PARENTELA e AFFINITÀ
. Società primitive. - Nelle società primitive la parentela si distingue, rispetto al fondamento in naturale o artificiale; rispetto all'origine, in materna o paterna; rispetto alla forma, in individuale o per classi. La parentela naturale è fondata sulla discendenza o comunione del sangue; la parentela artificiale, o magica, sopra un rapporto creato a volontà, o a imitazione di quello della natura (allattamento vero o simbolico, commistione del sangue fra due o più persone, scambio di cibi, di bevande, di vesti, ecc.; v. covata).
La parentela si dice materna, o paterna, allorché il riconoscimento della consanguineità è limitato nella linea femminile o in quella maschile (v. matriarcato; patriarcato); si dice individuale o per classi, a seconda che nella società si considerino gl'individui, singolarmente, nel loro grado prossimo o lontano, o i diversi gruppi di persone, in classi, indipendentemente dal rapporto o dal grado dei singoli. Il sistema individuale si riscontra in popoli indoeuropei, semitici e tataro-mongolici, nonché fra gli Ottentotti e presso molti Negri africani: il sistema con classi è molto diffuso fra le popolazioni dell'Oceania (Tahiti, Tonga, Hawaii, Nuova Guinea).
Generalmente, il sistema classificatorio è ritenuto più primitivo, così come il computo della parentela materna rispetto alla paterma.
Il sistema classificatorio più semplice si ha nelle isole Hawaii, dove si distinguono 5 classi, cioè: 1. avi; 2. genitori; 3. fratelli e sorelle; 4. figli; 5. nipoti. Nella prima classe sono compresi, con gli avi, i loro fratelli e sorelle, i cugini e le cugine loro; nella seconda, fra i genitori, i loro fratelli e sorelle, come i cugini e le cugine; nella terza, tra i fratelli e le sorelle, i cugini e le cugine; nella quarta i figli e nella quinta i nipoti d'ambo i sessi, gli uni e gli altri con i rispettivi cugini. Tutti i componenti d'una classe sono fratelli: lo zio chiama figlio il nipote, come il nipote chiama madre la zia. Presso il popolo minuto degli stati civili sopravvivono forme oltrepassate dell'istituzione della parentela. Si chiamano "figli di latte" quelli allevati, ammettendosi che col latte succhiato si generi fra la nutrice e il poppante un vincolo analogo a quello di sangue (cfr. il proverbio: "nutritura passa natura"). Rientrano in questa classe le varie forme di adozione, mediante riti diversi, che vanno dalla simulazione dell'allattamento (onde il nome di "figli della mammella" in quelli adottati in tale maniera), al finto parto.
Come esistono riti e cerimonie per creare rapporti di parentela analoghi a quelli naturali (v. affratellamento), così ne esistono altri per distruggere il vincolo della consanguineità. Uno dei più persistenti è il "bruciamento della parentela", che si pratica per esempio tra fidanzati consanguinei, per rimuovere l'impedimento; gl'interessati reggono acceso un cero durante la Messa, fino a quando la fiamma lambisce l'orlo della mano.
Civiltà arie. - Caratteristica della civiltà aria è l'organizzazione a tipo patriarcale della società familiare sulla base del culto ancestrale (culto propiziatorio reso agli antenati della linea paterna, antichi custodi del focolare domestico) e informata all'esigenza politico-economica di assicurare la conservazione del patrimonio nell'aggregato familiare. L'organizzazione della parentela su basi agnatizie si ritrova in India, in Grecia, a Roma. In India si palesa sia nel legame che stringe tutti coloro che sono tenuti all'obbligo di offerte rituali verso il defunto nelle cerimonie funebri (i sapiṇḍa sono tutti i parenti entro il sesto grado), sia nel vincolo che accomuna tutti i componenti del gotra paterno (i gradi di parentela sono computati dal numero delle generazioni che separano il componente del gotra dal capostipite di sesso maschile). In Grecia determina quel singolare e originario sistema di alleanze parentali agnatizie, quali le ϕρατρία e i γένη, con cui si mantiene l'unità politico-economica della famiglia patriarcale sottoposta alla potestà del padre (κύριος), unità che più tardi s'indebolisce, organizzandosi la famiglia sulla base della consanguineità. A Roma, infine, si manifesta attraverso la familia communi iure.
