PARENTELA e AFFINITÀ (XXVI, p. 321)
AFFINITÀ Un'importante innovazione introdotta dal nuovo codice civile del 1942, in tema di parentela, è quella contenuta nell'art. 77, il quale - a differenza dell'art. 48, 2° comma del codice del 1865, che non riconosceva il vincolo di parentela oltre il decimo grado - dispone che la legge non riconosce questo vincolo oltre il sesto grado. È stata così eliminata la disarmonia che esisteva tra la citata disposizione del vecchio codice e il decr. legge 16 novembre 1916, n. 1686, che non consente la successione ereditaria al di là del sesto grado. La limitazione degli effetti giuridici della parentela al sesto grado viene meno nei casi espressamente determinati dalla legge, sia che questa attribuisca effetti alla parentela senza limitazione di grado, come avviene, ad esempio, per i parenti in linea retta, per quanto riguarda l'impedimento matrimoniale (art. 87, n. 1), sia che restringa il suddetto limite, come avviene, ad esempio, per quanto riguarda la facoltà di promuovere l'interdizione o l'inabilitazione (art. 417).
Colmando una lacuna del codice del 1865, l'art. 78, 3° comma, del nuovo codice dispone che l'affinità cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4. Non era mancato chi, sotto l'impero del vecchio codice, aveva ritenuto che il matrimonio dichiarato nullo non facesse cessare il rapporto di affinità tra il coniuge in buona fede ed i parenti dell'altro. Ma l'opinione dominante era nel senso che gli effetti del matrimonio putativo non dovessero estendersi al di là dei coniugi e della prole. In questo senso è la disposizione citata dell'art. 78, 3° comma. Ai sensi dell'art. 87, n. 4, al quale essa rinvia, il divieto di contrarre matrimonio tra affini in linea retta sussiste nonostante la dichiarazione di nullità del matrimonio dal quale l'affinità è derivata.