PAPIAS
– Le notizie biografiche sono scarse e incerte, a iniziare dal nome stesso, sulla cui autenticità sono stati avanzati dubbi. È stato ipotizzato che Papias designi l’opera e non l’autore (Mercati, 1955-56; Lavagnini, 1962), ma generalmente (Cremascoli, 1969; De Angelis, in Papiae Elementarium littera A, I, 1977; Cervani, in Papiae Ars grammatica, 1998; Bognini, 2012) si riconosce ormai in Papias il nome dell’autore di un lessico latino, l’Elementarium, e di una Ars grammatica, non però dell’epistolario, l’Epistularum ad diversos liber I, a suo tempo attribuitogli dall’umanista Giovanni Tritemio.
Tale attribuzione fu ripresa acriticamente dai lessicografi seicenteschi (Charles Du Cange, Antoine Oudin) e da successivi studiosi, ma è stata confutata in modo convincente da Georg Goetz e da Max Manitius, i quali hanno dimostrato che si tratta soltanto delle lettere riportate nel lemma Formatae Epistulae dell’Elementarium e/o delle dediche poste in testa all’Elementarium e all’Ars (cfr. da ultime De Angelis, in Papiae Elementarium littera A, cit.; Cervani, in Papiae Ars grammatica, cit.).
Papias fu attivo intorno alla metà dell’XI secolo. Non è suffragata da testimonianze certe la tradizione antica (Tolomeo da Lucca, Tritemio, Iacopo Filippo da Bergamo), basata sulla voce Papias/Pavia dell’Elementarium, che lo vorrebbe lombardo. Più comunemente lo si è ritenuto genericamente italiano (cfr. da ultimo Cremascoli, 1969), ma anche tale ipotesi, come ha rilevato soprattutto Goetz, non è sorretta da dati certi. Gli studi dell’ultimo ventennio (soprattutto di Violetta De Angelis e di Filippo Bognini) permettono invece di supporre, pur con le debite cautele, un legame di Papias con l’area beneventano-cassinese, se non addirittura una specifica appartenenza a quell’area geografica, sulla base di corrispondenze fra il suo Elementarium (voce Formatae Epistulae) e Alberico di Montecassino (Breviarium de dictamine, XI sec., 2008, capp. VII-IX, pp. LXX-LXXIII).
Appartenne probabilmente allo stato ecclesiastico (sulla questione cfr. De Angelis, in Elementarium littera A, cit.; Cervani, in Ars grammatica, cit.), come appare dall’introduzione premessa da Papias stesso all’Elementarium. Lo dimostrerebbero anche l’uso di fonti teologiche e l’interesse per la lingua ebraica che si riscontrano nell’opera.
L’Elementarium, assai noto e generalmente apprezzato nel Medioevo (secondo Tolomeo da Lucca, Historia ecclesiastica, XIV sec., in RIS, 1721, col. 1128 D, ad es., «Papias […] expositionem vocabulorum nobis clarissime tradidit»), fu elaborato tra il 1041 e il 1053 (tra il 1053 e il 1063 al più tardi, secondo Goetz, 1923, p. 176). È già citato in Brunone di Würzburg, morto nel 1045, ma Alberico dalle Tre Fontane (morto dopo il 1251) in un passo del suo Chronicon colloca la conclusione del lungo e complesso lavoro di redazione dell’opera verso il 1053, basandosi sulla voce Aetas, in cui – in mezzo alle notizie di interesse cronologico che partono da Adamo – viene data la serie dei re tedeschi fino al tredicesimo anno di regno di Enrico III. Questo passo è rimasto al centro della discussione in tutta la critica moderna.
Nuovi elementi utili sulle modalità di redazione dell’opera sono stati forniti recentemente da De Angelis, che ha sottolineato «la dichiarazione da parte dell’autore della provvisorietà del vocabolario, sebbene già consegnato ai suoi lettori, e del progetto di un suo perfezionamento» (L’Elementarium..., in Scritti..., 2011, pp. 14-16), fino a ipotizzare «che non esista una redazione conclusiva, deliberatamente licenziata dall’autore» (La redazione preparatoria..., in Scritti..., 2011, p. 68), e che, anzi, un ramo della tradizione possa discendere da una copia di lavoro arricchita con nuove inserzioni e con alcune voci. Oltre a spiegare l’esistenza di due famiglie molto diverse nella tradizione manoscritta, questo fatto prolungherebbe automaticamente la durata del lavoro di redazione ben oltre il periodo di dieci anni, considerato per secoli un dato acquisito dagli studiosi.
