parentocrazia
s. f. (spreg. iron.) Il potere che si ottiene dall’essere parente di un personaggio influente.
• «Quelle dell’AcegasAps sono ormai delle assunzioni politiche. L’ultimo esempio è quello dell’ingresso in pianta stabile del nipote del sindaco [Roberto] Dipiazza: fra i lavoratori interinali, c’erano persone che, secondo i requisiti richiesti dagli accordi sindacali sottoscritti con l’azienda, avevano la precedenza rispetto a lui per la stabilizzazione. Nell’azienda vige evidentemente un regime di parentocrazia». La pesante accusa all’ex municipalizzata arriva dal segretario provinciale della funzione pubblica Cgil, Marino Sossi. (Ma. Un., Piccolo, 15 gennaio 2008, p. 18, Trieste) • Avverte Potito Salatto: «Futuro e libertà nel Lazio ha molti dubbi sulla gestione della Regione e del Comune di Roma. Il piano sanitario e la parentocrazia soffoca Roma, la Regione e il Paese. Sosteniamo [Gianni] Alemanno e la [Renata] Polverini, ma se non prendono atto della nuova realtà, dovremo agire di conseguenza. Si rischia una guerra fratricida». (Mauro Evangelisti, Messaggero, 1° novembre 2010, p. 3, Primo Piano) • Già, la [Hillary] Clinton. Il suo cognome è diventato un simbolo dello stesso male. La parentocrazia dilaga in politica. La sfida per la Casa Bianca nel 2016 rischia di ridursi a Clinton-Bush come nel 1992 (allora fu Bill contro George senior). Figli di presidenti contro mogli di presidenti? L’elenco delle dinastie si allunga, per esempio i Cuomo di New York. Non è un fenomeno nuovo: ci furono i Roosevelt (Ted e Franklin) e i Kennedy (John, Bob, Ted). Una sottile differenza non va ignorata. (Federico Rampini, Repubblica, 25 marzo 2015, p. 32).
- Composto dal s. m. e f. parente con l’aggiunta del confisso -crazia.