Vedi PAPHOS dell'anno: 1963 - 1996
PAPHOS (v. vol. V, p. 943)
Città sulla costa occidentale di Cipro che attualmente corrisponde all'area di Kato Paphos e di Ktima. Gli autori antichi (Strab., XIV, 6, 3; Mela, II, 7; Plin., Nat. hist., V, 131; Ptol., Geog., V, 14; Paus., VIII, 5,2) facevano distinzione tra Palàipaphos (l'attuale villaggio di Kouklia), l'antica capitale del regno con il suo famoso Santuario di Afrodite, e Nèa Pàphos, la città nuova, indicata anche semplicemente come P. (Cic., Epist., XIII, 48; Phil. Alex., II, 45; Diod. Sic., XIX, 79, 4; XX, 49, 1; Val. Max., I, 5, 6; Act. Αρ., XIII, 6-12; Dio Cass., LIV, 23).
Nea Paphos. - La fondazione di Nea Paphos avvenne probabilmente tra il 321/320 e il 316/315 a.C. sotto Nicocle, l'ultimo sovrano indipendente del regno. Poco dopo la morte di questo, Cipro cadde nelle mani di Tolemeo I Sotere, re d'Egitto, e, esclusi due brevi intervalli, rimase sotto il dominio tolemaico fino alla morte di Cleopatra, nel 30 a.C. Il completamento del disegno urbanistico della città potrebbe dunque essere ascritto non solo a Nicocle ma anche ai primi Tolemei. Essa divenne uno dei più importanti porti commerciali dell'isola e la principale base navale dei Tolemei, nella quale furono costruite alcune delle loro navi più grandi; agli inizi del II sec. a.C. soppiantò Salamina nel ruolo di capitale di Cipro.
Grazie alle intense ricerche archeologiche condotte negli ultimi anni, Nea Paphos è divenuta un sito di tale importanza da entrare a far parte nel 1981 del World Cultural Heritage List dell'UNESCO. La città occupa un'area di 950.000 m2 e sembra esser stata costruita su uno schema di base a griglia regolare, con strade che formavano insulae rettangolari. È cinta da un muro massiccio, scavato prevalentemente nel fondo roccioso, che si conserva per un'altezza di più di 7,5 m, interrotto da una serie di torri quadrate e poligonali e dalle porte. Gli scavi hanno portato alla luce le fondazioni e i tagli per l'installazione e la costruzione della porta NO che consentiva l'uscita dalla città per mezzo di una rampa lunga 35 m, scavata nella roccia. Le mura si datano agli inizi dell'età ellenistica. Allo stesso periodo risalgono le «Tombe dei Re», tra cui le più interessanti sono quelle scavate nella roccia, costituite da un dròmos a gradini che conduce in un atrio a peristilio sul quale si aprono una o più camere con loculi per la sepoltura. L'ordine dorico sostiene una trabeazione con triglifi e metope; in alcune si conserva una ricca decorazione pittorica. Le poche case ellenistiche finora scavate, in particolare quella scoperta nel 1987 nei pressi della «Villa di Teseo», sembrano appartenere al tipo ad atrio e sono decorate sontuosamente con affreschi e mosaici a ciottoli o a tessere irregolari. Degli edifici pubblici di età ellenistica solo il teatro (il più grande di Cipro) è stato parzialmente scavato, ma alcune iscrizioni attestano l'esistenza di un ginnasio e di templi dedicati a Zeus Polièus, Latona, Afrodite, Artemide Agrotèra e probabilmente Hera, così come quella di un Ptolemàion. Solo due di questi edifici sono stati localizzati con esattezza: di uno, situato vicino alla «Casa di Dioniso», con podio scavato nella roccia, si ignora a quale divinità fosse dedicato e non è escluso che risalga a età romana; l'altro è un santuario rupestre sotterraneo dedicato ad Apollo Hylàtes, costituito da un ambiente quadrato e uno rettangolare. Tra i più importanti ritrovamenti di età ellenistica si ricordano un mosaico a ciottoli raffigurante Scilla, un ripostiglio di 3.484 tetradrammi di argento e una serie di c.a 11.000 sigilli in terracotta che facevano parte dell'archivio di stato, tutti rinvenuti sotto la «Casa di Dioniso», di età romana.
