Vedi PAPIRO dell'anno: 1963 - 1996
PAPIRO (πάπυρος, papyrus)
Pianta palustre (Cyperus papyrus), coltivata anticamente soprattutto in Egitto. Le fibre ricavate dal fusto della pianta servivano alla confezione di vari manufatti (tessuti, stuoie, cordami), ma soprattutto alla fabbricazione della carta papiracea (βίβλος, χάρτης, charta). Questa carta, conosciuta, nell'Egitto faraonico fin dal III millennio a. C., introdotta in Grecia probabilmente nel sec. VI a. C. e poi in tutti i paesi dell'ecumene, costituì il materiale scrittorio d'uso comune nel mondo antico; fu al centro di una florida industria e di un lucroso commercio; sostenne la concorrenza della pergamena (ottenuta con pelli di animali e così detta perchè diffusa da Pergamo, v.); cedette infine il campo alla carta di stracci diffusa dagli Arabi nell'Occidente.
1. Fabbricazione della carta di p. - Un brano di Plinio (Nat. hist., xiii, 11 ss.), che possiamo in parte controllare mediante i p. ritornati alla luce, c'informa diffusamente circa la fabbricazione della carta papiracea in Egitto. Malgrado oscurità e corruttele del testo, ne ricaviamo che il fusto della pianta veniva tagliato dall'alto al basso in liste (philyrae) sottilissime; queste liste, lunghe più d'un metro e larghe pochi centimetri, venivano accostate l'una all'altra a formare uno strato continuo (schida), e su ogni strato se ne stendeva un altro in senso trasversale in modo che le liste si sovrapponessero ad angolo retto: dalla perfetta coesione dei due strati, una volta compressi sotto lo strettoio, risultava il foglio (plagula), e con varî fogli, opportunamente congiunti, si formava una lunga striscia; un'attenta rifinitura provvedeva a spianarne la superficie (soprattutto quella interna dell'avvolgimento, costituita spesso di liste più fini) eliminando ogni scabrosità mediante la battitura a martello. Il risultato di queste operazioni era un rotulo (χάρτης, τόμος, volumen) di carta liscia e compatta, la cui altezza variava solitamente dai 20 ai 35 cm e la lunghezza raggiungeva varî metri; la presenza delle due schidae vi era ancora riconoscibile dal diverso andamento delle fibre, in senso orizzontale - quello stesso della scrittura - sulla superficie interna (che diciamo il recto) del rotulo, in senso verticale sulla faccia esterna (verso). La scrittura, eseguita con penna di canna appuntita (κάλαμος, calamus) e con inchiostro (μέλαν, atramentum) composto di nerofumo, gomma ed acqua, veniva disposta a colonne (σελίδες) sul recto del p., mentre il verso era lasciato normalmente bianco.
Plinio enumera otto specie di carte papiracee: Augusta, Livia, hieratica, amphitheatrica, Fanniana, Saïtica, Taeneotica, emporetica; tale nomenclatura ha per noi un interesse prevalentemente erudito, perché non siamo in grado di riconoscere le varie qualità di carta nei p. ritornati alla luce. La più fine e pregiata era in origine la hieratica (o regia): ma nell'età romana il primato passò all'Augusta (così detta in onore di Ottaviano Augusto) e alla Livia (dal nome della moglie d'Augusto). L'amphitheatrica, fabbricata nei pressi dell'Anfiteatro d'Alessandria, era di qualità più corrente; pare che da essa derivasse la Fanniana, fabbricata a Roma con speciali accorgimenti da un certo Fannius. Decisamente scadenti erano la Saïtica (da Saïs, uno dei centri dell'industria del p.), la Taeneotica (dal nome di una località nei pressi d'Alessandria), la emporetica (carta dei mercanti) usata per involgere mercanzie.
Da Isidoro (Etym., vi, 10, 5), abbiamo notizia di una carta Corneliana (dal nome di Cornelio Gallo, il primo prefetto d'Egitto). Un'altra carta, la Claudia, venuta in uso nel corso del I sec., rappresentava, a quanto pare, un perfezionamento dell'Augusta e della Livia: più robusta e più spaziosa di queste, era adatta ai volumina eleganti e di grande formato.
