochi resti ceramici.
Periodo miceneo (1600-1100 a.C.). - In quest'epoca il fulcro abitativo si spostò a Koukounaries, vicino al porto di Naoussa, una ripida collina di granito alta 73 m, con una rocca fortificata, scoperta e scavata dal 1975 (D. Schilardi). Qui sono stati riportati alla luce gli ambienti a pianterreno di un piccolo palazzo, difeso verso S da una muraglia ciclopica, che nell'isola fungeva evidentemente da centro di potere della nobiltà micenea. Il complesso, dotato di molte stanze su una pianta di 26 x 36 m, disponeva di cantina, magazzini con numerosi pìthoi, ricchi oggetti in ceramica, arredi da bagno, suppellettili di bronzo e materiali decorativi in avorio; vi sono tracce anche di un piano superiore. Sul versante Ν della collina furono ritrovate tre camere funerarie. Dopo una fioritura nel XIII sec. a.C., l'acropoli fu distrutta nel XII e rimase abbandonata fino alla successiva ricostruzione nel X secolo.
Periodo geometrico. - Durante il X sec. a.C. Koukounaries venne rifondata da abitanti provenienti dall'Attica, come testimonia la ceramica coeva. Sull'altopiano, al di sopra del palazzo miceneo, si dispongono nuove abitazioni, divise da stretti vicoli. A S, un edificio rettangolare lungo 14,70 m, preceduto da una casa absidata protogeometrica, va interpretato probabilmente come sala ufficiale del signore o come tempio. Alla fine del periodo geometrico, verso il 700 a.C., fu abbandonato l'insediamento posto nella parte più alta della collina, e su due terrazze inferiori vennero costruite nuove abitazioni e un tempio dedicato ad Atena. Il tetto del grande òikos, che misura 6,4 x 9,5 m, era sorretto da due pilastri interni di legno; verso E si apriva la porta assiale, larga 1,7 m e con soglia in pietra. Sul muro occidentale del tèmenos antistante il tempio vi è un altare rettangolare che copre una struttura rotonda, probabilmente un altare più antico.
L'ampio porto di Naoussa è circondato da insediamenti che vanno dal periodo geometrico all'età arcaica. Nella penisola di Oikonomos, all'interno di una cinta muraria di c.a 100 m di diametro, rimangono mura di abitazioni disposte parallelamente fra loro, e tra di esse una grande casa absidata con vestibolo. Anche l'isoletta di Philizi, originariamente legata alla terraferma, e il promontorio di Kargadoura sulla costa orientale presentavano resti di insediamenti, come le colline di Sklavouna e Sarakinika.
Sui pianori della costa meridionale e ad Antiparos finora mancano tracce di insediamenti analoghi del periodo geometrico. Solamente in alcune grotte, la famosa «grotta d'oro» di Antiparos e altre due sul pendio E del monte presso Haghios Gheorghios, alcuni frammenti ceramici testimoniano attività probabilmente cultuali.
Nella prima età arcaica il centro abitativo di Koukounaries fu abbandonato pacificamente, forse perché la pòlis che si andava formando sulla costa occidentale attrasse la popolazione.
Ceramica geometrica di alta qualità proveniente dal «Kastro» a Parikia rivela che tale processo ebbe inizio nell'VIII sec.; in quello successivo la pòlis doveva essere pienamente sviluppata, stando alle testimonianze di Archiloco.
Epoca arcaica. - La città di P., sul luogo dell'attuale Parikia, le cui mura di cinta abbracciavano un'area di 53 ha, sufficiente per 10.000 abitanti, è circondata da una corona di santuari di montagna, alcuni dei quali molto antichi. A Ν era il Dèlion, risalente a epoca pre-greca, ove si veneravano Eracle, Apollo, Artemide e Atena; sul monte Kounados, nel Santuario di Zeus Hỳpatos posto a NE, si veneravano Afrodite e Ilizia; a E un'iscrizione fa presumere la presenza di un santuario dedicato alle Ninfe. Sulla cima di una collina, a SO, sorgeva forse il famoso Santuario di Demetra e Kore; su una terrazza inferiore della stessa altura si trovava il Tempio di Apollo Pizio al quale, nel IV sec. a.C. fu annesso un Asklepièion situato ai piedi della collina. L'acropoli, trasformata nel 1260 d.C. in castello fortificato dei Veneziani («Kastro»), alto 15 m, così vicina alla costa e gremita di santuari, costituiva il centro dell'area cittadina circondata da mura di forma semicircolare. A essa vanno aggiunti due santuari in grotte, la «Grotta di Archiloco» sul promontorio occidentale e la «Grotta delle Ninfe» sulla costa di Haghia Anna.