Molto più intense sono state le ricerche relative alla città romana. Essa era dotata di un centro civile razionalmente pianificato nel settore NO che comprendeva un'agora di 95 m2, circondata da un portico con colonne di granito e capitelli corinzi in marmo. Nelle vicinanze dell'agorà sorgono un piccolo odèion e un Asklepièion, quest'ultimo costituito da un lungo corridoio, con una sala absidata fiancheggiata da due stanze quadrate e una lunga galleria. Tutte queste strutture sono state datate al II sec. d.C.
Sulla vicina acropoli resta il podio roccioso di un tempio la cui dedica è sconosciuta. Le epigrafi ricordano il culto di Afrodite, di Artemide e di Zeus, come anche un Tychàion e un tempio dedicato a Settimio Severo e Caracalla. Tra gli altri edifici pubblici conosciuti si annoverano un anfiteatro (mentre manca lo stadio), il teatro profondamente rimaneggiato e una zecca che battè moneta sino al tempo dei Severi.
Il quartiere residenziale è ubicato nell'area S e SO dell'agorà. Qui sono state scavate cinque grandi case, riccamente decorate con mosaici, sculture e altre opere d'arte.
La più antica risale alla fine del ΙΙ-inizi del III sec. d.C. ed è conosciuta come «Casa di Orfeo», dal suo più importante mosaico pavimentale. Un'iscrizione posta sopra la figura riporta un nome, forse quello del proprietario della casa oppure dell'autore del mosaico. L'edificio, scavato solo in parte, è del tipo ad atrio e peristilio ed è decorato con altri mosaici tra cui uno raffigurante Eracle e il leone nemeo e un altro con un'Amazzone in piedi, accanto al suo cavallo. Una datazione leggermente posteriore è attribuita alla «Casa di Dioniso», che trae il suo nome dal carattere dionisiaco di molti mosaici. Tra questi, il più importante rappresenta Dioniso che tiene un grappolo di uva in mano e la ninfa Akmè nell'atto di bere vino, verso i quali è volto Icario che guida un carro carico di otri trainato da buoi; accanto al carro stanno due uomini ubriachi identificati da un'iscrizione come «i primi bevitori di vino».
Anche questa casa è del tipo ad atrio e peristilio, ha più di 40 stanze e occupa un'intera insula; la sua superficie si estende su più di 2.000 m2, di cui 556 decorati a mosaico. Questi costituiscono la più ricca serie di rappresentazioni mitologiche fino a ora conosciute a Cipro: vi compaiono, tra gli altri, i miti di Narciso, Piramo e Tisbe, Apollo e Dafne, Nettuno e Amimone, Fedra e Ippolito, Ganimede. Sono rappresentati anche le Quattro Stagioni, scene di caccia, la vendemmia, un pavone e molti motivi geometrici.
La «Casa delle Quattro Stagioni», in corso di scavo, è decorata con mosaici eseguiti probabilmente dalle stesse maestranze di quelli della casa precedente. Un mosaico unico nel suo genere decora il pavimento di un triclinio di un altro edificio, noto come la «Casa di Aion», che risale al secondo quarto del IV sec. d.C.; esso è composto da cinque pannelli di grande importanza iconografica, rappresentanti la nascita di Dioniso, Leda e il cigno, la gara di bellezza tra Cassiopea e le Nereidi presieduta da Aion, Apollo e Marsia, e il Trionfo di Dioniso. Oltre ai protagonisti dei miti e a molti personaggi secondari, in questi mosaici compaiono anche rappresentazioni, rare o addirittura sconosciute, di personificazioni di concetti astratti, come la Teogonia, Krisis e Piane, tutte identificate dalle iscrizioni.