2. Commercio, monopolio e uso del p. - L'Egitto fu, praticamente, il solo produttore della carta di p. e, attraverso l'esportazione, il fornitore degli altri paesi del mondo antico. A Roma il p., arrivato dall'Egitto, veniva immagazzinato negli horrea chartaria sulla costa occidentale del colle Oppio; al tempo di Tiberio, in seguito a scarsità della produzione, il Senato nominò dei commissarî per regolare la distribuzione della carta; più tardi fu imposto l'obbligo all'Egitto di fornire annualmente a Roma una determinata quantità di papiro. I prezzi erano cari: perfino in Egitto si cercava di risparmiare il p., ricorrendo occasionalmente ad altri materiali (v. ostraka) o utilizzando il rovescio di p. già scritti; e talvolta, in lettere private, ci si scusa di non aver scritto con maggiore premura per mancanza di carta, o s'invia al destinatario un ritaglio di p. con la preghiera di rispondere al più presto. È comprensibile che un prodotto così importante e lucroso sia stato, fin dai tempi più antichi, sotto il controllo dello Stato: un monopolio del p. esisté nell'età romana e in quella bizantina; se n'era dubitato per l'età tolemaica, ma il P. Tebt. 709, del 159 a. C., ci ha fatto conoscere un funzionario addetto alla vendita τῶν βασιλικῶν χαρτῶν, e l'Ostrakon Edfū 360, pubblicato più di recente, ha attestato l'esistenza di una imposta sul p. (χαρτῶν τέλος) alla fine del sec. II a. C.
Nella più antica forma del libro, quella del rotulo papiraceo, la scrittura occupava soltanto il recto: ma s'intende, dato l'alto costo del p., che un volumen ormai vecchio e fuori d'uso non venisse gettato via come inutile, perché il verso, rimasto bianco, poteva essere ancora utilizzato. È il caso dei cosiddetti p. opistografi, che ci sono pervenuti in gran numero: talvolta frammenti papiracei con un testo letterario sul recto ed uno documentario sul verso (manifestamente provenienti da rotuli adibiti in origine a contenere un'opera letteraria e, in seguito, tagliati a pezzi ancora buoni ad accogliere sul rovescio qualche occasionale scrittura); altre volte, invece, rotuli papiracei, o frammenti di rotuli, con un testo documentario sul recto ed uno letterario sul verso (evidentemente volumina usati prima a scopo amministrativo, in uffici pubblici o in aziende private, e successivamente utilizzati sul verso per la trascrizione di qualche testo letterario). Varie opere della letteratura greca ci sono pervenute in questo modo: per esempio l'᾿Αϑηναίων πολιτεία di Aristotele, trascritta alla fine del sec. I d. C. sul rovescio di alcuni rotuli (ora al British Museum) già usati qualche decennio prima per la contabilità di un tale Didimo.
Il passaggio dal rotulo al codice, fra il sec. II e il IV d. C., consentì ovviamente un migliore impiego del materiale scrittorio (e fu questa una delle ragioni che assicurarono al codex la vittoria, pur lungamente contrastata, sull'antico volumen): ma il cambiamento rivoluzionario, avvenuto nella forma del libro, non implicò una decadenza dell'uso del papiro. La vecchia opinione degli studiosi, che il p. fosse riservato al volumen e la pergamena al codex, non è stata confermata dalle scoperte avvenute in Egitto: codici papiracei sono ritornati ben numerosi alla luce, e se è vero che in Egitto, nella patria del p., la pergamena dové trovare un ambiente sfavorevole alla sua diffusione, non è certo che le cose siano andate altrove in modo radicalmente diverso. Fra la carta di p. e quella membranacea si determinò certamente una forte concorrenza, che ebbe come effetto, fra l'altro, un ribasso dei prezzi del p.: ma l'Egitto ha restituito testi papiracei greci databili fino al sec. VIII d. C., e non sono pochi i p. arabi del sec. IX; in questo periodo, a Costantinopoli come a Roma, a Bagdad come a Cordova, il p. fu ancora comunemente usato. Soltanto nel sec. X le fabbriche egiziane cominciarono a scadere, e questo termine di tempo corrisponde, press'a poco, alla cessazione dell'uso del p. nei paesi dell'Occidente.