Diritto romano. - La primitiva famiglia romana non è fondata su un mero rapporto di parentela naturale; è un organismo a tipo patriarcale con carattere politico, dipendente dalla nascita per via maschile o dall'aggregazione di estranei (adrogatio, adoptio, conventio. in manum). La famiglia agnatizia è un organismo ben delineato nei suoi confini dalla soggezione dei suoi membri alla potestà di un capo e l'agnazione è il vincolo che lega tutti coloro che sono soggetti alla stessa potestas o manus o che vi sarebbero soggetti se il comune paterfamilias non fosse morto, anche anteriormente alla loro nascita. L'agnazione ha rilevanza in ordine alla successione ereditaria, alla tutela, e, in origine, anche al diritto della vendetta.
Contrapposta all'agnazione (parentela di ius civile) è la parentela del sangue o cognazione (parentela di ius naturale) fra le persone provenienti dallo stesso capostipite senza riguardo alla derivazione per linea maschile o femminile (cognati appellati sunt quasi ex uno nati, aut quasi commune nascendi initium habuerint: Dig., XXXVIII, 8, unde cognati, 1, 1). Tale relazione è sprovvista in origine quasi del tutto di rilevanza giuridica (non così per altro dal punto di vista religioso); solo per opera del diritto pretorio e in seguito di senatoconsulti e di costituzioni imperiali questo rapporto acquista sempre maggiore importanza e ciò per influenza soprattutto della religione cristiana: nel diritto giustinianeo l'evoluzione raggiunge il suo più completo sviluppo. Tale rapporto, quando si fondi su giuste nozze, diviene base della successione legittima e necessaria, della tutela legittima, misura del diritto agli alimenti, norma per gl'impedimenti matrimoniali; in caso diverso ha solo l'effetto di produrre impedimenti al matrimonio entro certi gradi e limitati diritti di successione e di alimenti. Nella cognazione si distinguono l'origine della generazione, la linea, il grado: quanto all'origine, la cognazione è unilaterale se proviene ex uno stipite, bilaterale se proviene ex utroque stipite; semplice se il vincolo di cognazione si stabilisca tra persone non legate da precedente rapporto di sangue, plurima nel caso contrario. Quanto alla linea, si distinguono la linea retta e la collaterale: la prima a sua volta in ascendente (ordo superior) se lega una persona con coloro dai quali discende (genitori, avi) e in discendente (ordo inferior) se lega lo stipite con quelli che ne discendono (figli germani, consanguinei, uterini e loro discendenti). La linea collaterale (ordo ex transverso sive ex latere) è quella che unisce coloro i quali hanno uno stipite comune senza discendere gli uni dagli altri (fratelli, sorelle e loro discendenti). La prossimità del vincolo di cognazione si misura per gradi e questi dalle generazioni (tot sunt gradus quot sunt generationes); quindi secondo la maggiore o minore distanza dallo stipite si hanno gradi di cognazione più o meno prossimi (fra padre e figlio, fra madre e figlio intercorre un grado di parentela; fra avo o ava e nipote intercorrono due gradi; tra proavo e pronipote tre gradi; fratelli e sorelle distano di due gradi; zio e zia paterni (patruus, amita), zio e zia materni (avunculus, matertera) e rispettivi nipoti (filii e filiae ex fratre, filii e filiae ex sorore) distano di tre gradi; i cugini (consobrini se figli di sorelle, fratres patrueles se figli di fratelli, amitini se figli di un fratello e di una sorella) distano fra di loro di quattro gradi. La parentela, in tempo più tardo, non ha rilevanza giuridica oltre il settimo grado in quanto, si osserva nelle fonti, ultra eum fere gradum rerum natura cognatorum vitam consistere non patitur (Dig., XXXVIII, 10, de grad., 4, pr.). Da questo grado in poi i parenti si denominano genericamente maiores (ascendenti) e posteri (discendenti). Apposite tabelle dei gradi di parentela (stemmata cognationis) facilitano il computo dei gradi di parentela (C. Ferrini, Sugli stemmata cognationis, in Opere, I, p. 225 segg.; A. Alberti, Contributo alla storia degli stemmata cognationum, in Riv. stor. it., 1934, fasc. 1°). Fenomeno di parentela è anche il consorzio ereditario fraterno (su cui da ultimo cfr. P. S. I. XII, 1182). Oltre la parentela derivante da naturali vincoli di sangue, il diritto romano conosce anche una parentela civile che si origina per adozione o arrogazione: i suoi effetti sono identici a quelli della procreazione entro la famiglia; nel diritto giustinianeo l'adozione è ormai l'assunzione in qualità di figlio in base a una finzione (sull'adoptio in fratrem e sul divieto dell'affratellamento nel diritto romano imperiale cfr. C. A. Nallino, in Studi in onore di S. Ricc0b0no, III, p. 319 segg.). Il diritto giustinianeo conosce altresì per influenza della Chiesa un'altra specie di parentela: quella spirituale che deriva dal battesimo e dalla cresima: il padrino è parente spirituale del figlioccio e tale relazione importa impedimento al matrimonio (Cod., V, 4, de nuptiis, 26, 2).
