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PARKER, Charles Christopher, detto Charlie

di Antonio Lanza - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)
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PARKER, Charles Christopher, detto Charlie

Antonio Lanza

Altosassofonista statunitense di jazz, nato a Kansas City il 29 agosto 1920, morto a New York il 12 marzo 1955. Incominciò giovanissimo a suonare il sassofono; nel 1937 entrò nell'orchestra di Jay McShann, con cui incise Swingmatism e Hootie blues (1941; ma la sua prima registrazione è il brano Body and soul, realizzato privatamente senza accompagnamento nel 1937). Trasferitosi a New York, a fianco di D. Gillespie, T. Monk, C. Christian e K. Clarke, creò il be bop, lo stile che rivoluzionò il jazz, segnando la nascita del jazz moderno.

Fece parte quindi delle orchestre di E. Hines (1943) e di B. Eckstine (1944). Tra il 1944 e il 1945 incise i primi manifesti del bop, le registrazioni con Gillespie (Groovin' high, Dizzy atmosphere, Salt peanuts, Hot House, Now's the time, Billie's bounce, Koko, ecc.), che suscitarono scalpore nel mondo del jazz per le innovazioni armoniche e ritmiche. Ancora con Gillespie suonò a Los Angeles ed entrò a far parte del Jazz at the Philarmonic, ideato dall'impresario N. Granz, che riuniva i più grandi solisti dell'epoca, esponenti di stili anche molto diversi. Con questa formazione di all stars nel 1946 incise I can't get started e JATP Blues. Partito Gillespie, P. fondò in California un proprio gruppo (ne facevano parte il trombettista M. Davis, il tenorsassofonista Lucky Thompson e il pianista Dodo Marmarosa), con cui registrò Moose the Mooche, Yardbird suite, Ornithology e Night in Tunisia. Quindi con un altro combo, il cui solista più rappresentativo era il trombettista H. McGhee, incise una versione di Lover man, fallosa in quanto P., devastato dall'abuso di droghe e alcool, mancò l'entrata, ma considerata giustamente uno dei documenti più alti e ricchi di pathos della sua arte. Dopo un'interruzione dell'attività, dovuta a gravissime condizioni di salute, riprese a incidere nel 1947, e registrò in quartetto, col pianista E. Garner, Bird's nest e Cool blues; quindi, con un settetto comprendente McGhee, Marmarosa, il tenorsassofonista W. Gray, il chitarrista B. Kessel, il bassista R. Callender e il batterista D. Lamond, altri quattro pezzi: Relaxin' at Camarillo, Cheers, Carvin' the Bird e Stupendous. Lasciata la California, Bird (così ormai veniva comunemente chiamato) ritornò a New York, dove fondò un nuovo quintetto (con Davis, B. Powell e quindi D. Jordan al piano, T. Potter al basso e M. Roach alla batteria) e registrò brani celeberrimi, come Donna Lee, Chasing the Bird, Cheryl, Buzzy, Dexterity, Bird of Paradise, Embraceable you, Bird feathers, Klactoveedsedstene, Scrapple from the apple, My old flame, Out of nowhere, Don't blame me e, con l'aggiunta del trombonista J.J. Johnson, Bird feathers, Quasimodo e Crazeology; inoltre, al sax tenore, Milestones e Half Nelson.

Il biennio 1947-48 fu il più fecondo per P., divenuto ormai, con Gillespie, il solista più ammirato del mondo. Col quintetto (nel quale in un secondo tempo il pianista J. Lewis e il bassista C. Russell sostituirono Jordan e Potter) registrò fra l'altro Another hair-do, Bluebird, Parker's mood (da molti indicato come il suo capolavoro), Perhaps, Marmaduke, Steeplechase. Nel 1949 fece la sua prima tournée in Europa, esibendosi alla Salle Pleyel di Parigi. Tornato in patria, suonò a lungo al Birdland, un locale di Broadway così denominato in suo onore. Nel frattempo aveva firmato un contratto con la Verve, per la quale negli anni 1948-54 incise altri brani di gran qualità, tra cui Bloomdido, Mohawk e An Oscar for Treadwell (con Gillespie, Monk, Russell e B. Rich), Au privave, Blues for Alice, Swedish schnapps, Laird Baird, Kim, Chi-chi e una nuova versione di Now's the time. Una menzione a parte meritano le incisioni effettuate con una grande orchestra d'archi: vi figurano alcuni tra i suoi più intensi assolo, come quello in Just friends. Nel 1950 P. tornò in Europa, ma in condizioni fisiche e mentali ulteriormente aggravate. Il suo ultimo concerto, di cui possediamo la registrazione, fu nel maggio 1953 alla Massey Hall di Toronto, con il miglior complesso della storia del jazz: un quintetto comprendente Gillespie, Powell. C. Mingus e Roach. All'inizio del 1954, la notizia della morte della figlioletta lo indusse a tentare il suicidio e rese particolarmente doloroso il suo ultimo anno di vita.