3. Conservazione e ritrovamento di papiri. - Sebbene il p. fosse stato per tanti secoli il materiale scrittorio d'uso comune nel mondo antico, ben pochi esemplari ne erano giunti a noi recta via. Dal generale sfacelo si erano salvati alcuni papiri diplomatici del Medio Evo (carte pontificie, ravennati, merovingiche e d'altre provenienze). Un ritrovamento eccezionale fu quello dei p. carbonizzati d'Ercolano (v.), ma la vera epoca delle scoperte papirologiche ebbe inizio nel sec. XIX, quando si aprì il periodo delle esplorazioni archeologiche in Egitto: specialmente nelle località situate ai margini del deserto (Oxyrhynchos, Tebtynis, Antinoe, el-Hibeh, Hermoupolis, Philadelphia, e tante altre), un tempo irrigate e fecondate dal lavoro dell'uomo, ma poi abbandonate e ritornate desertiche, i p. sono stati trovati sotto le macerie degli edifici, o negli antichi immondezzai situati alla periferia dei villaggi, o talvolta nelle tombe, insieme alla suppellettile funeraria del defunto, o nel cartonnage delle mummie, dov'essi erano usati come materiale d'imbottitura e rivestimento. Al di fuori dell'Egitto, ritrovamenti di p. sono avvenuti soprattutto a Dura-Europos in Mesopotamia e a Hafir el-῾Ausā nella Palestina meridionale: località che presentano condizioni di clima e di terreno simili a quelle dell'Egitto.
I copiosi ritrovamenti di p., specialmente di provenienza egiziana, hanno dato origine a una disciplina ausiliaria dell'antichità classica, la papirologia, che ha per fine la decifrazione e l'illustrazione di questo prezioso materiale. I papiri letterarî greci e latini finora pubblicati sono circa 2500; quelli documentarî assommano ad alcune decine di migliaia e interessano, fra l'altro, la storia antica e il diritto, l'economia e la storia delle religioni. Altre branche della papirologia si occupano dei testi ebraici, aramaici, demotici, copti, arabi. Questo grande movimento di studî è ancora in pieno corso, e si può prevedere che varie generazioni di studiosi saranno occupate a cercare e pubblicare papiri, a indagarne il contenuto e a coordinarne le testimonianze.
4. Papiri figurati e dipinti. - Anche nel campo dell'illustrazione antica le scoperte papirologiche hanno ampliato grandemente le nostre conoscenze, un tempo pressoché limitate agli esemplari membranacei dell'età bizantina. I più antichi papiri illustrati in nostro possesso ci riportano al Medio Regno: il p. Ramesseum, scritto per l'incoronazione di Sesostris I e illustrato da vignette, è degli inizî del II millennio a. C.; ma l'origine dell'illustrazione libraria, concepita come spiegazione visiva del testo scritto, risale a una maggiore antichità (v. illustrazione). Del Nuovo Regno ci rimangono quasi soltanto Libri dei Morti; ma i frammenti satirici di Torino e di Londra, con le loro vivaci raffigurazioni di animali intenti ad occupazioni umane, attestano l'alto livello raggiunto anche nell'arte non funeraria. Una parte di questa produzione fu ancora certamente accessibile ai Greci, e influì su di loro, nella nuova epoca aperta in Egitto con la fondazione d'Alessandria.
