parlamento
Ricorre una volta nelle Rime, una nella Commedia; è comune nel Fiore (6 esempi). In If XXVIII 88 l'espressione farà venirli a parlamento seco vale " li farà venire a parlamentare con lui ". A Rime LXXXIII 50, dove si parla di coloro che ne' par lamenti lor tengono scede, Barbi-Pernicone notano che p. " si dicevano i discorsi ufficiali che si tenevano in pubblico in occasione di elezione a cariche pubbliche ". Nel Fiore prevale il significato di " ragionamento ", " discorso ", corrente nei testi antichi: Molti d'assempri dar te ne potrei, / ma troppo saria lungo parlamento (CLXII 2; cfr. Roman de la Rose 13264 " Mil essemples dire en savraie, / mais trop grant conte a faire avraie "); Allor sì fecer fine al parlamento (CXCVIII 1; cfr. Rose 14679 " Leur paroles atant faillirent "). In XXXVI 10 e XLVII 2 ricorre l'espressione ‛ tener p. ', " ragionare ", " discutere ".
Indica più esattamente l'esposizione di un ambasciatore in XIV 1 Pietà cominciò poi su' parlamento (cfr. diceria, XIII 1), mentre in LXXXIII 1 ‛ far p. ' vale " tenere consiglio ", " discutere pubblicamente " (cfr. Rose 10681-82 " Quant il ot sa raison fenie, / Conseilla sei la baronie ").