La doppia cinta muraria, spessa 2-3 m, è costruita con lastre di gneiss.
Le necropoli circondano la cinta muraria; tuttavia, sino a ora tombe del VII e VI sec. sono state riportate alla luce solo a E della Katapoliani (nel 1960 e in quell'occasione si trovò un pilastro a rilievi del VII sec.) e nell'area di un previsto centro culturale (1986). In base a questi scavi la ceramica «melia» ritrovata in gran quantità viene definitivamente riconosciuta come originaria di Paro.
Appartengono comunque all'ambito sepolcrale due lastre a rilievo, di avanzata epoca arcaica, decorate con una scena di lotta tra fiere e un banchetto funerario, che furono reimpiegate nel selciato dell'atrio della Katapoliani e attribuite da N. Kontoleon a un heròon di Archiloco (v. S 1970, p. 601).
Due sono i porti tramandati dalle fonti per P., uno aperto e uno più riparato. A Ν dell'acropoli una striscia di detriti e macerie si spinge nel mare per 200 m: forse si tratta dei resti della vecchia acropoli che si protendeva in avanti rispetto alla linea di costa. Quasi 500 m a E si trovano i resti di un molo sommersi dal mare, che dall'antichità è salito di c.a 3 m; in mezzo si pensa vi fosse l'antico porto. Nell'insenatura orientale, al di fuori della cinta muraria, va collocato il porto più aperto, di cui sono testimonianza ima diga frangiflutti posta all'estremità settentrionale dell'insenatura e alcuni magazzini, ora sommersi.
L'acropoli, abitata dal III millennio a.C., divenne, al più tardi nel VI sec., sede del santuario principale della città e dal 530 a.C. circa fu abbellita con templi di marmo.
Delle fondazioni del tempio A, probabilmente dedicato ad Atena Poliouchos, rimane ancora la parte orientale, con tre blocchi di marmo in situ: non si sono conservati la fronte occidentale e l'altare. L'edificio, largo 16,45 m, era esastilo anfiprostilo. Molte parti dell'alzato sono state riutilizzate nel castello veneziano e nella Katapoliani: stipiti e architravi della porta (c.a 3,78 x 6 m), gradini, ortostati, blocchi, basi di colonne e rocchi, travi da soffitto, nonché sime decorate di grondaie e tegole di marmo con i quali si può tentare una ricostruzione della fronte. Le pareti interne erano formate da blocchi più piccoli, senza rifiniture, da intonacare e forse talora anche da dipingere. L'edificio incompleto, è datato attorno al 530-520 a.C.
Un grande altare con guance e scala antistante, alcune parti del quale sono state riutilizzate nell'altare della Katapoliani, per le sue dimensioni viene attribuito in via ipotetica al grande tempio A, sebbene sia stato costruito più tardi, attorno al 500 a.C.
Inoltre bisogna considerare la famosa Nike di Paro, che fu trovata come acroterio centrale sul lato E dell'acropoli: essa dovette essere aggiunta all'edificio non ancora completo dopo l'occupazione da parte di Atene nel 480 a.C. Allo stesso modo una Atena Pròmachos, a grandezza naturale, della prima età classica, nel museo di P., potrebbe essere un'immagine di culto.
L'esistenza del tempio B, come secondo tempio tardoarcaico dell'acropoli, è stata supposta dalla riutilizzazione nel «Kastro» di suoi materiali costruttivi: stipiti e mensole di una sontuosa porta che apriva verso l'esterno, soglia e architrave di una relativa porta che dava sull'interno, nonché blocchi squadrati della parete della porta interna, spessa 74 cm e di quella esterna, profonda 83 cm. Si tratta probabilmente di un tempio in antis con colonne alte più di 5,25 m e con àdyton, che per il suo carattere ctonio si può attribuire al santuario, tramandato dalle fonti, della Κόρη ὲν ἂστει, ossia un secondo edificio di culto a Demetra e Kore oltre al Thesmophòrion posto fuori della città. La mensola della porta è tanto simile a quella del Thesauròs dei Sifni da accreditare l'esistenza di un'unica bottega, e quindi l'«esportazione» da P. a Delfi del Thesauròs.