Diritto della Chiesa. - La Chiesa occidentale (non così la Chiesa greca) nel computo dei gradi di parentela adotta il sistema germanico (c. 2 C., XXXV, 9, 5) e abbandona così quello romano che però in varî territorî italiani ancora nel sec. XI si continuava pur sempre a praticare. Il sistema germanico si differenzia dal ro- mano non per il computo nella linea retta, ma per quello nella linea collaterale, vigendo la regola: Tot gradibus collaterales distant inter se quot uterque (remotior) distat a stipite communi (adempto stipite). Secondo questo sistema nella linea collaterale uguale, cioè equidistante dallo stipite, si calcola il numero delle generazioni che intercede fra i due consanguinei rispetto al comune ascendente e cioè si contano le generazioni da una sola parte; nella linea collaterale diseguale si contano i gradi di quella linea che è a distanza maggiore dall'antenato (gradus remotior trahit ad se propinquiorem). Questo computo, che viene ad attribuire ai collaterali un grado più prossimo di parentela rispetto a quello romano (i fratelli e i cugini, che in diritto romano sono rispettivamente parenti in secondo e quarto grado, secondo la computazione canonica sono invece parenti in primo e secondo grado) e viene conseguentemente ad estendere la parentela, fu adottato dalla Chiesa perché appariva più rigoroso circa gl'impedimenti matrimoniali e più corrispondente alle prescrizioni mosaiche, oltre ad essere adottato usualmente in tutta l'Europa centrale e settentrionale (Salvioli). Nell'alto Medioevo la Chiesa estese il riconoscimento della parentela fino al settimo grado ed entro questo limite essa lo considerò costituire impedimento al matrimonio. Tale norma, se veniva a restringere la libertà della scelta nuziale, fu però assai opportuna per favorire l'incrocio tra genti latine ed elementi nordici. Dal quarto concilio lateranense del 1215 il limite fu però ristretto al quarto grado. Secondo il Codex iuris canonici (can. 1076) l'impedimento alle nozze nella linea retta è all'infinito, nella collaterale si limita al terzo grado. La parentela spirituale limita l'impedimento a quello tra il battezzante o il padrino e il battezzato (can. 768, 1079) e fra padrino e cresimato (can. 797); solo la parentela spirituale tra battezzato e padrino costituisce impedimento dirimente nel matrimonio.
Diritto moderno. - Nella nostra legislazione è scomparsa ogni distinzione fra agnazione e cognazione e ogni prevalenza della discendenza per linea maschile (di cui ancora si manteneva traccia nei codici albertino ed estense e nel regolamento gregoriano). Oggi parentela e consanguineità sono sinonimi; parentela è l'unitas sanguinis; come la definisce l'art. 48 cod. civ., essa è "il vincolo fra le persone che discendono da uno stesso stipite". La parentela è legittima, naturale o civile; è legittima quella che si origina per procreazione avvenuta in costanza di matrimonio; naturale se avvenuta fuori di esso, civile se deriva da rapporti di adozione.
Parentela legittima. - Per il computo dei gradi il nostro codice, come già il cod. napoleonico, ritorna al sistema romano (computatio civilis in contrapposto alla vulgaris) tanto nella linea retta, quanto nella collaterale: in entrambe si computano tanti gradi quante sono le persone generate non compreso lo stipite (nell'art. 51 cod. civ. il termine "generazioni" va preso nel senso di "persona generata"; non influisce sul grado, ma ha rilevanza giuridica il fatto che la parentela fra i discendenti sia determinata da generazione da entrambi i genitori (fratelli germani) o da uno solo di essi (fratelli uterini e consanguinei); così agli effetti della successione (cod. civile, articoli 740-741) come della tutela (cod. civ., art. 252).
