LEONE VI, papa
Di origine italiana, probabilmente romana, L. VI fu papa solo per alcuni mesi del 928 mentre il suo predecessore, Giovanni X, era ancora vivo ma incarcerato dopo una forzata rinuncia alla cattedra di Pietro.
Come per altri papi del periodo, le fonti sono avare di notizie su L. VI; molto di ciò che la storiografia riporta è frutto di pure ipotesi, talvolta nemmeno seriamente fondate. Si sa in ogni caso che era figlio di un giurista, il notaio e primicerio Cristoforo (forse lo stesso che al tempo di Giovanni VIII compare nelle fonti come avversario dell'allora vescovo Formoso), e che la sua famiglia apparteneva all'aristocrazia; divenuto cardinale presbitero del titolo di S. Susanna, venne eletto papa in età non giovanile, forse nel maggio, ma più probabilmente nel giugno 928. L'incertezza della data di elezione si ripercuote anche su quella della morte, che avvenne - secondo le fonti - poco più di sette mesi più tardi.
La sua scelta si dovette certamente all'intervento di Marozia che, rappresentando gli interessi di una parte dell'aristocrazia, di fatto governava Roma attraverso una politica di alleanze piuttosto spregiudicata. Nel 928 era moglie del marchese Guido di Toscana e con il suo appoggio aveva organizzato una rivolta contro papa Giovanni X. Questi era riuscito a raggiungere una significativa indipendenza dall'aristocrazia cittadina, che intendeva mantenere anche puntando sull'aiuto del fratello Pietro, per il quale era riuscito a ottenere il Marchesato di Spoleto dal re d'Italia, Ugo di Provenza. Una sommossa, ispirata da Marozia, aveva condotto, prima del Natale 927, all'uccisione di Pietro, in Laterano, sotto gli occhi del fratello papa; pochi mesi più tardi lo stesso Giovanni X fu costretto, dietro una pressione artatamente attribuita alla volontà popolare, a rinunciare al pontificato; di fatto fu deposto e, dagli armigeri di Marozia e di suo marito, venne condotto e tenuto poi prigioniero in Castel Sant'Angelo.
Nei giorni immediatamente successivi a questi avvenimenti, L. VI fu eletto papa, abilmente presentato da Marozia come il candidato designato da Giovanni X, che veniva dato per morente ma che, in realtà, morì, con ogni probabilità assassinato, alla metà del 929. Marozia considerò L. VI, così come fece con il suo successore Stefano VII, un pontefice "di transizione" in attesa di poter insediare sulla cattedra di Pietro il figlio illegittimo Giovanni, appena ventenne, che fu l'undicesimo papa con questo nome. In effetti non pare che L. VI abbia compiuto atti contrari agli interessi dell'aristocrazia dominante a Roma, cui doveva la propria elezione.
Scarse sono le notizie, d'altra parte, sui pochi mesi del suo pontificato e di lui è rimasta una sola lettera (Regesta pontificum Romanorum, n. 3579), con la quale invita Formino di Zara, Gregorio di Nona e altri vescovi della Dalmazia e della Croazia a sottostare all'arcivescovo Giovanni di Spalato, cui egli stesso aveva conferito il pallio, segno del suo potere di metropolita; intimava inoltre a tutti i vescovi, e in particolare a quelli dell'isola di Lussino, di Arba, di Ragusa, di accontentarsi dei territori delle loro rispettive diocesi e di permettere al vescovo Gregorio di amministrare la chiesa di Scardona. Il documento, che affrontava una situazione assai critica in quella regione, con la quale si era già misurato Giovanni X, non si discosta tuttavia dagli schemi formali di altre lettere simili, che abitualmente i pontefici inviavano in occasione della concessione del pallio. Lo scarso rilievo che il suo pontificato ebbe anche nell'opinione dei contemporanei trova, fra l'altro, riscontro nel fatto che Liutprando, nella sua Antapodosis (III, 43), fa seguire direttamente Giovanni XI a Giovanni X, senza nemmeno menzionare L. VI e il suo successore Stefano VII.
L. VI morì probabilmente nel dicembre 928 (o al più tardi nel mese successivo), in ogni caso prima del suo predecessore, che viveva ancora prigioniero in Castel Sant'Angelo. Ebbe sepoltura nella basilica di S. Pietro.
Fonti e Bibl.: Liutprando, Antapodosis, III, 43, in Id., Opera, in Mon. Germ. Hist., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLI, a cura di J. Becker, Hannover-Leipzig 1915; Flodoardus, De Christi triumphis apud Italiam, XII, 7, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CXXXV, col. 832; Pontificum Romanorum […] vitae ab aequalibus conscriptae, a cura di I.M.B. Watterich, I, Lipsiae 1862, p. 33; Monumenta Hungariae historica, Codex diplomaticus Arpadianus continuatus, XI, a cura di G. Wenzel, Pest 1867, pp. 18 s.; Ph. Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, a cura di S. Löwenfeld et al., I, Lipsiae 1885, p. 453; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 242; Les Annales de Flodoard, a cura di P. Lauer, Paris 1906, p. 179; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, pp. 35-37; Papsturkunden 896-1046, a cura di H. Zimmermann, I, 896-996, Wien 1988, pp. 99 s.; M. Andrieu, La carrière ecclésiastique des papes et les documents liturgiques du Moyen Âge, in Revue des sciences religieuses, XXI (1947), 3-4, p. 114; P. Brezzi, Roma e l'Impero medioevale, Bologna 1947, p. 110; F.X. Seppelt, Die Entfaltung der päpstlichen Machtstellung im frühen Mittelalter, München 1955, p. 355; H. Zimmermann, Papstabsetzungen des Mittelalters, Graz-Wien-Köln 1968, p. 75; Id., Das dunkle Jahrhundert, Graz-Wien-Köln 1971, pp. 66, 77; Storia della Chiesa, a cura di A. Fliche - V. Martin, VII, Torino 1973, p. 54; R. Manselli, L'Europa medievale, I, Torino 1979, pp. 487-516; A.M. Piazzoni, Biografie dei papi del secolo X nelle continuazioni del Liber pontificalis, in Mittellateinisches Jahrbuch, XXIV-XXV (1989-90), pp. 369-382; Dictionnaire de théologie catholique, IX, col. 316; Enc. cattolica, VII, col. 1147; New Catholic Encyclopaedia, VIII, p. 641; Catholicisme, VII, col. 322; J.N.D. Kelly, The Oxford Dictionary of popes, Oxford-New York 1986, p. 122; Diz. stor. del Papato, a cura di Ph. Levillain, II, Milano 1996, pp. 851 s.