I p. dell'Egitto greco-romano restituiscono illustrazioni di carattere scientifico e didattico, inserite in scritti d'astronomia, di geometria, di botanica: ricordiamo il trattato astronomico d'Eudosso del P. Par. 1 (sec. III-II a. C.), conservato al Museo del Louvre; il manuale di stereometria del P. Gr. 19996 della Nationalbibliothek di Vienna (sec. I a. C.); l'Euclide del P. Fay. 9 (sec. II d. C.) e del P. Oxy. 29 (sec. III-IV d. C.); il commentario al Teeteto di Platone in Berl. Kl. Texte 2 (P. Berol. 9782; sec. II d. C.); i frammenti di botanica provenienti da Tebtynis (P. Tebt. 679; sec. II d. C.) e da Antinoe (p. della Collezione Johnson di Oxford, del sec. IV-V d. C.). Si aggiungano i rapidi abbozzi di carattere tecnico (come i problemi geometrici (del PSI 186, del sec. IV d. C.) e i bizzarri disegni dei p. di contenuto magico (ne sono offerte svariate riproduzioni nella nota raccolta del Preisendanz, P. Gr. magicae). Particolare importanza compete alle raffigurazioni di carattere artistico, finora non molto numerose; crediamo utile elencarle nell'ordine cronologico, non senza le opportune riserve suggerite dall'incertezza di alcune datazioni.
1. PSI 847, della Bibl. Laurenziana di Firenze (proven. incerta; sec. I-IIp), a colori: frammento di rotulo letterario (Commedia nuova) con resti d'illustrazione intercolumnare. - Ed. G. Coppola, in Papiri greci e latini, VII, Firenze 1925, p. 152, s. facs. (ma v. K. Weitzmann, Ancient Book Illumination, Cambridge, Mass. 1959. fig. 72).
2. Suppl. Gr. 1294 della Bibliothèque Nationale di Parigi (proven. incerta; sec. I-IIp), a colori: frammento di rotulo letterario (narrazione romanzesca) con miniature intercalate nel testo. (Quattro colonne di testo, con una illustrazione in ogni colonna tranne la prima). - Ed. K. Weitzmann, Illustrations in Roll and Codex, Princeton 1947, p. 51 e fig. 40.
3. PSI 919, del Museo Arch. di Firenze (da Oxyrhynchos; sec. IIp), disegno a penna: Amore e Psyche in una scena di simposio. - Ed. A. Minto, in Bollett. d'Arte, 1925-26, p. 190; G. Coppola, in Papiri greci e latini, VIII, Firenze 1927, p. 85 ss. e tav. II.
4. PSI 1294, ora al museo del Cairo (da Oxyrhynchos; sec. IIp), disegno a penna: atleta diskophòros. (Aiace Telamonio?) in posizione di riposo. - Ed. A. Minto, in Papiri greci e latini, XII, Firenze 1951, p. 213 ss. e tav. X.
5. PSI 1368, ora al museo del Cairo (da Ozyrhynchos; sec. IIp?), a colori: Hermes psychopompòs? - Ed. A. Minto, in Aegyptus, XXXII, 1952, p. 324 ss., e nuovam., in Papiri greci e latini, XIII, Firenze 1953, P. 230 ss. e tav. XV.
6. PSI 1450, dell'Ist. Papirol. dell'Università di Firenze (da Tebtynis, sec. IIp), a colori: divinità iatromantica? - Ed. A. Minto, in Papiri greci e latini, XIV, Firenze 1957, p. 171 ss. e tav. IX.
7. PSI 1451, dell'Ist. Papirol. dell'Università di Firenze (da Tebtynis, sec. IIp), a colori: divinità egizie con caricatura d'adorante. - Ed. G. Botti, in Papiri greci e latini, XIV, Firenze 1957, p. 174 ss. e tav. IX.
8. PSI 1452, del Museo Arch. di Firenze (da Tebtynis; sec. IIp), a colori: purificazione delle offerte funerarie. - Ed. G. Botti, in Papiri greci e idtini, XIV, Firenze 1957, p. 177 ss. e tav. X.
9. PSI 1369, dell'Ist. Papirol. dell'Università di Firenze (da Oxyrhynchos; sec. II-IIIp?), a colori: Emblema a picca con Amorino tibicine? - Ed. A. Minto, in Papiri greci e latini, XIII, Firenze 1953, p. 235 ss. e tav. XV.
10. PSI 1370, dell'Ist. Papirol. dell'Università di Firenze (da Oxyrhynchos; sec. II-IIIp?), a colori: Emblema con figura d'Amorino saettante? Ed. A. Minto, in Papiri greci e latini, XIII, Firenze 1953, p. 239 ss. e tav. XV.