Impareggiabile interprete di ballads e di blues, P. è il più audace esploratore del campo tonale; egli basa le improvvisazioni, preferibilmente condotte su schemi armonici elaborati, su continue variazioni di registro, che palesano una tecnica eccezionale dello strumento. Il suo fraseggio nervoso, isterico, ma nel contempo altamente lirico, che si accompagna a pause dense di significato, il suo sound asciutto e privo di vibrato, hanno costituito il punto di riferimento primario per i musicisti del jazz moderno.

Gli sono stati dedicati vari film, tra cui Bird now di M. Huraux (1987) e Bird di C. Eastwood (1988).

Bibl.: L. Feather, Inside be-bop, New York 1949; A. Hodeir, Hommes et problèmes du jazz, Parigi 1954 (trad. it., Milano 1958); M. Harrison, C. Parker, in Jazz: new perspectives on the history of jazz, a cura di N. Hentoff e A. McCarthy, New York 1959; Id., C. Parker, Londra 1960 (trad. it., Milano 1961); R.G. Reisner, Bird: the legend of C. Parker, New York 1961; F. Fayenz, I grandi del jazz, Milano 1964; R. Russell, C. Parker and Dizzy Gillespie, Londra 1965; J.G. Jepsen, A discography of C. Parker, Copenaghen 1968; R. Russel, Jazz style in Kansas City and the Soutwest, Berkeley-Londra 1971; J.E. Berendt, Das Jazzbuch von Rag bis Rock, Francoforte 1973 (trad. it., Milano 1979); T. Owens, C. Parker: technique of improvisation, tesi di laurea, University of California, Los Angeles 1974; A. Polillo, Jazz -La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, Milano 1975; R. Capasso, C. Parker, in Grande enciclopedia del jazz, a cura di A. Mazzoletti, Milano 1982, iii, pp. 1100-05; B. Prestley, C. Parker: selected discography, Turnbridge Wells-New York 1984; I. Gitler, Swing to Bop: an oral history of the transition in jazz in the 1940's, New York-Oxford 1985; G. Gidding, Celebrating Bird, New York 1987.

Vedi anche
Gillespie, John Birks, detto Dizzy Trombettista, compositore e direttore d'orchestra di jazz statunitense (Cheraw, Carolina del Sud, 1917 - Englewood, New York, 1993). Dopo aver militato in numerose orchestre (C. Calloway, B. Eckstine, ecc.), nel 1944 Gillespie, John Birks, detto Dizzy formò un suo quintetto, tra i primi e più significativi ... Roach, Maxwell, detto Max Batterista statunitense (New York 1924 - ivi 2007) afroamericano. Dal 1942 partecipò a New York alla temperie creativa che diede origine al be-bop. Suonò con D. Gillespie, Ch. Parker, M. Davis. Dal 1954 fu a capo di un suo quintetto e, negli anni Sessanta, aderì in chiave personale alle avanguardie jazzistiche, ... be-bop Termine gergale, di origine onomatopeica, indicante lo stile jazzistico sorto a New York nei primi anni 1940 a opera di C. Parker, D. Gillespie, K. Clarke, T. Monk e B. Powell. Rinnovò radicalmente gli elementi formali dell’improvvisazione jazzistica, contrapponendosi alla banalizzazione commerciale ... Earl Kenneth Hines Hines ‹hàinʃ›, Earl Kenneth. - Pianista statunitense (Duquesne, Pennsylvania, 1903 - Oakland 1983). Creò il primo stile pianistico originale nella storia del jazz, ispirato al fraseggio della tromba (trumpet style), con particolare riferimento al linguaggio di L. Armstrong, col quale Hines, Earl Kenneth ...
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    Sassofonista afroamericano (Kansas City 1920 - New York 1955). Dopo aver suonato con Jay McShann e in altre orchestre minori, dal 1942 si stabilì a New York, partecipando in varî locali alle sperimentazioni collettive da cui nacque il movimento be-bop e con esso il jazz moderno, di cui P. fu pioniere ...
Vocabolario
détto
detto détto agg. e s. m. [lat. dĭctus, dĭctum]. – 1. In funzione di participio, oltre agli usi di dire, sono da notare le frasi: è presto d., si fa presto a dire, non è cosa tanto facile come sembra; propriamente d.; così d. (v. cosiddetto);...
détta
detta détta s. f. [der. di dire, part. pass. detto]. – 1. Atto del dire, cosa detta, nella locuz. a detta di ..., a detta sua e sim., cioè «secondo ciò che dice ...»: a detta di tutti; a detta di chi se ne intende; a detta degli esperti....
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