Grazie alla riutilizzazione nel «Kastro» dello zoccolo inferiore di blocchi murari con modanature e di una soglia, si è supposta l'esistenza di un tempio C tardo-arcaico quale terzo edificio in marmo dell'acropoli. Il tempio, in antis, non era chiuso da normali porte a battenti, bensì da cancelli, quasi da sembrare un «tempio a vista», in cui dovevano essere visibili le immagini di culto e gli oggetti votivi.
Anche i templi Β e C avevano muri a doppio strato con piccoli conci scabri sulla parete interna, destinati a essere intonacati; non è possibile tuttavia ritrovare le relative fondazioni per il fitto addensarsi di costruzioni moderne sull'acropoli.
Il tempio D, pure di tarda età arcaica, è anch'esso in antis ma un po' più piccolo. È decorato con kymàtia ionici e lesbi, arricchiti da boccioli di loto sovrapposti e, a giudicare dai luoghi di ritrovamento delle sue parti architettoniche, cimase e un pilastro di porta, probabilmente faceva parte della città inferiore. A questi quattro templi ionici attestati va ancora aggiunta una serie molto varia di dieci capitelli di tipo votivo risalenti al periodo fra il 570 e il 500 a.C.
All'interno della città vanno inoltre localizzati almeno due edifici sacri tardo-arcaici di stile dorico, appartenenti a una tipologia specifica dell'architettura dorica, diffusasi nelle Cicladi verso la fine del VI secolo. Due capitelli attestano la presenza di un piccolo edificio dorico con colonne alte c.a 4 m; altri sette capitelli riutilizzati nella Katapoliani, nonché un architrave interno a essi pertinente, fanno ipotizzare l'esistenza di un tempio, provvisto di due ordini di colonne interne sovrapposte, come quello di Atena Aphàia a Egina.
Al di fuori della città il Dèlion fornisce l'esempio perfetto di un antico santuario, inizialmente privo di tempio e il cui centro era costituito da un altare in pietra dedicato ad Apollo, circondato da un tèmenoscomposto di piccole lastre di gneiss. Fra il 500 e il 480 a.C. vi si aggiunsero un tempio dorico in antis (5,95 x 9,83 m) con un nuovo altare, un edificio per banchetti con altri ambienti intorno, un nuovo tèmenosampio c.a 26 x 26 m e la residenza dei sacerdoti posta davanti all'ingresso. Si è conservata l'immagine di culto di Artemide, di grandezza doppia del naturale.
I santuari di Zeus Hỳpatos e di Afrodite posti sul monte Kounados, dei quali abbiamo attestazioni epigrafiche, erano chiaramente privi di templi. Sulla cima occidentale è rimasto un altare primitivo di roccia. Ilizia era venerata in una grotta con fonte sulle pendici meridionali, come illustra la produzione di rilievi votivi.
Fino a oggi non ê stato ancora ritrovato il Thesmophòrion, il santuario principale del culto di Demetra e Kore. G. Gruben ritiene che possa trovarsi sulla collina, alta 44 m, al di sopra del Pỳthion, dove sono stati rinvenuti un'iscrizione che menziona Demetra, un capitello votivo arcaico, un frammento di triglifo e anche oggetti di ceramica che vanno dall'epoca arcaica a quella ellenistica. Inoltre l'ubicazione della collina non contraddirebbe le indicazioni geografiche fornite da Erodoto (VI, 134).
Sul resto dell'isola sono attestati solamente due santuari arcaici: nei pressi del porto di Marmara ne sorgeva senza dubbio uno importante, non ancora riportato alla luce, a cui rinviano un cippo delimitante il tèmenos e un'epigrafe con il regolamento del tempio (IG, XII, 4, 108). Due capitelli relativi a colonne del diametro superiore di 37 cm e di 4 m circa di altezza, attestano la presenza di un piccolo edificio dorico, forse un propileo; altri due, del diametro di 44 cm, devono essere pertinenti a un tempio prostilo di maggiori dimensioni. Un altro santuario va cercato nelle vicinanze della chiesa di Haghios Ioannis sulla costa meridionale, dove con la ceramica del VII sec. sono state rinvenute la statua arcaica di una dea in trono e un'iscrizione relativa ad Artemide (IG, XII, 5, 215). G. Bakalakis interpreta la statua come Demetra, cosicché forse si trattava di un luogo di culto destinato a due divinità.
Sull'isola oggi disabitata di Despotiko sono stati rinvenuti due capitelli, tre triglifi, due gèisa, un rocchio di colonna e un blocco di un piccolo tempio tardo-arcaico, con colonne alte 4 m e distanti tra di loro 2 m (Ν. Zaphiropoulos).