11. P. Oxy. 2331 (da Oxyrhynchos; sec. IIIp), con tracce di colori: versi sulle fatiche di Eracle, due colonne con tre miniature intercolumnari particolarmente importanti per il metodo "ciclico" della illustrazione. - Ed. C. H. Roberts-K. Weitzmann, in The Oxyrhynchus Papyri, XXII, Londra 1954, p. 84 ss. e tav. XI.
12. P. Oxy. 2470 (da Oxyrhynchos; sec. IIIp), a colori: giuochi di circo. - Ed. E. G. Turner, in The Oxyrhynchus Papyri, XXVII, Londra 1962, p. 146, tav. XII.
13. P. Graec. 128 della Bayer. Staatsbibl. di Monaco di Baviera (proven. incerta; sec. IVp), disegno a penna: episodio di Briseide? - Ed. A. Hartmann, in Festschr. Georg Leidinger, Monaco 1930, p. 103 e tav. XVII.
14. P. Berol. inv. n. 5004 (dal Fayyūm; tarda età classica), con tracce di colori: guerriero in lotta con una belva. - Ed. R. Paribeni, in Aegyptus, XXXI, 1951, p. 199 ss. e fig. 1.
15. P. Berol. mv. n. 13982 (provenienza incerta; tarda età classica): Sileno e Mida? - Ed. R. Paribeni, in Aegyptus, XXXI, 1951, P. 202 ss. e fig. 2.
16. P. Goleniščev, del Museo di Belle Arti a Mosca (provenienza incerta; sec. Vp?), a colori: cronaca universale alessandrina. - Ed. A. Bauer-J. Strzygowski, in Denkschr. Akad. Wien, LI-2, 1906, tavv. I-XVI.
17. P. della Collez. Johnson di Oxford (da Antinoe, sec. V-VIp?): scena circense. - Ed. S. J. Gasiorowski, in Journ. Egypt. Arch., XVII, 1931, p. 1 ss. (con facs. a colori).
18. PSI 920, del Museo Arch. di Firenze (proven. incerta; sec. VIp), disegno a penna: Gesù addormentato nella barca sul lago di Tiberiade in tempesta. - Ed. A. Minto, in Bollett. d'Arte, 1925-26, p. 190 ss.; G. Coppola, in Papiri greci e latini, VIII, Firenze 1927, p. 87 ss. e tav. III.
19. PSI 1295, ora al museo del Cairo (da Antinoe; sec. VIp), disegno a penna: scena di parata militare. - Ed. A. Minto, in Papiri greci e latini, XII, Firenze 1951, P. 224 ss. e tav. X.
20. P. Lond. 113, 15 c, del British Museum (dal Fayyūm; sec. VIp?), disegno a penna. - Cfr. A. Bauer-J. Strzygowski, in Denkschr. Akad. Wien, LI-2, 1906, p. 177 e fig. 26.
Anche tralasciando alcuni frammenti tuttora poco conosciuti (cfr. K. Wessely, in Führer durch die Ausstellung Pap. Erzh. Rainer, Vienna 1894, pp. 67, 93, 130; A. Bauer-J. Strzygowski, op. cit., p. 176 ss.), i 20 "pezzi", che abbiamo enumerati qui sopra, presentano un vario assortimento: dai disegni ancora spiccatamente legati alla maniera ellenistica (come il frammento con Amore e Psyche del n. 3, o la figura d'atleta del n. 4) a quelli, di contenuto sacrale, che attestano il continuarsi anche in età romana della tradizione faraonica e tolemaica (n. 8, purificazione delle offerte funerarie); da figurazioni che diremmo di passaggio fra la civiltà ellenistica e quella copta (n. 16, miniature del p. Goleniščev) ad altre di soggetto cristiano, ma ancora di classica ispirazione (n. 18, Gesù sul lago di Tiberiade), o che testimoniano, pur nell'Egitto del V-VI sec., un persistente attaccamento al filone dell'ellenismo (n. 17, scena circense; n. 19, parata militare). Se l'importanza di questi frammenti è sempre ragguardevole in tanta penuria di reliquie, il loro livello artistico appare ovviamente vario, e accanto ad alcuni disegni di pregevole fattura (come i nn. 3, 5, 17), altri, i più numerosi, sono l'opera di mediocri artigiani.