Allo stato attuale degli studi conosciamo i 122 manoscritti completi dell’Elementarium elencati da Bognini, 2012, p. 418-422, cui vanno aggiunti i dieci contenenti una redazione ridotta dell’opera (il più antico dei quali, Troyes, Bibliothèque municipal, Mss., B.M.539, risale al XII secolo; cfr. Bognini, 2012, pp. 422-423). Il testo continuò a essere conosciuto e utilizzato fino all’Umanesimo, come ben dimostrano le quattro edizioni a stampa del XV secolo, tra il 1476 e il 1496, tutte a Venezia a cura di Bonino Mombricio. Accanto a una serie di giudizi globalmente positivi di umanisti, tra i quali Guarino Guarini e Ciriaco di Ancona, va ricordato che Giovanni Boccaccio, in diversi luoghi delle Genealogie deorum gentilium, suggerì qualche cautela nell’uso dell’Elementarium e che piuttosto negativo fu il giudizio di Erasmo. Gli studiosi dei secoli successivi, invece, in generale ripresero – acriticamente – il giudizio di Tritemio, che verso la fine del XV secolo scrisse: «Papias […] vir in secularibus literis eruditissimus, Grammaticus omnium suo tempore clarissimus» (Liber de ecclesiasticis scriptoribus, 1494, 1718, p. 104). Va rilevato, inoltre, che, nonostante i numerosi studi sull’opera, per utilizzare l’intero Elementarium.dobbiamo ancora oggi valerci dell’edizione veneziana del 1496, la cui ristampa anastatica (Torino 1969) riproduce gli errori dovuti ai non sempre corretti interventi dell’editore umanistico sul textus receptus e, soprattutto, le lacune, conseguenti all’utilizzazione, da parte di Mombricio, di testimoni appartenenti al ramo meno completo della tradizione manoscritta, alla quale si è aggiunta la caduta, nelle tre edizioni veneziane, di un intero fascicolo della lettera P.
Come ha illustrato De Angelis (L’Elementarium…, in Scritti…, 2011, pp. 13-15), Papias era pienamente cosciente della novità del suo metodo e dell’importanza del suo lavoro, che spiega l’influenza dell’Elementarium.sui vocabolari successivi e, per alcuni aspetti peculiari, addirittura sulla lessicografia moderna. Egli dichiara infatti nell’introduzione (ed. Daly, 1964, rr. 31-38) che nel suo testo non si trovano solo glosse (come tradizionalmente accadeva fino ad allora), ma anche definizioni più articolate e trattazioni anche ampie su alcuni temi: si vedano, a esempio, le voci Aetas, Carmen, Notae, Formatae Epistulae.
Nell’Elementarium Papias per primo innesta il metodo derivatorio sulla tradizionale metodologia glossografica facente capo ad Ansileubo, attingendo largamente anche da altre fonti, non necessariamente glossografiche, di cui dà correttamente notizia sia nella prefazione all’opera, sia in una specie di paratesto marginale in cui l’autore dichiara di avere segnato, in fianco ad alcune voci citate, la fonte da cui ha attinto.
Un altro aspetto fortemente innovativo consiste nella dichiarata ed evidente volontà di Papias di organizzare il vocabolario alfabeticamente, non solo in base alla lettera iniziale (che era comunque un’innovazione piuttosto recente), ma addirittura estendendo l’ordine alfabetico fino alla terza lettera delle parole elencate e tenendo conto di eventuali differenze di grafia (ed. Daly, 1964, rr. 52-62).
Papias ha svolto un lavoro di preparazione e di organizzazione (che si può ricostruire tramite lo studio della tradizione manoscritta dell’opera), come emerge fin dalla prefazione (ed. Daly, 1964, rr. 9-11) e come è stato definitivamente messo in luce da De Angelis (L’Elementarium…, in Scritti…, 2011, pp. 15-20).
Altri elementi innovativi dell’acribia di Papias sono: la cura da lui dedicata alla veste grafica che l’opera dovrebbe presentare una volta pubblicata, con precise indicazioni per i copisti (fatto questo non consueto); l’attenzione data all’apparato didascalico/iconografico, l’evidenziazione delle voci da lui considerate dubbie tramite segni diacritici (asterischi, obeli ecc.: cfr. ed. Daly, rr. 39-45). Nei propositi dell’autore molti di questi segni avrebbero dovuto essere eliminati a redazione ultimata, ma sono rimasti ancora presenti in parte della tradizione manoscritta. La tradizione dell’Elementarium ci si presenta insomma con tutte le caratteristiche di un work in progress (Bognini, 2012, p. 415).
