PARDINI
– Famiglia di scultori e architetti di Pietrasanta, attivi fra il XIV e il XV secolo a Lucca e in Versilia. I maggiori esponenti furono i fratelli Bonuccio e Antonio, figli di un Pardino di Vitale (dal quale il cognome entrato nell’uso).
Bonuccio, il maggiore, nato forse intorno al 1340, dal 1368 e con continuità fino al 1387 (Caleca, 1996, p. 47 n. 159) fu attivo come fornitore di marmi per l’Opera del duomo di Pisa.
Nel 1380 pagava a Pietrasanta la gabella per un carico di 47 colonnine e 46 capitelli grezzi spedito a Genova (Klapisch - Zuber, 1969, p. 86 n. 43). Nello stesso anno ebbe licenza dal vescovo, assieme all’Operaio della chiesa Matteo Vannucci e al parrocchiano Nicola Nuti, di vendere beni per 200 fiorini per finanziare il rifacimento delle pareti del duomo di S. Martino a Pietrasanta (Santini, IV, 1860, p. 6, VI, 1862, p. 62).
Nel 1383 fu inviato dai concittadini come ambasciatore a Lucca; nel 1386 era amministratore della Confraternita di S. Biagio a Pietrasanta; nello stesso anno risultava anche essere operaio della pieve di S. Felicita di Valdicastello (Id., VI, 1862, p. 62).
A Bonuccio è stato riferito (Aru, 1908) un nucleo di sculture presenti nel duomo di Pietrasanta, stilisticamente unitarie ed eseguite negli ultimi anni del secolo, quando Bonuccio era l’unico scultore di una certa rilevanza che risultava attivo nella città. Il gruppo comprende innanzitutto la statua in marmo dell’Annunciata, alla quale si collega strettamente il fonte battesimale esagonale già in duomo e oggi nell’attiguo battistero. Decorato con figure di Virtù, è datato al 1389 da una iscrizione con il nome dei committenti posta nel bordo superiore esterno della vasca; venne eseguito fra il 1387, quando la chiesa fu elevata prima a prepositura e poi a Collegiata, acquisendo il diritto ad avere il fonte (Santini, VI, 1862, p. 62) e la data riportata.
Nel gruppo rientra anche il rilievo con S. Giovanni Battista nella lunetta dell’ingresso ovest del transetto destro.
Tutte queste opere mostrano chiaramente un momento di passaggio fra i modi della scuola di Andrea e Nino Pisano e il nuovo stile più naturalistico e classico che iniziava a imporsi in quegli anni tra Lucca e Firenze; alcune opere, in particolare l’Annunciata, rivelano la conoscenza di modi fiorentini alla Alberto Arnoldi per la riduzione delle forme a volumi geometrici regolari.
Nel 1408 Bonuccio ottenne l’autorizzazione a eseguire lavori di restauro per la suddetta pieve di S. Felicita di Valdicastello (Santini, VI, 1862, p. 62): potrebbero doversi a lui le trasformazioni architettoniche in forme gotiche della facciata e dell’interno dell’antico edificio romanico (Mazzei, 1959, p. 34; Caleca, 1995, pp. 21 s.). Non si hanno ulteriori notizie dell’artista dopo quest’anno; sono ignoti data e luogo di morte.
Nel 1446 era ricordata la presenza nel duomo di Pietrasanta di un altare detto «di Bonuccio Pardini» (Santini, VI, 1862, p. 62).
Antonio, nato forse intorno al 1345-50, può avere iniziato la sua carriera al fianco del fratello Bonuccio, con il quale è citato una volta, nel 1385, all’interno della documentazione che riguarda i rapporti di quello con l’Opera del duomo di Pisa (Caleca, 1996, p. 47 n. 159). A Lucca, nel 1393, era camerlengo della Compagnia di S. Bartolomeo in Silice o delle ‘Sette Arti’, che riuniva i maestri di pietra e marmo, e nel 1395 era già capomaestro (maiori magistro) della fabbrica del duomo, carica che aveva ancora nel 1416 (Concioni, 1995, pp. 229 s., 234). La sua attività per il duomo lucchese non è stata del tutto chiarita; si ritiene (Baracchini - Caleca, 1973) che la sua impronta sia riconoscibile nelle trasformazioni gotiche del fianco nord e nella decorazione delle parti più alte degli esterni, dove compare una serie di protomi umane.