Oltre che per gradi la parentela si computa per linee: la serie dei gradi forma la linea; si distinguono la linea retta e la linea collaterale: la prima comprende le persone che discendono l'una dall'altra; la seconda le persone che hanno uno stipite comune, pur non discendendo le une dalle altre (art. 50 cod. civ.). La prerogativa della linea si mantiene solo nella successione dei parenti legittimi nei casi e nei modi dalla legge espressamente stabiliti (art. 722 cod. civ.). L'art. 48 pone il decimo grado come limite estremo pec il riconoscimento del vincolo di parentela. Però il decr. legge 16 novembre 1916 n. 1686, modificando l'art. 742 cod. civ., è venuto a restringere la successione ai parenti nel sesto grado (egualmente in Francia con una legge del 31 dicembre 1917, art. 17); ma l'innovazione legislativa non ci sembra che autorizzi a ritenere che la parentela non abbia più valore alcuno oltre il sesto grado; il riconoscimento della parentela fino al decimo grado va ammesso per ogni altro effetto di legge che non sia quello della successione (articoli 253-326-338 cod. civ.; cfr. F. Messineo, in Arch. Giur., 1923, pag. 73 segg.). Ad ogni modo, pur entro il sesto grado, gli effetti della parentela sono varî secondo che si tratti di successione ereditaria, di obbligo agli alimenti, di diritti e obblighi tutelari, d'impedimenti e opposizione al matrimonio.
Parentela naturale. - Il mero fatto della generazione, se non almeno riconosciuta o dichiarata, non produce alcun rapporto di parentela. Nel diritto italiano la parentela naturale crea un vincolo solo nel primo grado, cioè tra il padre e il figlio riconosciuto o dichiarato e suoi discendenti legittimi (salvo per il divieto del matrimonio: articoli 58-59 cod. civ.). La filiazione incestuosa o adulterina, sempre che risulti in uno dei modi di cui all'art. 193 cod. civ., è presa in considerazione solo per l'obbligo alimentare.
Parentela civile. - Il rapporto di parentela civile nascente dall'adozione, quantunque ponga il figlio nella stessa condizione di chi è generato in matrimonio, esiste solo tra adottante e adottato (art. 212 cod. civ.). Si fa eccezione per quanto riguarda gl'impedimenti al matrimonio (art. 60 cod. civ.).
Affinità.
Diritto romano. - È un rapporto analogo alla parentela: è il legame che passa tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Gli affini in linea retta ascendente si denominano nelle fonti romane socer, socrus, vitricus, noverca (suocero, suocera, padrigno, madrigna); in linea retta discendente gener, nurus, privignus, privigna (genero, nuora, figliastro, figliastra); in linea collaterale levir, glos (cognato, cognata). Non vi sono gradi proprî nell'affinità (gradus affinitatis nulli sunt): in essa vale lo stesso computo dei gradi che nella parentela, quindi nella stessa linea e nello stesso grado in cui taluno è parente con uno dei coniugi è affine dell'altro coniuge. Altra regola dell'affinità è che i rispettivi parenti dei coniugi non sono fra di loro affini (affinitas non parit affinitatem). Non sono i coniugi affini tra loro, quantunque talora ciò si affermi nelle fonti romane sia a proposito dei coniugi sia dei fidanzati (sponsi) rispetto ai quali si parla di affinitas sperata. Il vincolo matrimoniale è base dell'affinità, non è affinità; anzi l'affinità dura finché è in vita il matrimonio; egualmente fra un fidanzato e i congiunti dell'altro non intercede vincolo di affinità, ma ne deriva soltanto impedimento al matrimonio: è questo il principale effetto della affinitas.
Diritto della Chiesa. - L'affinità è il vincolo che deriva dal matrimonio valido, anche non consumato, fra un coniuge e i consanguinei dell'altro. La dottrina canonistica mantenne la regola romana: affinitas non parit affinitatem. L'affinità non cessa per la morte del coniuge da cui deriva, salvo che per determinati effetti. Quanto agl'impedimenti matrimoniali, l'impedimentum affinitatis fu dal concilio di Trento trattato come l'impedimentum consanguineitatis: poiché, afferma S. Agostino, formando i coniugi una caro, gli affini diventano consanguinei. Il diritto romano proibiva il matrimonio fra la sposa e il padre dello sposo e fra il figlio e la sposa del padre: la Chiesa ne fece un impedimento di quasi affinitas e il concilio di Trento lo restrinse al primo grado.