La seconda opera che si può attribuire con certezza a Papias è, come si è detto, un’Ars grammatica, la cui data di composizione rimane ignota. Si tratta di una fortunata riduzione delle Institutiones di Prisciano di Cesarea. Quel che più immediatamente colpisce è la pesante riduzione che in essa Papias opera sugli esempi classici che erano presenti nelle Institutiones. Egli riprende, ora letteralmente ora liberamente, definizioni ed esempi priscianei, ma selezionando e rielaborandone i materiali (Cervani, in Ars grammatica, cit., pp. LXXXVII-CVI); nella maggior parte delle volte vengono eliminati e anche quando sono mantenuti viene per lo più eliminata l’indicazione dell’autore e dell’opera. Quasi sempre Papias ha ricavato dalle citazioni che trovava in Prisciano soprattutto singole (o poche) parole da usare come esempio. Insomma, la grammatica per Papias non ha più un rapporto privilegiato e diretto con gli autori classici.
A questi interventi di riduzione degli esempi dai classici si accompagnano interventi indirizzati da interessi di tutt’altro genere. Nell’apparato esemplificativo vengono introdotti nomi e concetti ‘attuali’ e aggiunte chiare spiegazioni di parole difficili. Soprattutto, Papias fa ricorso ad altre fonti, in primo luogo a Donato, ma si serve anche di altri autori non tutti ancora identificati (indicati con quidam) per integrare, aggiornare e chiarire punti delle Institutiones di Prisciano.
Si deve inoltre sottolineare che nel rielaborare Prisciano Papias ha lasciato – rispetto a quanto possiamo riscontrare in altri testi grammaticali medievali e anche nell’Elementarium – scarse tracce della sua cultura ecclesiastica. Le sostituzioni di esempi classici di Prisciano con parole cristiane sono poco frequenti, aggiunte e inserzioni di singole parole propriamente cristiane o ebraiche sono numericamente irrilevanti.
Sono soltanto due, in tutta l’Ars grammatica, i riferimenti certi a testi cristiani: «melius illi fuerat si natus non fuisset homo ille» (de nomine, 1, 4, 12 [da Marco, 14, 21 o Matteo, 26, 24]) e «ipse veniet et salvabit nos» (de pronomine, 8 [da Tobia, 13, 5 e Isaia 35, 4]); il secondo ricorre laddove Prisciano cita Eneide, III, 619-620. Il fatto che così avvenga nell’Ars e non nell’Elementarium sembra confermare che si tratta di una precisa scelta di Papias. Nell’Ars egli inserì anche alcuni versi riconducibili al gusto e alla tradizione scolastica medievale della mnemotecnica, che si ritrovano, variamente modificati e/o ampliati, anche in altri testi grammaticali coevi o di poco posteriori (London, British Library, ms. Addit. 18.381, cc. 49r-51v; Donatus di Paolo Camaldolese; Summa grammatice di Pietro da Isolella e Catholicon di Giovanni Balbi (cfr. Cervani, in Ars grammatica, cit., pp. XCV- XCVII).
La sensazione è che Papias fosse consapevole del fatto che stesse dando la grammatica di una lingua mutata nei secoli, essendo un modernus, come dichiara lui stesso. Anche nell’Elementarium, peraltro, e ancor più chiaramente, egli rivela una forte coscienza di sé, del suo valore, dell’importanza e dell’unicità del proprio impegno. Operando in questo modo, Papias ha fornito, con la sua Ars grammatica, un testo non troppo esteso, ben organizzato e facilmente utilizzabile, che per queste caratteristiche ha goduto di una grande fortuna dal XII al XV secolo. Ne conosciamo i 42 testimoni manoscritti descritti da Roberta Cervani (in Ars grammatica, cit., pp.VII-LVIII), ai quali vanno ora aggiunti tre testimoni segnalati da Bognini, 2012, p. 430).
Con la fortuna di cui l’opera ha goduto nel Medioevo e nell’Umanesimo è in forte contrasto lo scarso interesse della critica moderna. Hermann Hagen ne pubblicò nel 1870 solo pochi estratti, caratterizzandola con una totale dipendenza da Prisciano. Avvenne così che all’opera fu riservato scarso interesse; anche Heinrich Keil si limitò a riportare gli stessi pochi estratti editi da Hagen. Solo la pubblicazione dell’opera completa, a cura di Cervani nel 1998, ha permesso un esame più attento del metodo di lavoro seguito dall’autore.