L’esecuzione di tali protomi spetterebbe a più mani: oltre al supposto intervento di Antonio, si è ipotizzata una partecipazione di Francesco di Valdambrino e di Jacopo della Quercia (Baracchini - Caleca, 1973), che avrebbero quindi esordito al volgere del secolo sotto la direzione di Antonio, all’interno di una tendenza naturalistica che già anticipava alcuni motivi della nuova dimensione umanistica del Quattrocento.
Nel 1405 Antonio eseguì un sepolcro (forse una lastra terragna) per il teologo fra Marcovaldo da S. Miniato, destinato alla chiesa lucchese di S. Francesco, e pagato 12 fiorini dal signore di Lucca Paolo Guinigi (Concioni, 1995, p. 231).
Pochi anni dopo, nel 1408, realizzò sei stemmi delle Arti e uno Guinigi (distrutto nel 1430) per l’esterno della sede della Compagnia di S. Bartolomeo in Silice (Lazzareschi, 1937, p. 79); gli stemmi sopravvivono (Paoli, 1986, p. 189), ma, per la loro schematicità, non permettono un confronto con altre opere.
Nel 1413 fu pagato ad Antonio un fonte battesimale per la pieve di Vicopelago; nel 1416 un avello all’interno del duomo (Concioni, 1995, pp. 233 s.).
In assenza di opere certe, ad Antonio è stata riferita da tempo (Ridolfi, 1882) la lastra scolpita della tomba-altare di S. Agnello nel duomo di Lucca, con la figura distesa del santo, opera di grande raffinatezza esecutiva.
Sempre ad Antonio sono state accostate anche alcune sculture lignee, quali un Crocifisso nella chiesa di S. Maria del Suffragio a Camaiore e un S. Antonio Abate nella chiesa della Misericordia a Pietrasanta (Baracchini, 1995). Altre statue in marmo attribuitegli, quali l’Annunciazione della pieve dei Ss. Vitale e Giovanni Battista di Mirteto di Massa (Burresi, in Niveo de marmore..., 1992) e il S. Giovanni Battista della Collezione Salini ad Asciano (Marangoni, 2006), sono state alternativamente ricondotte all’ambito di Francesco di Valdambrino (Fattorini, 2010); nel caso di queste due sculture, nessuno dei nomi avanzati appare però convincente.
Antonio, «infirmus corpore», fece testamento a Lucca il primo aprile del 1419 (Ridolfi, 1882, p. 368; Concioni, 1995, pp. 234 s.): l’atto testimonia l’agiatezza raggiunta dallo scultore, che lasciava in eredità diversi beni, oltre che alla figlia Francesca e ad altri congiunti, a vari enti ecclesiastici, comprese le Opere del duomo di Lucca e di Pietrasanta.
Morì, forse a Lucca, prima del 4 gennaio 1420 (Concioni, 1995, p. 236; in un atto con questa data la figlia Francesca è detta ‘erede’ di Antonio).
Leonardo, figlio di un Vitale fratello di Bonuccio e di Antonio, lavorava in S. Martino a Lucca con lo zio Antonio nel 1410 (ibid., p. 240).
Nel 1417 fu tra i lapicidi impegnati nella costruzione della nuova residenza di Paolo Guinigi a Lucca, e nel 1419 ottenne la cittadinanza lucchese (ibid.).
Nel 1421 Leonardo fu giudice, insieme a Jacopo della Quercia, in una causa relativa a una Madonna in marmo scolpita dal lucchese Tommaso di Matteo per conto del marmoraro Pippo di Gante, padre del più noto Isaia da Pisa (p. 241). Nel 1426 risiedeva a Pisa e faceva da garante per Masaccio con Giuliano degli Scarsi, committente del polittico realizzato dal pittore per la chiesa del Carmine (Tanfani Centofanti, 1897). Nel gennaio del 1428 Leonardo prese accordi con il pisano Giovanni di Gante per l’esecuzione del sepolcro di re Ladislao a Napoli, salvo poi ritirarsi dall’impresa nel corso del mese seguente (Concioni, 1995, p. 245).
Sposò una sorella di Leonardo di Riccomanno, collegando così i Pardini all’altra grande dinastia di scultori pietrasantesi attiva nel primo Quattrocento.
Dopo il 1433 non si hanno più notizie dell’artista. Il luogo e la data di morte sono ignoti.
Domenico, figlio di Bartolomeo di Bonuccio, come Leonardo risulta nel 1417 tra gli artefici ingaggiati per i lavori relativi alla nuova dimora lucchese di Paolo Guinigi (Concioni, 1995, p. 250).