Immediatamente accanto a questa casa è ubicata la grande «Villa di Teseo», il più vasto complesso residenziale di Cipro. Dalla sua planimetria e dalla ricchezza delle decorazioni, si è dedotto che essa dovesse costituire la residenza del proconsole romano. L'edificio ebbe una lunga vita, dal tardo II fino al V sec. d.C., nel corso della quale subì molti cambiamenti. La parte sino a ora scavata copre un'area di oltre 120 x 80 m ed è composta da un grande cortile centrale circondato da quattro ali, una per ogni lato. L'ala E comprende l'ingresso, l'atrio e le stanze di servizio, quella a Ν le cucine e gli ambienti di lavoro. L'ala O sembra essere stata riservata alle stanze da letto e ad appartamenti privati, mentre quella S contiene una sala per il ricevimento del pubblico e altri ambienti di carattere ufficiale. L'angolo SE dell'edificio è occupato da un grande complesso termale accessibile, sembrerebbe, anche al pubblico. I pavimenti sono decorati con un gran numero di mosaici a motivi geometrici, ma vi sono rappresentati anche soggetti figurati, risalenti a periodi diversi nella storia dell'edificio. Tra questi il più importante è la raffigurazione di Teseo che uccide il Minotauro: il mosaico, di altissimo livello qualitativo, fu realizzato nel III sec. d.C.; venne in seguito gravemente danneggiato, e fu di nuovo restaurato nella seconda metà del IV secolo. Altre importanti raffigurazioni sono quelle di Nettuno e Anfitrite, databili al IV sec., e quella della nascita di Achille, realizzata nel V sec. d.C., una delle ultime rappresentazioni di soggetto pagano a Cipro. Nella villa sono state trovate statue di marmo in quantità superiore a qualsiasi altro sito archeologico di P.; tra di esse le più importanti sono forse quelle che rappresentano Asklepios e Venere armata.
Delle basiliche del primo cristianesimo, la più grande e la più riccamente decorata è la c.d. Panaghia Crisopolitissa. Essa fu costruita originariamente (TV sec. d.C.) con una pianta a sette navate, ma subì numerose alterazioni e ricostruzioni, tra cui la più significativa nel corso del VI secolo. Conserva ricchi mosaici sia geometrici sia figurati così come pavimenti in opus sectile risalenti a diversi periodi compresi tra il IV e il VII sec. d.C.
Verso la fine del IV sec., dopo gravi distruzioni causate dai terremoti, Nea Paphos perse la sua importanza e il suo status di metropoli. La città in seguito risorse in parte dalle rovine e continuò la sua esistenza durante il periodo bizantino.
Bibl.: K. Nicolaou, The Topography of Nea Paphos, in Mélanges offerts à Κ. Michalowski, Varsavia 1966, pp. 561-601; id., Nea Paphos: An Archaeological Guide, Nicosia 1966; I. Nicolaou, O. Morkholm, Paphos, I. A Ptolemaic Coin Hoard, Nicosia 1976; Ζ. Sztetyllo, Nea Paphos, I. Les timbres céramiques, Varsavia 1976; C. Vermeule, Greek and Roman Cyprus: Art from Classical through Late Antique Times, Boston 1976, passim; W. A. Daszewski, Nea Paphos, II. La mosaïque de Thesée, Varsavia 1977; J. Baity, La mosaïque antique au Proche-Orient: I. Des origines à la Tetrarchie, in ANRW, II, 12, 2, 1981, pp. 347-429, in part. 418-422; G. S. Eliades, The Villa of Dionysos, Paphos 1984; F. G. Maier e altri, Paphos: History and Archaeology, Atene 1984; W. A. Daszewski, Researches at Nea Paphos 1965-1984, in V. Karageorghis (ed.), Archaeology in Cyprus 1960-1985, Nicosia 1985, pp. 277-291; S. Hadjisawas, Excavations at the « Tombs of the Kings»-Kato Paphos, ibid., pp. 262-268; A. H. S. Megaw, Le fortificazioni bizantine a Cipro, in CorsiRavenna, XXXII, 1985, pp. 199-231; A. Papageorghiou, L'architecture paléochrétienne de Chypre, ibid., pp. 299-324; W. A. Daszewski, Dionysos der Erlöser, Magonza 1985; W. A. Daszewski, D. Michaelides, A Guide to the Paphos Mosaics, Nicosia 1988; J. Mlynarczyk, Nea Paphos, III. Nea Paphos in the Hellenistic Period, Varsavia 1990; I. Nicolaou, Paphos, II. The Coins from the House of Dionysos, Nicosia 1990; Z. Sztetyllo, Nea Paphos, IV. Pottery Stamps (1975-1989), Varsavia 1991; D. Michaelides, Cypriot Mosaics, Nicosia 19922, passim; J. W. Hayes, Paphos, III. The Hellenistic and Roman Pottery, Nicosia 1992. - Per gli scavi si vedano i resoconti pubblicati in RDAC.
