PARATIFO
. Malattia infettiva acuta dell'uomo e degli animali dovuta ai bacilli paratifici, germi del gruppo tifo-coli (v. tifo), dei quali si distinguono un Bacterium paratyphosum A, un B. paratyphosum B e un B. paratyphosum C. La diagnosi fra tifo e paratifo, nonché fra le diverse forme di paratifo, è essenzialmente batteriologica. Clinicamente si distinguono le seguenti forme di paratifo: quella a tipo tifoide (che spesso s'inizia con alte temperature, sudorazione profusa e herpes labialis); quella a tipo influenzale (con sintomi a carico dell'apparato respiratorio); quella a tipo gastrointestinale, quella a tipo coleriforme. Non sono infrequenti le forme di passaggio dall'uno all'altro tipo, nonché le forme associate. Specialmente nella forma gastrointestinale e in quella coleriforme il periodo d'incubazione è assai più breve che nel tifo. Si possono avere infezioni paratifiche senza localizzazioni intestinali e con localizzazioni in altri organi (meningoparatifo, pneumoparatifo, colecistite, pielite paratifica). Non vi sono differenze nette fra paratifo A e paratifo B, il quale spesso ha un decorso più breve del precedente. Più proteiforme è il decorso clinico del paratifo C (gastroenterite, dissenteria, setticemia, bronchite acuta, polmonite, infezione locale senza fatti intestinali, ecc.). Nel paratifo sono più rare, ma non eccezionali, le complicazioni che si hanno nel tifo (specialmente l'emorragia, la perforazione intestinale); inoltre si possono avere associazioni con il tifo e, nei bambini, con la pertosse, la difterite, le malattie esantematiche.
Patologia veterinaria. - I bacilli paratifici possono causare infezioni negli animali, trasmissibili all'uomo specialmente mediante l'uso delle carni. I bacilli paratifici capaci di malattia negli animali non svolgono azione patogena obbligata; in condizioni normali sono diffusi nell'ambiente e sono ospiti degli stessi animali, senza che questi risentano la minima azione dannosa. Perché da innocui si facciano patogeni, necessitano particolari condizioni capaci di diminuire la resistenza degli organismi (azione di altri germi, ricoveri antigienici, strapazzi fisici, errori alimentari, ecc.), o capaci di rendere virulenti quei bacilli comunemente saprofiti. Nella propagazione di certe infezioni paratifiche il contagio ha un valore limitato. L'insorgenza della malattia sembra più che altro sotto l'influenza di cause predisponenti; però nella sua ulteriore diffusione enzootica, l'azione spiegata dai bacilli animalizzati vuole la sua parte d'importanza. In generale i bacilli in parola penetrano nell'organismo con gli alimenti; possono localizzarsi nell'apparecchio digerente causando enterite più o meno grave, oppure possono invadere il circolo sanguigno determinando il quadro di una setticemia.
Paratifo nei vitelli. - È una malattia determinata da bacilli di Gärtner (spesso dal sottotipo Dublino-Kiel); decorre in generale in forma setticemica e ne sono colpiti i vitelli lattanti, specie dalla 3ª alla 6ª settimana di età. L'infezione può avere carattere benigno o maligno. Le manifestazioni proprie della fase setticemica sono in generale precedute da quelle di una gastroenterite e seguite dalla comparsa di artriti, di focolai di broncopolmonite, di nefrite. Il quadro anatomo-patologico offre di caratteristico l'esistenza di focolai miliari necrotici al fegato e alla milza. Il decorso varia dai 5 ai 25 giorni; nelle forme benigne la guarigione si ha di regola. Per la diagnosi, i reperti clinici, potendo essere assai varî e per nulla caratteristici, vogliono il suffragio delle ricerche anatomiche, microscopiche e batteriologiche. Il trattamento curativo mira a combattere, oltre alle manifestazioni sintomatiche, variabili da caso a caso, anche l'azione causale (siero antiparatifico). Negli allevamenti colpiti si ricorre con vantaggio, oltre che ai metodi di profilassi diretta, all'immunizzazione passiva o attiva dei vitelli subito dopo la nascita o all'immunizzazione attiva delle madri in gravidanza avanzata.
Paratijo nei bovini adulti. - L'infezione può insorgere oltre che in forma primitiva, anche in seguito a processi morbosi locali (metriti, pericarditi, artriti traumatiche, ecc.). Il quadro clinico e anatomo-patologico non offre, in generale, nulla di diverso da quello del paratifo dei vitelli.
Paratifo negli equini. - Può decorrere sotto forma di una semplice gastroenterite acuta con o senza fatti setticemici. La diagnosi eziologica può essere formulata solo sulla scorta del reperto batteriologico, in quanto le manifestazioni cliniche e anatomo-patologiche non rivelano nulla di caratteristico. La cura è sintomatica e anche causale.