Nel 1424 difese i diritti di proprietà di Francesca, figlia di Antonio Pardini, su una lastra marmorea figurata, di grandi dimensioni, depositata presso la casa del padre Bartolomeo, contro le pretese del cugino Leonardo (p. 243). Più tardi i due dovettero rappacificarsi, visto che nel 1433 Domenico nominava Leonardo tra i suoi procuratori (pp. 246, 251).
Di recente Andrea Tenerini, nell’ambito di un convegno tenutosi a Pietrasanta (Convegno Nelle terre del marmo, Pietrasanta, 12 dicembre 2013), ha proposto di identificare Domenico come l’autore di due lunette istoriate poste nella facciata del duomo di quella città (Crocifissione, Pietà), che l’artista avrebbe eseguito negli anni Quaranta del Quattrocento, al ritorno da un supposto soggiorno a Bologna.
Le lunette, già attribuite in passato a scultori pisani e a Nanni di Banco, fanno parte del corpus riferito da Aldo Galli alla personalità da lui ricostruita del cosiddetto ‘Maestro del sepolcro Fava’ (Galli, 1998).
Dopo il 1433 non si hanno più notizie dell’artista. Il luogo e la data di morte sono ignoti.
Fonti e Bibl.: V. Santini, Commentarii storici sulla Versilia Centrale, IV, Pisa 1860, pp. 6, 9, VI, 1862, pp. 62 s., 131 s., 219; E. Ridolfi, L’Arte in Lucca studiata nella sua Cattedrale, Lucca 1882, pp. 366-369; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, p. 179; C. Aru, Gli Scultori della Versilia, I. I Trecentisti, in Bollettino d’arte, II (1908), 8, pp. 281-297; E. Lazzareschi, Fonti d’archivio per lo studio delle corporazioni artigiane di Lucca, in Bollettino storico lucchese, IX (1937), pp. 65-81, 141-160; P. Toesca, Storia dell’arte italiana, II, Il Trecento, Torino 1951, p. 331 n. 88; A. Mazzei, Monumenti e opere d’arte nel territorio di Pietrasanta, Pietrasanta 1959, pp. 8 s., 34; C. Klapisch-Zuber, Les maîtres du marbre. Carrare, 1300-1600, Paris 1969, pp. 83, 86 n. 43; C. Baracchini - A. Caleca, Il Duomo di Lucca, Lucca 1973, pp. 33-42; M. Paoli, Arte e committenza privata a Lucca nel Trecento e nel Quattrocento. Produzione artistica e cultura libraria, Lucca 1986, pp. 189, 209; Niveo de marmore... (catal., Sarzana), a cura di E. Castelnuovo, Genova 1992 (in partic. M. Burresi, nn. 104 a-b, pp. 312 s.; R.P. Ciardi, “Ars Marmoris”. Aspetti dell’organizzazione del lavoro nella Toscana occidentale durante il Quattrocento, pp. 341-349); G. Concioni, San Martino di Lucca. La cattedrale medioevale, in Rivista di archeologia, storia, costume, 1994, vol. 22, 1-4, n. monografico, pp. 229-236, 239-246, 250 s.; C. Baracchini, Scultori lucchesi tra Piero d’Angelo e Antonio Pardini, in Scultura lignea. Lucca 1200-1425 (catal., Lucca), a cura di C. Baracchini, I, Firenze 1995, pp. 138-152, 163-172; A. Caleca, Il ‘Gotico’ in Versilia: pittura e scultura, in Arte sacra nella Versilia medicea. Il culto e gli arredi (catal., Seravezza), a cura di C. Baracchini - S. Russo, Firenze 1995, pp. 17-28; A. Caleca, Costruzione e decorazione dalle origini al secolo XV, in Il Camposanto di Pisa, a cura di C. Baracchini - E. Castelnuovo, Torino 1996, pp. 13-48; A. Galli, Uno scultore del Quattrocento tra le Apuane e la Bassa Padana: itinerari querceschi del ‘Maestro del sepolcro Fava’, in Prospettiva, LXXXIX-XC (1998), pp. 106-122; G. Marangoni, Nascoste sugli altari. Argomenti di scultura lignea medievale nella Valdinievole lucchese, Pisa 2006, pp. 34, 42 s.; G. Fattorini, nn. A.7, A.8, in Da Jacopo della Quercia a Donatello: le arti a Siena nel primo Rinascimento (catal., Siena), a cura di M. Seidel, Milano 2010, pp. 40-43.