PARISIO di Benvenuto da Altedo
PARISIO di Benvenuto da Altedo. – Nacque intorno al 1247, o poco prima, ad Altedo, a pochi chilometri da Bologna, dove il padre Benvenuto Brexanus si era trasferito in seguito al bando imperiale di Federico II, che aveva provocato una forte migrazione dalle città lombarde verso Bologna.
Il padre Benvenuto è elencato insieme a Parisio nell’estimo del 1317 tra coloro che in tale anno risultavano morti; non si conosce l’anno in cui Benvenuto si stabilì ad Altedo, ma un certo Paulus, anch’egli Brexanus, è registrato nel libro dei fumanti del 1256 e nell’estimo del 1306 compaiono tre nuclei familiari a cui Benvenuto potrebbe essere riconducibile.
Il 27 giugno del 1272 Parisio sostenne a Bologna l’esame per ottenere la licentia exercendi, indispensabile per esercitare l’attività notarile. Nel 1283 il suo nome era compreso nella matricola dei notai: Parisio era allora residente nel quartiere di Porta S. Pietro e nella cappella di S. Maria di Mascarella; l’anno seguente ricoprì, per tutto l’anno, la carica di notaio della Società dei Notai, nonostante questa carica, come tutte le cariche comunali, avesse una durata semestrale. Nel primo semestre del 1285 fu notaio di Pace da Saliceto, preconsole della Società dei Notai, sottoscrivendo alcuni atti come notarius imperiali auctoritate, e in pochi anni raggiunse un ruolo di primo piano tra i notai bolognesi. Nei primi sei mesi del 1287 ricoprì una carica pubblica esterna alla Società dei Notai: fu nominato consiliarius populi, cioè rappresentante delle Società d’arti e d’armi nel governo cittadino. La nomina a questa carica, che poteva essere assunta soltanto all’età di quarant’anni, oltre all’indicazione dell’anno in cui diventò notaio, il che non poteva avvenire prima dei venticinque anni, confermano la presunta data di nascita.
Sicuramente Parisio da Altedo era all’epoca il personaggio più rilevante della sua comunità, unico, insieme al suo collega, pure notaio, Deolay Tacussus, a essere considerato civis, cioè cittadino, al contrario degli altri altedesi che erano considerati comitatini, cioè abitanti del contado. Il suo status di cittadino è confermato anche dell’esito di un processo intentatogli sulla questione che, nel 1302, gli fu favorevole. Infatti i Patti di Altedo del 1231, stipulati fra Bologna e quella comunità, stabilivano che il Comune di Bologna avrebbe dichiarato gli altedesi immuni per trent’anni dal pagamento delle bollette e delle tasse sui buoi, e promettevano di considerarli, alla fine di questo periodo, sicut cives, a parte il pagamento di 300 lire all’anno, dovute in perpetuo per le terre e i diritti concessi.
Nel 1288 Parisio riprese la sua attività all’interno della Società dei Notai, in qualità di notaio del preconsole, e fu sempre grazie alla sua qualifica di notaio che nello stesso anno il suo nome compare con il titolo di dominus fra gli ammessi alla cittadinanza piena. In quegli anni sostenne attivamente a Bologna la pars populi: infatti, sempre nel 1288, come si legge negli statuti cittadini di quell’anno, gli vennero riconosciuti i privilegi destinati a quelli che si erano particolarmente distinti nella lotta contro i Lambertazzi.
Ormai ben inserito in città sia dal punto di vista professionale sia da quello politico, Parisio iniziò a dedicarsi all’insegnamento. Nel 1293, in qualità di magister, cioè come insegnante delle artes (grammatica, retorica, filosofia) – il titolo di doctor, come è noto, era privilegio dei docenti di diritto –, prese in affitto per la durata di un anno una casa, per tenervi una scuola e un ospizio per studenti nel quartiere di Porta Stiera, in prossimità della cappella di S. Martino de’ Caccianemici (Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei Memoriali, vol. 85, c. 416v). Il contratto stipulato da Parisio rientrava perfettamente nella tipologia dei rapporti fra docenti e studenti: la societas instauratasi fra maestro e discepoli durava per il periodo concordato delle lezioni, cioè un anno, per poi sciogliersi ed eventualmente riformarsi con nuovi allievi l’anno successivo. Si trattava sicuramente di una scuola privata, cioè non legata allo Studium cittadino, infatti il nome di Parisio non compare come docente in nessuno degli elenchi ufficiali dei professori dello Studium. Il suo nome compare invece come patronimico del figlio Paolo, doctor notarie, accanto a quello di Pietro Boattieri, anch’egli doctor notarie, nella riformagione del 3 luglio 1307 con cui il Consiglio del Popolo approvò i docenti richiesti dagli studenti e quelli proposti dagli anziani.