Nelle paratifosi si comprende anche l'aborto infettivo del cavallo, perché è sostenuto da germi del gruppo paratifo-enterite, pur potendo in via eccezionale essere chiamati in causa altri germi patogeni facoltativi, quali streptococchi, pastorelle, colibacilli, ecc. L'infezione si diffonde nell'ambito dello stesso allevamento; un numero notevole di giumente può abortire a breve distanza, poi la malattia può spegnersi automaticamente e in generale in poco tempo. I germi si fanno strada attraverso le vie digerenti per opera di cibi e bevande inquinate, e per mezzo della circolazione materna raggiungono il feto e i suoi invogli. L'aborto, di sovente preceduto da disturbi di ordine generale, si verifica dal 4° all'8° mese di gravidanza. Le alterazioni degl'invogli fetali consistono in una placentite emorragico-purulenta, con parziale disfacimento necrotico dei villi. Il feto rivela la presenza di edemi sottocutanei, raccolte sierose o sanguinolenti nelle cavità sierose, lesioni infiammatorie gastrointestinali. Quantunque i reperti epidemiologici, clinici, anatomo-patologici siano abbastanza dimostrativi, soltanto le ricerche sierologiche e batteriologiche permettono una precisa diagnosi etiologica. Gl'interventi profilattici mirano principalmente ad allontanare i soggetti sensibili dalle fonti di infezione. Buoni risultati si sono raggiunti con l'impiego di colture uccise o con estratti bacillari.
Paratifo nei suini. - È una malattia a decorso subacuto o cronico, caratterizzata da fatti ulcerativi e necrotici all'intestino. Insorge in forma enzootica nei suini giovani dopo lo slattamento, fino all'età di 5-6 mesi. Pur essendo sostenuta da varie specie di paratifi, il più spesso sono in causa il Suipestifer, il Suipestifer Voldagsen, e l'Enteritidis Gärtner. Hanno una notevole azione predisponente tutte quelle circostanze capaci di debilitare le resistenze dei giovani suini e specialmente la poca salubrità dei ricoveri, l'alimentazione impropria, i metodi di riproduzione errati. I bacilli animalizzati eliminati nell'ambiente sono in grado di attaccare anche gli organismi più resistenti, come avviene per le altre paratifosi a diffusione enzootica. Dal punto di vista clinico, la malattia decorre sotto forma di enterite (localizzata, specialmente al crasso), che dal lato anatomico è caratterizzata da tumefazione follicolare, con infiltrazione cellulare diffusa, o da necrosi superficiale diffusa della mucosa intestinale, con formazione di ulceri piatte rivestite da sostanza caseosa. Per la diagnosi differenziale va tenuta in considerazione la peste suina. La prognosi in generale è grave, comunque è subordinata all'intensità dell'infezione e all'efficacia dei trattamenti intrapresi. Oltre alle comuni misure igieniche e di profilassi diretta, negli allevamenti sani si possono aumentare le resistenze specifiche dei singoli soggetti mediante vaccinazioni con germi uccisi, preconizzate in Italia da G. Finzi. Questi stessi vaccini hanno del pari buone proprietà curative. La cura specifica può essere associata a quella sintomatica. Anche negli allevamenti infetti non vanno dimenticate le norme igieniche alimentari e generali e la profilassi diretta.
Paratifo nei polli. - Colpisce i polli adulti (tifosi aviaria; B. sanguinarium o B. gallinarum) e i pulcini (diarrea bianca; B. pullorum). I due agenti morbosi sono differenziabili specialmente per il loro diverso potere patogeno per i polli adulti e per i pulcini.
La diarrea bianca dei pulcini è una malattia infettiva e contagiosa a decorso acuto o subacuto, altamente mortale (50-100%), a carattere setticemico, che colpisce i pulcini dai primi giorni di vita fino all'età di 2-4 settimane; clinicamente è caratterizzata da gravi manifestazioni generali e da enterite, con feci liquide e biancastre. La malattia è diffusa in tutti i paesi del mondo; in Italia è conosciuta specie nella Valle Padana. L'infezione insorge in seguito all'acquisto di pulcini o di uova o di galline infette. In queste ultime il germe si localizza, senza determinare manifestazioni cliniche apprezzabili, nelle ovaie e nei follicoli ovarici, per cui i pulcini che da questi derivano si presentano già infetti alla nascita.
La tifosi aviaria è una malattia infettiva e contagiosa che colpisce i polli adulti, a decorso acuto o subacuto e spesso mortali, a carattere prevalentemente setticemico e con manifestazioni cliniche predominanti di enterite. Anche questa malattia dei polli adulti è diffusa in molti paesi; in Italia è stata identificata la prima volta da G. Finzi. L'infezione naturale si origina per ingestione di materiale inquinato con feci o con resti cadaverici di polli infetti.
La diagnosi della paratifosi dei polli si fonda sulle ricerche batteriologiche e sierologiche (sieroagglutinazione). La profilassi generale si basa sull'isolamento e sull'uccisione degli animali ammalati e dei portatori di contagio, questi ultimi individualizzabili con la sieroagglutinazione. Tutto quello che può essere fonte di contagio (uova, cadaveri, ricoveri, ecc.) va distrutto disinfettato. Negli allevamenti esposti al pericolo d'infezione si ricorre alla vaccinazione preventiva specifica; in quelli già infetti si ottengono risultati soddisfacenti con la vaccinazione curativa improntata a vaccini polivalenti (G. Finzi).