Il codice canonico (can. 97, par. 1) modifica la precedente disciplina in ciò che mentre in precedenza base dell'alfinità era la carnalis copula (l'unione lecita o illecita), oggi è il matrimonio, sia pure non consumato. Inoltre l'affinità dirime il matrimonio in linea retta in qualunque grado, nella linea collaterale fino al secondo grado inclusivo (can. 1077, par. 1). È dubbio se dal matrimonio degl'infedeli sorga affinità. Il diritto della Chiesa conosce anche la parentela similitudinaria, derivante cioè sia da vincolo di parentela civile (adozione), sia da parentela spirituale (battesimo e cresima).
Diritto moderno. - Il codice civ. definisce nell'art. 51 l'affinità come il vincolo giuridico che unisce un coniuge con i parenti dell'altro. Oggi l'affinità si fonda esclusivamente sul matrimonio non sulla comunanza del sangue come la parentela. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente con un coniuge è affine dell'altro coniuge (art. 5z cod. civ.). Non solo questa regola deriva dal diritto canonico, ma anche l'altra per cui l'aífinità non cessa per la morte anche senza prole del coniuge, salvo che per taluni effetti determinati dalla legge (quale, ad esempio, quello indicato nell'art. 140, n. 2, circa l'obbligo degli alimenti). Per il diritto moderno i coniugi non sono né parenti né affini. Principali fra gli effetti dell'affinità sono l'impedimento al matrimonio (articoli 58, 59) e l'obbligo reciproco degli alimenti (art. 140).
Bibl.: Società primitive: L. H. Morgan, Systems of consanguinity and affinity in the Human Family, Washington 1871 (Smithsonian Contributions to Knowledge, XVII); id., Ancient Society, Londra 1877; Fr. Bernhöft, Verwandtschaftsnamen und Eheformen der nordamerikanischer Volksstämme, Rostock 1889; A. H. Post, Grundriss der ethnol. Jurisprudenz, Lipsia 1894-95 (trad. it., Milano 1906, I, par. 19 segg.); J. Kohler, in Zeitschr. f. vergleich. Rechtswissenschaft, XII, p. 251 segg.; XIV, pp. 410 segg., 458 segg.; XV, p. 12 segg.; XVII, p. 266 segg.; W. H. R. Rivers, art. Kin, kinship, in Hastings, Encycl. of Religion and Ethics, VII, Edimburgo 1914, pp. 700-707. - Diritto indiano, greco, romano: J. Kohler, Zur Lehre von der Parentelordnung, in Zeitschr. f. franz. Civilrecht, VI (1875), p. 171; I. Yolly, Recht und Sitte, Strasburgo 1896; G. Mazzarella, Etnologia analitica dell'antico diritto indiano, III: Studi di etnologia giuridica, Catania 1913; IX, ivi 1932, p. 64 segg.; A. Dernburg, Diritto di famiglia, Torino 1905, par. 2 segg.; C. Fadda, Diritto delle persone, Napoli 1910, p. 46 segg.; P. Bonfante, Corso di dir. rom., I: Diritto di famiglia, Roma 1925, p. 11 segg.; id., Scritti giur. vari, I, Torino 1916; S. Perozzi, Ist. di dir. rom., Roma 1928, I, p. 307 segg.; id., Parentela e gruppo parentale, in Bull. ist. dir. romano, XXXI (1921), p. 88 segg.; id., Circa il limite della cognazione, in Studî per Brugi, Palermo 1910, p. 267 segg.; P. De Francisci, Storia del dir. rom., I, Roma 1926, p. 312 segg.; V. Arangio-Riuz, Ist. dir. rom., Napoli 1934, p. 410 segg.
Diritto della Chiesa: A. Esmein, Le mariage en droit canon., Parigi 1929, I, p. 335 segg.; II, p. 259; A. Friedberg e F. Ruffini, Manuale di dir. eccles., Torino 1893, p. 582 segg.; G. Salvioli, Storia del dir. ital., 9ª ed., ivi 1930, par. 408 seg.; G. Cavigioli, Manuale di diritto canonico, ivi 1932, p. 167 segg.; D. Schiappoli, Il matrimonio secondo il dir. can., Napoli 1934, p. 184 segg. - Diritto moderno e comparato: R. De la Grasserie, De la parenté en droit comparé, in Rev. crit., 1908, p. 358; N. Stoffi, Dir. civ., Torino 1922, I, ii, p. 78 segg.; M. Planiol e G. Ripert, Traité de droit civ. franå., Parigi 1926, III, p. 7 segg.; R. De Ruggiero, Ist. dir. civ., 6ª ed., Messina 1932, I, par. 38; A. Butera, Parentela, in Dig. it.; G. Lomonaco, Affinità, in Encicl. giuridica.