Edizioni. Per l’Elementarium: l’edizione Venezia, F. Pincio, 1496, è disponibile in ed. anast., Torino 1960 (on-line sul sito http://gallica.bnf.fr); L.W. Daly - B.A. Daly, Some techniques in medieval Latin lexicography, in Speculum, XXXI (1964), pp. 229-231 (edizione della dedica e della prefazione); Papiae Elementarium littera A, a cura di V. De Angelis, I-III, Milano 1977-80; P. Alloni, Papias, Elementarium, littera C. Saggio di edizione critica, tesi di dottorato di ricerca in glottologia e filologia, Università degli studi di Milano, a.a. 1998-99. Per l’Ars grammatica: H. Keil, Grammatici latini, VIII, Leipzig 1880, pp. CLXXXIV-CLXXXVI (De Papiae Arte grammatica ex Prisciano excerpta = Anecdota Helvetica, hrsg. H. Hagen); Papiae Ars grammatica, a cura di R. Cervani, Bologna 1998.
Fonti e Bibl.: Alberico di Montecassino, Breviarium de dictamine (XI sec.), a cura di F. Bognini, Firenze 2008, pp. LXX-LXXIII; Sancti Brunonis Herbipolensis [Brunone di Würzburg], Expositio Psalmorum (XI sec.), a cura di H. Denzinger, Parisiis 1880 (= J.P. Migne, Patrologia Latina, CXLII, p. 41B); Chronica Alberici monachi Trium Fontium a monacho novi Monasterii Hoiensis interpolata (XIII sec.), a cura di P. Scheffer-Boichorst, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXIII, Hannoverae 1874, p. 790; G. Boccaccio, Genealogie deorum gentilium libri (XIV sec.), a cura di V. Romano, Bari 1951, pp. 35, 134, 183 s., 204, 239, 316, 503, 533, 562; Ptolomaei Lucensis [Tolomeo da Lucca], Historia ecclesiastica (XIV sec.), in RIS, XI, Mediolani 1721, col. 1128D; Desiderii Erasmi Roterodami [Erasmo da Rotterdam], Opus epistolarum (1484-1536), a cura di P.S. Allen, I, 1484-1514, Oxford 1906, p. 115; Iacobi Philippi Bergomensis [Giacomo Filippo da Bergamo], Supplementum chronicarum, Brixiae 1485, p. 271; Trithemii [Giovanni Tritemio], Liber de ecclesiasticis scriptoribus (1494), a cura di J.A. Fabricius, Hamburgi 1718, p. 104; S. Berger, De glossariis et compendiis exegeticis quibusdam Medii Aevi, Parisiis 1879, p. 12; G. Goetz, Papias und seine Quellen, in Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Muenchen 1903, pp. 267-275; Id., De glossariorum Latinorum origine et fatis, in Corpus glossariorum Latinorum, I, Lipsiae 1923, pp. 172-184; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, Muenchen 1923, pp. 717-724. S.G. Mercati, Intorno al titolo dei lessici Suida-Suda e di Papia, in Byzantion, XXV-XXVI (1955-56), pp. 173-193 e in Memorie della Accademia nazionale dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 8, X (1960), 1, pp. 1-50; B. Lavagnini, Suida, Suda o Guida?, in Rivista di filolologia e istruzione classica, XL (1962), pp. 441-444; S.G. Mercati, Nota alla memoria intorno al titolo dei lessici Suida-Suda e Papia, in Rendiconti della Classe di scienze morali dell’Accademia nazionale dei Lincei, s. 6, XVII (1962), pp. 19-24; G. Cremascoli, Ricerche sul lessicografo Papias, in Aevum, XLIII (1969), pp. 31-55; V. De Angelis, Critica e tradizione glossografica del lemma AR nell’Elementarium di Papias, in Studi classici e orientali, XIX-XX (1970-71), pp. 99-105; Ead. Due glosse dell’Elementarium di Papias, ibid., XXI (1972), pp. 30-37; Ead., Ansileubus AL 140 Linds., in La parola del passato, CLVI (1974), p. 192; V. De Angelis - I. Cazzaniga, Alcune glosse latine, in Studi classici e orientali, XXIV (1975), pp. 169-178; V. De Angelis, Indagine sulle fonti di Papias, lettera A, in Scripta philologa, I (1977), pp. 117-134; Ead., Papia, Elementarium. Tradizione manoscritta ed edizione del testo: alcuni problemi, in Bandhu. Scritti in onore di Carlo Della Casa, a cura di R. Arena et al., Alessandria 1997, pp. 695-716; Ead., L’Elementarium di Papia: metodo e prassi di un lessicografo, in Scritti di filologia medievale e umanistica, a cura di F. Bognini - M.P. Bologna, Napoli 2011, pp. 13-33: Ead., La redazione preparatoria dell’Elementarium, ibid., pp. 35-72; Ead., Ansie ortografiche d’autore e censure umanistiche: Papia e Bonino Mombricio, ibid., pp. 73-92; F. Bognini, Papias, in Te. Tra. La trasmissione dei testi latini del Medioevo, IV (2012), pp. 413-430.