I nn. 1, 2, 5 e 11, particolarmente interessanti, rappresentano tutto ciò che possediamo in fatto di rotuli classici letterarî illustrati; la loro datazione, tra il sec. I e il III d. C., risulta con sufficiente probabilità dalle caratteristiche della scrittura. È da osservare che in tutti questi frammenti il disegno, all'interno o alla fine della colonna, in stretto collegamento con il testo scritto, è contenuto in un breve riquadro privo di cornice, delimitato dalla larghezza della colonna stessa. Lo scarso numero dei frammenti, in confronto alle centinaia di p. letterarî ritornati alla luce, fa pensare che i rotuli miniati fossero una rarità nell'Egitto greco-romano: ma bastano queste poche reliquie a mostrarci che l'illustrazione del testo esiste già nel rotulo letterario, assai prima del passaggio del libro dalla forma del volumen a quella del codex.
Bibl.: Per il p. come materiale scrittorio e per la storia del libro papiraceo v. principalm.: Th. Birt, Das antike Buchwesen in seinem Verhältniss zur Litteratur, Berlino 1882; U. Wilcken, Recto oder Verso?, in Hermes, XXII, 1887, p. 487 ss.; G. Lafaye, in Dict. Ant., VII, Parigi 1905, p. 319 ss., s. v. Papyrus; W. Schubart, Das Buch bei den Griechen und Römern, 2a ed., Berlino-Lipsia 1921; N. Lewis, L'industrie du papyrus dans l'Égypte gréco-romaine, Parigi 1934; W. Schubart, Das antike Buch, in Die Antike, XIV, 1938, p. 171 ss.; id., in Pauly-Wissowa, XVIII 3, 1949, coll. 116-118, s. v. Papyrus; F. G. Kenyon, Books and Readers in Ancient Greece and Rome, 2a ed., Oxford 1951; E. G. Turner, Athenians Books in the fifth and fourth Centuries B. C., Londra 1951; id., Recto and Verso, in Journ. Egypt. Arch., XL, 1954, p. 102 ss.; C. H. Roberts, The Codex, in Proceedings of the British Acad., XL, 1954, pp. 169-204; F. Wieacker, Textstufen klassischer Juristen, in Abhandl. Akad. Wissensch. Göttingen, Philol.-hist. Kl., Ser. III, 45, Gottinga 1960 (specialm. pp. 92-119).
Circa il commercio e il monopolio del p.: F. Zucker, in Philologus, N. S., XXIV, 1911, p. 79 ss.; U. Wilcken, Grundz. und Chrestom. d. Papyruskunde, I, Lipsia-Berlino 1912, p. 255 ss.; G. Glotz, Le prix du papyrus dans l'antiquité grecque, in Annales d'hist. économ. et sociale, I, 1929, p. i ss. (rist. in Bull. Soc. Arch. d'Alex., XXV, 1930, p. 83 ss.); W. Peremans, De Handelsbetrekkingen van Egypte met het Middellandsche-Zeegebied in de 3de eeuw v. C., in Philol. Studiën, III, 1931-32, p. 29 ss.; H. Heichelheim, in Pauly-Wissowa, XVI, 1933, col. 185, s., s. v. Monopole; M. Rostovtzeff, in Gnomon, XII, 1936, pp. 46-52; S. Wallace, Taxation in Egypt from Augustus to Diocletian, Princeton 1938, pp. 237, 334, 451; Cl. Préaux, L'économie royale des Lagides, Bruxelles 1939, pp. 187-196; G. Manteuffel, Quelques textes d'Edfou: III. L'impôt qui concerne le papyrus, in Journ. Jurist. Papyrol., III, 1949, p. 105.