Accanto all'attività edilizia locale ha avuto evidentemente un grande ruolo nella produzione artistica dell'isola l'esportazione di intere strutture edilizie in marmo. Oltre all'agorà di Siphnos ricordata da Erodoto e alla fronte del Tempio di Apollo a Delfi in marmo pario, sono stati eseguiti: l'orlo del tetto e gli acroteri del Tempio di Atena Aphàia a Egina, i thesauròi degli Cnidi, dei Sifni, dei Massalioti, dei Clazomeni e degli Ateniesi a Delfi, nonché quello dorico a Marmarià, a cui parteciparono anche botteghe di scultori di P., come rivelano alcuni dettagli tecnici.
Di conseguenza è nella seconda metà del VI sec. che dev'essere iniziato lo sfruttamento più intenso delle cave di marmo dell'isola.
Epoca classica ed ellenistica. - La conquista ateniese di P. da parte di Temistocle nel 480 a.C. sembra aver paralizzato l'attività edilizia nel V sec., ma non quella scultorea, come testimoniano alcune eccellenti opere del primo e dell'avanzato periodo classico, e inoltre l'esportazione delle statue di marmo per il Tempio di Zeus a Olimpia, indubbiamente sbozzate in cava.
Un architrave e alcuni elementi architettonici appartengono a un piccolo tempio ionico, ben decorato, del V sec.; della medesima epoca si è conservato pure un fianco di altare riccamente ornato. Dal Santuario di Zeus Eleuthèrios proviene un altare a triglifi largo almeno 4,7 m, della fine del V sec., i cui fregi sono stati riutilizzati come portale maggiore della Katapoliani.
Dall'inizio del IV sec. a.C. ricomincia una fase di maggiore attività edilizia.
Il Santuario di Hestia tramandatoci dalle fonti, che era al contempo il pritaneo della città, viene identificato con un interessante complesso architettonico degli inizi del IV sec.: nella Katapoliani, soprattutto nel battistero, si sono trovate molte parti di un peristilio ionico, gradini, colonne, una trabeazione, parte del cornicione, di una sima, blocchi, zoccoli profilati, e altri frammenti di decorazione architettonica e inoltre un'abside, un altare a parete, un muro divisorio e due iscrizioni pertinenti al complesso, che rendono possibile ricostruire idealmente un edificio fornito di peristilio e ambienti circostanti, con una fronte pronunciata. Si può supporre che nell'abside si trovasse la statua di culto di Hestia attribuita a Skopas, che Tiberio trasferì a Roma nel 6 a.C. Una costruzione a pianta circolare (diam. 3,73 m), con fregio dorico e tetto in marmo, all'interno della quale correva tutt'intorno una banchina, sembra essere stata eretta nella seconda metà del IV sec. a.C. all'interno del peristilio per conservare il fuoco sacro della città. Essa venne riutilizzata nel XIII sec. come abside di cappella della cittadella veneziana.
Nella prima metà del IV sec. sulla terrazza del Tempio di Apollo Pizio fu costruito un nuovo edificio templare, probabilmente un esastilo anfiprostilo dorico, di cui sono conservati i blocchi relativi a mura e gradini, le ante, rocchi di colonne e capitelli, un triglifo e un gèison. La maggior parte di tali reperti è stata ritrovata sparsa al suolo oppure riutilizzata nella terrazza dell’Asklepièion. Il tempio fu distrutto nel II o I sec. a.C.
Un santuario di Atena Pontìa è attestato da un cippo, mentre altri culti della città sono testimoniati da iscrizioni con dediche a Eracle, Dioniso, Posidone, Hermes e ai Dioscuri.
Stando al materiale rinvenuto, l’heròon di Archiloco va posto 1,5 km c.a a NE della città, lungo la via fiancheggiata da tombe, presso la basilica in località Tris Ekklesies. Se i due rilievi arcaici attribuitigli da N. Kontoleon (v. S 1970, p. 601, fig. 597) appartengono veramente all’heròon, vorrebbe dire che già nel VI sec. vi era una costruzione funeraria piuttosto grande. Anche una sfinge su colonna di età arcaica va probabilmente attribuita alla tomba del poeta. Il capitello ionico venne aggiunto attorno al 350 con un epigramma funerario e una nuova statua; in quell'epoca la colonna era posta sicuramente vicino alla tomba. Nella basilica di Tris Ekklesies sono stati riutilizzati sessantatre frammenti architettonici, a partire dai quali A. Ohnesorg è riuscita a ricostruire integralmente un edificio prostilo dorico di tarda età classica, che poggiava su uno zoccolo, era privo di tetto e che viene interpretato come un heròon.
