paranoia
Psicosi caratterizzata dallo sviluppo di un delirio cronico (di grandezza, di persecuzione, di gelosia, ecc.), lucido, sistematizzato, dotato di una propria logica interna, non associato ad allucinazioni, e senza deterioramento delle funzioni psichiche al di fuori dell’attività delirante. Lo spettro dei fenomeni della p. va dalla personalità paranoicale alla p. reattiva (sociale, ambientale, traumatica e da separazione), alla possibile ciclicità, tra fasi grandiose di rilancio paranoicale e fasi depressive di ritirata disinvestente, fino a sviluppare in alcuni casi un’ideazione delirante cronica con contenuti verosimili. La p. può quindi essere considerata sia come il volto normale della follia sia come il volto folle della normalità.
Nel 1818, il medico tedesco Johann Christian August Heinroth (1773-1843) definì la p. come monomania del giudizio e dell’intendimento, includendola tra le follie dell’intelligenza. Nel 1838 lo psichiatra francese Jean- Etienne-Dominique Esquirol (1772-1840) la descrisse come un disturbo psichico consistente nella deduzione logica di conseguenze legittime da principi falsi, da convinzioni ideo-affettive inattaccabili. Su questa linea il tedesco Gustav Specht (1860-1940) nel 1898 parlò di terza psicosi affettiva (p. originata dalla sfiducia) e sostenne la centralità del sospetto nel processo evolutivo delle sindromi ciclotimiche, dove alla depressione d’animo si associava spesso, con variazioni anche rapide, una componente ipomaniacale. Di contro il tedesco Emil Kraepelin (1856-1926) vide come specifico della p. un delirio a esordio tardivo, lento e progressivo, secondo un’articolazione coerente e ordinata, non secondario a disturbi dell’umore; ne intuì inoltre uno sviluppo secondo due direzioni che spesso si combinano tra loro: da un lato il delirio di pregiudizio, con le tematiche persecutorie, di gelosia e ipocondriache, e dall’altro lato il delirio di grandezza, con le tematiche grandiose (rivendicative, genealogiche, innovative, mistiche). Kraepelin riconobbe anche una p. reattiva, riferendosi alla p. dei sordi, come reazione a un dato di realtà, a una condizione svantaggiosa. Un altro psichiatra tedesco, Ernst Kretschmer (1888-1964) nel 1918 considerò il delirio paranoicale come derivabile da aspetti caratteriali patognomonici, come l’essere sensibile, sospettoso, scrupoloso e con un’accentuata ipersensibilità alle offese, movente per reazioni e slanci grandiosi e rivendicativi. In quegli anni S. Freud diede un contributo significativo al riconoscimento dei meccanismi psicodinamici della negazione e della proiezione come centrali nello sviluppo paranoicale. La psicoanalisi produsse anche fecondi studi sulla personalità paranoicale; in partic. ne evidenziò alcuni tratti narcisistici come l’alto concetto di Sé e della giustizia, una certa idealità grandiosa, la persistenza di personali idee dominanti tese a una ricerca sfrenata di evidenze. A questo riguardo lo psicoanalista statunitense (di origine austriaca) Heinz Kohut (1913-81) nel 1978 arrivò a considerare la personalità paranoicale come espressione della massima patologia della grandiosità narcisistica e della rabbia disforica narcisistica, irrigidita in un bisogno irrefrenabile di vendetta; definì quindi il delirio come un tentativo riparatorio di una ferita del Sé, di un vissuto di vergogna insostenibile, alla ricerca di un giusto accreditamento sociale per un diritto o un’inclusione negati, per un’offesa non riconosciuta.