Paracelso
Forma italiana del nome latino Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus Paracelsus del medico naturalista e filosofo Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim (Einsiedeln, Svizzera, 1493- Salisburgo 1541). Il nome Paracelsus è quasi certamente una parziale latinizzazione di Hohenheim, ma si è anche creduto potesse alludere al medico latino Celso, il cui nome è preceduto dal prefisso gr. παρά, per denotare insieme affinità e distinzione.
Figlio di medico, P. studiò a Vienna con l’umanista Joachim von Watt (Vadianus), quindi a Ferrara, dove probabilmente conseguì il dottorato in medicina; intraprese poi lunghi viaggi, studiando le malattie più frequenti; come chirurgo militare di Venezia visitò i territori sottoposti al dominio veneziano e giunse forse fino al Vicino Oriente; risiedette poi a Salisburgo e a Strasburgo. Nel 1527 era prof. a Basilea e, per il tramite di Johannes Froben (Frobenius), entrò in relazione con Erasmo (è in quest’anno che, come gesto polemico, P. brucia pubblicamente il Canone di Avicenna). L’anno seguente fu obbligato a lasciare Basilea per l’ostilità degli ambienti accademici; si recò a Norimberga, poi a Beritzhausen, dove terminò una delle sue opere maggiori, il Paragranum (trad. it. Paragrano); nel 1531 a San Gallo scrisse l’altra sua opera fondamentale: l’Opus paramirum; nel 1536 pubblicò la sua grande chirurgia: Grosse Wundarznei; negli anni seguenti fu in Baviera e in Boemia – scrisse tra l’altro l’Astronomia magna, il Labyrinthus medicorum (trad. it. Il labirinto dei medici) e la sua apologia: Septem defensiones – e infine a Salisburgo, dove morì.
La figura e l’opera di P. si collocano nell’ambito del naturalismo rinascimentale di orientamento platonico-magico: alla base della concezione metafisica e fisica di P. sta la visione dell’Universo come unità, ossia come vasto sistema o organismo in cui le singole parti sono armonicamente legate da nessi di «simpatia» e «antipatia»; in questo macrocosmo – fatto di rispondenze, analogie, influssi segreti – si inserisce il microcosmo (l’uomo) che rispecchia in sé la costituzione dell’Universo e resta legato dagli stessi nessi. Il macrocosmo si divide in tre sfere, quella divina, quella astrale e quella terrestre (che si rispecchiano anche nell’uomo) ed è pervaso da una forma unificatrice e organizzatrice, l’archaeus, potenza che conferisce a ogni cosa la sua natura, separa una cosa dall’altra, e ciascuna regge nell’armonia gerarchizzata del tutto. All’origine dell’Universo (che scaturisce dall’atto creatore di Dio) sta la massa confusa della materia prima o yliaster (in cui sono identificabili tre principi in analogia con le tre persone della Trinità, cioè lo zolfo, il mercurio, il sale: sono i tre principi propri della speculazione alchemica), infinita riserva di forze da cui nascono tutte le creature; di queste l’uomo avrà la stessa struttura elementare, retto comunque da tre altri principi vitali: l’archaeus, lo spiritus vitae (principio equilibratore delle forze interne) e la mumia (che ripara i guasti dell’organismo); questi tre principi sono retti dal numen (così come il cosmo è retto dalla luce divina) o natura naturans, espressione della volontà o potenza divina. In questo sistema del mondo – dove la legge dell’analogia e della corrispondenza regge tutti i momenti e i processi – l’uomo opera utilizzando le forze che a esso sono immanenti: il suo operare – fondato su una conoscenza gnostica della fondamentale unità del cosmo – assume le tecniche proprie dell’azione magico-alchimistica. P. insiste qui sulla forza magica, creatrice, dell’immaginazione che spiega quei fenomeni che gli incolti considerano prodigi, come pure sul valore delle operazioni alchimistiche in cui si riproducono i processi che reggono l’Universo fisico e psichico e in cui si possono, riconducendo gli elementi alla loro primaria unità, compiere opere nuove e mirabili.
La medicina di P. nasce da questi stessi principi: egli precisa che essa si fonda sulla filosofia, l’astronomia, l’alchimia e la virtù, cioè sulla generale conoscenza dei principi dell’Universo (filosofia), sulla conoscenza dei rapporti e delle influenze degli astri sul mondo terrestre e sull’uomo (astronomia), sulla possibilità di operare sulla natura utilizzandone le forze e rispondere ai fini della terapia medica (alchimia), sulla capacità e moralità del medico (virtù). Cause delle malattie sono cinque «entità» (entità astrale, cioè l’influsso degli astri; entità velenosa causa di intossicazione; entità naturale che determina la costituzione fisica; entità spirituale che fissa i caratteri psichici; entità ideale che emana da Dio) che P. mette in rapporto con i tre elementi naturali (zolfo, mercurio, sale): si tratta di un tentativo di descrizione fisica delle malattie in contrapposizione con la teoria galenica degli umori. In rapporto alla sua generale concezione P. svolge anche l’anatomia (che è parte della più grande anatomia mundi), la chirurgia e la farmacologia: in questi campi è soprattutto notevole la costante polemica contro le teorie galeniche e avicenniane dominanti nelle scuole, come pure il tentativo di una descrizione delle malattie secondo principi naturali, per una terapia che utilizzi le forze fisiche e soprattutto una rinnovata chimica.
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