Due lastre con Inscrizione di Mnesiepes» riferiscono attorno al 250 a.C. della fondazione di un heròon in onore di Archiloco. Nel I sec. a.C. seguono altre tre lastre con l'iscrizione di Sosthenes, che consacra anche un rilievo del poeta. Kontoleon ipotizza l'esistenza di un ginnasio legato all’heròon, ma del quale finora non è stato possibile ritrovare alcun tipo di riscontro.
Sul resto dell'isola nel V e nel IV sec. a.C. l'attività edilizia sembra sia stata ridotta, a confronto dell'enorme attività della pòlis di Paro: fu edificato soltanto un tempio períptero di stile dorico tardo-classico, nel santuario già attestato nel VI sec. presso Marmara.
Nei pressi della chiesa di Panaghia Septembriani furono rinvenuti quarantanove rocchi di colonne e altre parti del tempio parzialmente incompleto su colonne molto sottili (altezza c.a 6,15 m = 6-7/8 del diametro inferiore). Due basi ioniche del V sec. dimostrano l'esistenza presso Marmara di un altro edificio sacro, più piccolo.
Un edificio cultuale di modesto rilievo (11 x 7,5 m) è stato scoperto presso Chalasmata a Ν dell'isola.
Al più tardi nel IV sec. nelle cave di marmo fu adottata l'estrazione sotterranea di marmo più puro, la lychnìtes, come mostra un rilievo con ninfe di tarda età classica presso l'ingresso della galleria. Oltre a questa un'altra galleria segue obliquamente verso il basso la vena litica ed entrambe si congiungono sottoterra.
Ellenismo. - A P. nel III e II sec. a.C. l'edilizia pubblica conosce un ampio sviluppo. Un complesso con sale molto spaziose in stile dorico del III sec. è da attribuirsi, per le sue dimensioni, a un’agorà; le colonne (alte 5,20 m) e gli architravi sono stati reimpiegati in gran quantità nel «Kastro» e nella Katapoliani. Da sessanta architravi (lunghi 2,57 m) che si sono conservati, si può supporre l'esistenza di una sala lunga più di 140 m, che abbracciava una piazza almeno su due lati. Misure e forme architettoniche corrispondono ampiamente a quelle del mercato di Naxos, costruito evidentemente dalle stesse Maestranze di Paro. L'ubicazione esatta di tale complesso è ignota, ma va cercata comunque nelle vicinanze del primo porto dell'isola, quello più aperto.
Un altro complesso tipologicamente analogo, con colonne alte 3 m c.a, reca sui cinque architravi rimasti iscrizioni ellenistiche abrase in età imperiale con nomi, forse di efebi; l'edificio fu restaurato durante l'epoca imperiale e sembra che si tratti della palestra del ginnasio attestato dalle fonti, di cui si è mantenuta pure un'anta di età ellenistica, anch'essa con iscrizioni di età imperiale che menzionano i nomi di alcuni efebi.
Dello stadio e dell’agoranomèion, pure citati nelle fonti, non sono rimaste tracce. Invece del teatro, che si suppone sorgesse sul versante NO dell'acropoli, oggi eroso dal mare, testimoniato prima del 206 a.C., si conservano pressoché integralmente quasi duecentocinquanta lastre di rivestimento delle gradinate, undici sedili della proedrìa e alcune colonne del proscenio, quasi tutte riutilizzate nella Katapoliani. La proedrìa si trovava fra la sesta e la decima fila di sedili.
Di un più piccolo edificio coperto, del IV-III sec. a.C., con otto file di gradinate a semicerchio per c.a 190 posti, probabilmente un bouleutèrion, rimangono alcuni scalini, riutilizzati nel c.d. edificio absidato.
Verso la fine del IV sec., sotto la terrazza del Pỳthion, presso una fonte, venne fondato l'Asklepièion, completato nel III e riportato alla luce da Rubensohn nel 1898. Dapprima di fronte alla parete di roccia con la fonte annessa venne eretto un edificio porticato lungo 34 m, oppure un cortile con locali tutt'intorno. Nel III sec. la zona fu risistemata: un cortile di 23,5 x 14 m per pratiche di culto fu delimitato a Ν e S da un porticato a colonne doriche. Vani profondi 5,5 m (per il sonno sacro), erano annessi ai suoi lati corti preceduti ognuno a E e O da un pronao aperto, fornito a O di sette pilastri di forma ottagonale.