Per la conservazione del p. e per la storia dei ritrovamenti: K. Preisendanz, Papyrusfunde und Papyrusforschung, Lipsia 1933; E. Breccia, Dove e come si trovano i p. in Egitto, in Aegyptus, XVI, 1936, p. 296; K. Preisendanz, Papyruskunde, Handbuch d. Bibliothekenwiss., I, Schrift und Buch, 2a ed., Stoccarda 1950; cfr. anche W. Schubart, Einführung in die Papyruskunde, Berlino 1918; M. Norsa, in Enciclopedia Italiana, XXVI, 1935, coll. 257-263, s. v. Papirologia; A. Calderini, Papyri, 2a ed., Milano 1944. Il più recente elenco dei p. letterarî di proven. egiziana è in R. A. Pack, The Greek and Latin Literary Texts from Greco-Roman Egypt, Ann Arbor 1952. Ottimi facsimili di p. letterarî e documentarî in W. Schubart, Papyri Graecae Berolinenses, Bonn 1911; M. Norsa, La scrittura letteraria greca dal sec. IV a. C. all'VIII d. C., Firenze 1939; id., Papiri greci delle collezioni italiane, Scritture documentarie, Roma, fasc. I, 1928; II, 1933; III, 1946; J. Mallon-R. Marichal-Ch. Perrat, L'écriture latine de la capitale romaine à la minuscule, Parigi 1939; C. H. Roberts, Greek Literary Hands, Oxford 1955.
Sui p. figurati: Ed. Naville, Das ägyptische Todtenbuch der XVIII-XX Dynastie, 3 voll., Berlino 1886; K. Dziatzko, in Pauly-Wissowa, III, 1898, col. 963 ss., s. v. Buch (VII, Ornamentierung u. Illustrierung); A. Bauer-J. Strzygowski, Eine Alexandrinische Weltchronik, in Denkschr. Akad. Wien, Philos.-hist. Kl., LI-2, Vienna 1906 (specialm. pp. 169-185); Th. Birt, Die Buchrolle in der Kunst, Lipsia 1907; H. Gerstinger, Die griechische Buchmalerei, Vienna 1926; K. Sethe, Der dramatische Ramesseumpapyrus. Ein Spiel zur Thronbesteigung des Königs (Unters z. Geschichte und Altertumskunde Ägyptens, X, 2), Lipsia 1928; S. J. GaŞiorowski, Malarstwo Minjaturowe Grecko-Rzymskie, Cracovia 1928; G. Farina, Pittura egiziana, Milano 1929, tavv. 201, 205; A. W. Byvanck, Die antike Buchmalerei u. ihre Bedeutung für die Archäologie, in VI. Intern. Kongress für Archäologie, Berlino 1930, p. 610 ss.; K. Sethe, Die Totenliteratur der alten Ägypter. Die Geschichte einer Sitte (Sitzungsber. Preuss. Akad., Phil.-hist. Kl.), Berlino 1931, p. 520 ss.; E. Bethe, Buch und Bild im Altertum (aus dem Nachlass hrsg. von E. Kirsten), Lipsia 1945; K. Weitzmann, Illustrations in Roll and Codex. A Study of the Origin and Method of Text Illustration (St. in Manuscript Illumination, 2), Princeton 1947; R. Bianchi Bandinelli, Schemi iconografici nelle miniature dell'Iliade Ambrosiana, in Rend. Accad. Lincei, Ser. VIII, vol. VI, 1951, p. 421 ss.; id., Hellenistic-Byzantine Miniatures of the Iliad (Ilias Ambrosiana), Olten 1955; H. J. Kantor, Narration in Egyptian Art, in Amer. Journ. Arch., LXI, 1957, pp. 44-54; A. Minto, in Studî in onore di A. Calderini e R. Paribeni, II, Milano 1957, p. 97 ss. (ancora sul PSI 920); M. Bonicatti, In margine ai problemi della cultura figurativa di Alessandria nella tarda antichità, in Commentari, X, 1959, pp. 75-98; K. Weitzmann, Ancient Book Illumination (Martin Class. Lect., XVI), Cambridge Mass. 1959. - Per la composizione chimica dei colori usati nelle miniature v. G. Piccardi, in Papiri greci e latini, XIII, Firenze 1953, p. 241 ss.