(D. Michaelides)
Palaipaphos. - L'abitato di Palaipaphos, uno tra i pochi centri di culto panregionale che abbiano conservato una certa importanza in epoca greca e romana, è da porre in relazione con il Tempio di Afrodite, dove la dea appare sempre e semplicemente con il suo appellativo Paphìa.
La posizione geografica della città è significativa per la storia del culto: la vicinanza della costa siriaca fece sì che nell'Afrodite di P., sin dall'età arcaica, si fondessero elementi greci con elementi propri dell'Astarte siro-fenicia.
La conoscenza dell'esatta ubicazione di Palaipaphos si perde con la fine dell'antichità: soltanto nel XVI sec., lo svizzero Ludwig Tschudi (1519) e il veneziano Francesco Attar (1540) attribuirono le rovine nelle vicinanze del paese di Kouklia all'antico luogo di culto della dea.
Palaipaphos può esser considerato l'unico antico regno cipriota la cui storia possa essere ricostruita fino al III millennio a.C. Lo sviluppo complessivo del sito copre un arco di tempo di c.a 5000 anni, mentre la continuità del culto legato al Tempio di Afrodite interessa un periodo non inferiore ai 1500 anni (dal 1200 a.C. circa, fino alla fine del IV sec. d.C.): rivela quindi la più duratura tradizione cultuale finora attestata a Cipro.
L'Età del Rame (2800 a.C. circa) vi è testimoniata . da una quantità di reperti, alcuni dei quali documentano, tra l'altro, l'esistenza di un culto locale della fertilità che, intorno alla fine dell'Età del Bronzo, fu probabilmente convertito in culto di Afrodite da immigrati greci. Fino all'epoca del Bronzo Medio, non è possibile determinare con sicurezza le dimensioni e la forma stessa dell'insediamento; è certo invece che nel Bronzo Tardo (1650-1050 a.C.) il sito aveva assunto spiccate caratteristiche urbane. A eccezione del tempio, le costruzioni risalenti a tale epoca non si sono conservate; tuttavia l'impianto urbano può essere determinato nei suoi tratti fondamentali. L'abitato e la necropoli di Palaipaphos non occupavano due spazi distinti, così come a Kition e a Enkomi; nel Bronzo Tardo, tombe a camera si trovavano al di sotto dei quartieri abitativi. Le arti decorative riassumono i tratti delle tradizioni artistiche egea e orientale, così come si osserva in altri centri ciprioti coevi.
Oltre alla ceramica e alla pittura vascolare si ha testimonianza di almeno due laboratori per l'intaglio dell'avorio. Da una tomba del XII sec. a.C. provengono i più antichi oggetti smaltati del Mediterraneo orientale, lavorati probabilmente nella stessa Paphos. A partire dal XV sec. a.C., oltre a ceramica locale, troviamo una quantità crescente di prodotti importati dalla Grecia micenea. Come hanno mostrato gli scavi condotti negli anni 1973-1979, le prime costruzioni monumentali risalgono al 1200 a.C. e rispondono alla tipologia del tempio a corte, che ha origine vicino-orientale: un grande témenos aperto circonda un edificio di culto coperto, di dimensioni modeste, concepito come sala a pilastri.
Intorno alla fine del XII sec. a.C., l'immigrazione di Greci Achei determina una evolta nella storia della città. Al contrario di quanto si osserva negli altri centri dell'isola, il passaggio dalla tarda Età del Bronzo all'Età del Ferro iniziale avviene senza una brusca frattura. Sede dei re-sacerdoti, rimane l'unico centro urbano della zona sud-occidentale di Cipro. L'epoca arcaica e classica (VIII-IV sec. a.C.) rappresentano un altro momento di fioritura per la città, in cui si registrano importanti cambiamenti in ambito topografico e architettonico. Gli edifici cultuali arcaici e classici furono completamente annientati all'epoca della ricostruzione romana; eppure migliaia di terrecotte votive testimoniano la sopravvivenza del culto anche in quell'epoca. L'area abitativa si estende verso E, mentre la necropoli si trova al di fuori della cerchia urbana. La città è circondata da una vasta cinta muraria, costruita agli inizi dell'età arcaica e conservatasi fino al 300 a.C. Un'imponente costruzione in opera quadrata d'età tardo-arcaica, ispirata allo stile palaziale achemenide, ebbe la funzione di residenza regale.