Sicuramente nel 1296 Parisio teneva ancora la scuola di ars notaria in prossimità della cappella di S. Martino di Caccianemici, dove probabilmente abitava, come risulta nell’estimo da lui presentato nel 1296-97 (Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei riformatori degli estimi, serie II, b. 5/a, Porta Piera, S. Maria di Mascarella, doc. 302). Da questa interessante, e a tutt’oggi inedita fonte, apprendiamo anche che Parisio era stato emancipato dal padre più di dodici anni prima, dunque verso il 1283, e che era sposato con «domina Juliana filia quondam domini Michaelis Lamandine», da cui ebbe più figli, fra cui Paolo, che alla data dell’estimo (1296) ancora viveva con il padre, pur possedendo la terza parte di una casa in burgo Mascharella, ricevuta in eredità dalla nonna materna, ed essendo divenuto notaio in quello stesso anno. La somma del patrimonio di Parisio e dei suoi figli era piuttosto modesta, ammontava a poco più di 49 lire, contro l’ammontare dei debiti di 45 lire. Dall’estimo del 1315-16 (Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei riformatori degli estimi, serie II, b. 193/I, Porta Stiera, S. Lorenzo I, doc. 67), anch’esso finora inedito, sappiamo che fino al 1307-08 i tre figli di Parisio, Thomas, Paulus e Bertholomeus, vivevano insieme nella cappella di S. Martino de’ Caccianemici, in cui erano stati stimati allora per un patrimonio di trecento lire, ma che nel 1315-16 Thomas si era trasferito nella cappella di S. Lorenzo di Porta Stiera, dove chiese di essere nuovamente stimato.
Sicuramente il patrimonio di Parisio non crebbe in modo proporzionale alla sua fama di insegnante, conseguita soprattutto con la stesura del trattato di ortografia, noto come Tractatus orhtografie (Paris, Bibliothèque nationale, Cod. lat. 16671 olim Sorbonne 1569), a lungo ignorato dagli storici di letteratura latina medievale. Il trattato fu probabilmente scritto al termine della carriera di insegnante di Parisio, su sollecitazione forse dei suoi studenti, come lo stesso autore dichiara nella lettera dedicatoria al notaio Baldo, redatta nell’anno 1297.
L’opera di Parisio deriva in parte dall’insegnamento di Boncompagno da Signa ed esprime quindi il ruolo della tradizione del dictamen nella cultura notarile bolognese di quel periodo, oltre a rafforzare l’immagine di Parisio come espressione dei forti legami fra cultura grammaticale, professione notarile e attività politica.
La redazione del trattato non gli impedì di continuare a esercitare l’attività notarile e di assumere cariche all’interno della Società dei Notai; infatti nel 1304 il suo nome compare fra i viri discreti a cui venne affidata la stesura del nuovo Statuto della Società dei Notai. Morì probabilmente tra il 3 febbraio 1304, data di pubblicazione dello statuto, e il 22 marzo 1305, giorno in cui il figlio Paolo rogò un atto sottoscrivendosi Paulus filius quondam magistri Parisii (Archivio di Stato di Bologna, Corporazioni religiose soppresse, 183/7517, S. Domenico, doc. 65).
Parisio morì dunque verso i sessant’anni: dei suoi tre figli, Paolo abbracciò come il padre la professione notarile e l’insegnamento dell’ars notaria, forse non più privatamente, ma nell’ambito dello Studio, come attestato dalla già citata riformagione del 1307; Thomas/Thomaxinus, registrato come cittadino bolognese residente nel quartiere di Porta Stiera, nella cappella di S. Lorenzo di Borgo Felice, fu anch’egli creato notaio nel 1313 (Camera degli atti, serie II, b. 8, alla data), mentre nulla si sa del terzo figlio Bartolomeo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei riformatori degli estimi, serie II, b. 5ª, Porta Piera, S. Maria di Mascarella, doc. 302; b. 93/I, Porta Stiera, S. Lorenzo I, doc. 67; Corporazioni religiose soppresse, S. Domenico, 183/7517, doc. 65; Ufficio dei Memoriali, Libri Memoriali, vol. 85, c. 416v; Camera degli atti, serie II, b. 8, anno 1313.
Ch. Thurot, Notices et extraits de divers Manuscrits Latins pour servir à l’histoire des doctrines grammaticales au Moyen Age, Paris 1869 (rist. anast. Frankfurt a.M. 1964); Liber sive matricula notariorum comunis Bononie (1219-1299), a cura di R. Ferrara - V. Valentini, Roma 1980; F.L. Schiavetto, P. d. A., notaio bolognese del XIII secolo, in Il Carrobbio, XIX-XX (1993-1994), pp. 107-121; V. Braidi, Gli uomini di Altedo tra il 1231 e il 1317, in I Patti di Altedo, 24 giugno 1231. Fondazione e sviluppo di un abitato del contado bolognese, a cura di A.L. Trombetti Budriesi, Firenze 2009, pp. 123-180; S. Rubin Blanshei, Politics and justice in late Medieval Bologna, Leiden-Boston 2010, pp. 207 s.; G. Tamba, Pietro d’Anzola, il “commentatore” di Rolandino (1257/59-1312). Appunti per una biografia, in Atti e memorie nuova serie-Deputazione di storia patria per le province di Romagna, LXI (2010-2011), pp. 161-201.