Nella parte centrale del cortile si trovano le fondazioni di un altare, di fronte a esso la nuova fonte, ai suoi lati due absidi, che è probabile contenessero le immagini di culto di Asklepios e Igea.
Un capitello d'angolo in stile ionico e un architrave testimoniano la presenza di un piccolo tempio prostilo ionico ornato con eleganza, dalle colonne alte c.a 4,20 m.
Resti di muri di un edificio più grande, forse pubblico, sono state trovate nel luogo detto «Tholos», sul quale in tarda età romana sorsero abitazioni private. Nel corso di scavi occasionali all'interno della cerchia cittadina è stato rinvenuto un fitto quartiere residenziale abitato a partire dall'età ellenistica.
Nella necropoli a Ν della Katapoliani furono riportate alla luce numerose tombe su basamento, un tipo peculiare a P. nel III-II sec. a.C., in cui una struttura sottostante di blocchi con ante d'angolo e cornice sorregge un sarcofago con coperchio a forma di timpano; sul «tetto» della tomba è disposta una base con i busti dei defunti. Finora se ne contano tredici esemplari.
Nella campagna, come nelle altre Cicladi, c'erano fattorie fortificate munite di una possente torre di difesa. Presso Naoussa se ne conserva una, con l'entrata coperta a volta. Altre due torri distrutte sono state individuate sulla costa SE presso Dryos.
Età imperiale romana. - Nonostante il benessere prodotto dall'esportazione del marmo, pochi edifici nuovi furono costruiti in età romana. La densità dell'edilizia abitativa nella pòlis è attestata da piccoli scavi-campione e dal quartiere residenziale presso «Tholos». Anche le necropoli a oriente e occidente della città furono ancora usate, spesso riutilizzando sarcofagi più antichi.
Una costruzione importante, da situare attorno al 300 d.C., si trovava sotto la Katapoliani. Sotto la navata centrale si estendeva un grande mosaico pavimentale con la raffigurazione delle fatiche di Eracle (oggi nel cortile del museo) simile a quello conservato solo in maniera frammentaria nel battistero. I mosaici proseguivano ancora più avanti, a S della chiesa: lo scopritore (Orlandos) pensò a un ginnasio, ma i soggetti dei mosaici si addicono maggiormente a una villa urbana.
All'estremità orientale dell'insenatura del porto tratti di muri, per un'area di c.a 40 x 24 m, sono sommersi dal mare: probabilmente facevano parte di un magazzino portuale.
All'estremità settentrionale della stessa baia, lungo il pendio della costa, si trova un grande edificio privo di finestre, costituito da una sala con un'abside a gradini disposta sul lato N, predisposta forse per l'esposizione di statue. Nonostante i muri raggiungano lo spessore di 6 m, la sala non era coperta a volta e perciò è da ritenersi incompiuta. Si può supporre che si trattasse del ninfeo di una villa marittima di epoca tardo-antica non portata a termine.
Lo sfruttamento delle cave di marmo crebbe enormemente nell'età imperiale. I segni degli scavi e i mucchi di detriti si estendono per 2 km lungo le due valli dei monasteri di Thapsanis e Haghios Minas. Una galleria larga e profonda più di 10 m a S del villaggio di Marathion permette di riconoscere tutte le fasi dell'estrazione della pietra. Le indagini sul marmo di P. e Naxos sono state avviate nel 1981 dal geologo K. German e dal chimico H. Knoll.
Epoca paleocristiana. - Di questo periodo sono rimasti due notevoli complessi religiosi. La Katapoliani, un gruppo di tre chiese con cupole a croce del VI sec. (Panaghia; Haghios Nikolaos; il battistero con un atrio antistante), ha una fase precedente, di cui A. Orlandos ha scoperto quattro colonne che poggiavano sul ben conservato mosaico di Eracle. Queste colonne furono tagliate per essere utilizzate in un edificio di età giustinianea, costituito da una basilica a tetto piano e tre navate, di cui quella centrale misurava 8,20 m di lunghezza. Poiché nella chiesa giustinianea furono riutilizzati un trono vescovile e un ambone del V sec., la prima basilica andrà datata in quest'epoca.
Un chilometro e mezzo a NO della città si trova l'imponente rovina, riportata alla luce nel 1960 (Orlandos), di una basilica a tre navate lunga 24 m con nartece e atrio, risalente al V-VI secolo.
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