Dinanzi alla porta NE della città si trova un singolare monumento dell'antica architettura militare. Il rinvenimento di materiale relativo a una operazione d'assedio, ha permesso la ricostruzione dettagliata di un attacco compiuto dall'esercito persiano, in occasione della rivolta ionica del 498 a.C. Il più grande insieme unitario di reperti di plastica arcaica cipriota proviene dalle rovine di un tempio, sito nelle immediate vicinanze della rampa d'assedio. Questa scoperta ha fornito la testimonianza di una locale scuola di scultura, alimentata da influssi greci, fenici ed egizi e responsabile di alcuni tra i più notevoli oggetti d'arte cipriota. Dalla rampa d'assedio sono inoltre venute alla luce centinaia di armi e tra esse i primi elmi greci, rinvenuti direttamente nel campo di battaglia.
L'inizio dell'ellenismo segna una svolta decisiva nello sviluppo di Palaipaphos: i quartieri abitativi e artigianali vengono abbandonati e cessa la manutenzione della cinta muraria. Evidentemente, intorno agli inizi del III sec. a.C., una parte della popolazione si trasferisce nella nuova città portuale di Nea Paphos; Palaiphahos serba comunque il suo ruolo di centro religioso panregionale. A eccezione delle numerose iscrizioni di contenuto religioso, sono scarsi i rinvenimenti di età ellenistica.
In epoca romana si registra invece una considerevole ripresa dell'attività edilizia. L'area a O e a S del villaggio moderno è occupata da rovine di abitazioni romane, tra cui la «Casa di Leda», che ha restituito un mosaico del II sec. d.C. di eccezionale pregio. Il tempio, probabilmente distrutto dal terremoto del 76/77 d.C., viene ricostruito alla fine del I o agli inizi del II sec. d.C. L'intervento romano costituisce l'ultima tappa nella lunga storia edilizia dell'area sacra: essa raggruppa ora un complesso insieme di costruzioni di diverse epoche, pur conservando il tradizionale schema del santuario a corte circondato da sale e da una recinzione muraria. Nella sua sintesi di tradizioni occidentali e orientali, l'architettura di questo tempio conserva il ricordo delle origini orientali del luogo di culto. Tuttavia non è più possibile determinare con certezza il punto in cui era collocato il simbolo litico di forma conica raffigurante la dea della fecondità, che, noto da numerose monete, costituì sempre il punto focale dell'area sacra.
A causa della cospicua attività edilizia medievale, non si può stabilire con esattezza la data di distruzione del santuario, a cui dovette comunque contribuire il disastroso terremoto del 4 d.C.
Sicuramente il culto della dea non sopravvisse al regno di Teodosio I, che nel 391 proibì la professione di tutte le religioni pagane.
Bibl.: F. G. Maier, Archäologie und Geschichte. Ausgrabungen in Alt-Paphos, Costanza 1973; E. Erdmann, Nordosttor und persiche Belagerungsrampe in AltPaphos, I. Waffen und Kleinfunde, Costanza 1977; F. G. Maier (ed.), Ausgrabungen in Alt-Paphos, I-IV, Costanza 1977-1986; id., Alt-Paphos auf Cypem, Magonza 1984; F. G. Maier, V. Karageorghis, Paphos. History and Archaeology, Nicosia 1984.
Notizie degli scavi: V. Karageorghis, Ausgrabungen in Alt-Paphos, 2. Ein cypro-archaisches Grab in Alt-Paphos, in AA, 1971, pp. 10-18; F. G. Maier, Alt-Paphos auf Zypern, in AW, II, 1971, 3, pp. 2-14; id., Ausgrabungen in Alt-Paphos, in AA, 1971, pp. 1-10; Chiron, II, 1972, pp. 17-35; AA, 1972, pp. 276-284; 1974, pp. 28-48; 1975, pp. 435-455; 1977, pp. 275-285; 1978, pp. 309-316; 1980, pp. 498-510; 1983, pp. 143-154; 1984, pp. 301-327; 1986, pp. 145-193; 1987, pp. 557-568.