GIOVANNI VI, papa
La sua data di nascita è sconosciuta, ma si sa che nacque in Grecia. Divenne papa il 30 ott. 701, succedendo a Sergio I, morto l'8 settembre di quell'anno.
Dimostrò di avere buone doti diplomatiche grazie alle quali riuscì a salvare la vita al cubicularius Teofilatto quando questi, nominato esarca dall'imperatore Tiberio III, cercò di ripristinare in Italia l'autorità imperiale che era praticamente assente da circa dieci anni.
Precedentemente nella penisola era scoppiata una rivolta in seguito al tentativo dell'imperatore Giustiniano II di imporre anche in Occidente (rompendo l'accordo ottenuto pochi anni prima nel VI concilio ecumenico) le decisioni prese nel concilio Quinisesto (691-692), che riguardavano la disciplina matrimoniale del clero e una serie di costumi tipici della Chiesa orientale ai quali il Papato si era sempre opposto. Inoltre anche in Italia si ripercuotevano gli effetti della crisi di instabilità che il potere imperiale attraversava nella stessa Costantinopoli per la deposizione di Giustiniano II (695), alla quale seguì poco dopo quella dell'usurpatore Leonzio (698) da parte del comandante della flotta bizantina Apsimaro, che diventò imperatore col nome di Tiberio III.
Il tentativo dell'esarca Teofilatto provocò immediatamente una sommossa tra le milizie imperiali di stanza in Italia le quali si avviarono verso Roma per scacciare dalla penisola il suo rappresentante. G., preoccupato che si ripetessero i gravi avvenimenti di dieci anni prima, decise di intervenire personalmente: ordinò che fossero chiuse tutte le porte di Roma, per impedire ai soldati di entrare in città e di catturare Teofilatto, e inviò tra i soldati ribelli accampati intorno a Roma alcuni sacerdoti con l'incarico di pacificare gli animi dei rivoltosi e indurli a desistere dalle loro violente intenzioni, compito che gli ecclesiastici riuscirono a portare a termine efficacemente.
G. riuscì così a evitare al massimo rappresentante dell'Impero in Italia le umiliazioni alle quali era stato sottoposto in precedenza l'inviato dell'imperatore Giustiniano II, salvatosi a stento dal linciaggio, quando aveva cercato di portare a Costantinopoli papa Sergio, colpevole di avere rifiutato di obbedire agli ordini dell'imperatore in materia religiosa. L'azione di G. fu importante anche perché impedì che le milizie italiche si macchiassero di un reato grave come l'alto tradimento, che avrebbe potuto avere come conseguenza il distacco dell'Italia da Costantinopoli fornendo così un valido motivo ai Longobardi per assalire i domini bizantini della penisola. L'esarca Teofilatto, probabilmente per ringraziare il papa, decise di non dare seguito a una denuncia contro alcuni cittadini romani, che avrebbe permesso di confiscare i loro beni, e di punire invece i delatori.
G. ebbe occasione di dimostrare le sue qualità di mediatore anche nei confronti del duca longobardo di Benevento Gisulfo, il quale, forse indotto da quello che era accaduto all'esarca, aveva deciso di approfittare della situazione e si era impadronito di Arce, Arpino e Sora e stava puntando su Roma. G. inviò una delegazione a Gisulfo accampatosi in una località situata al quinto miglio della via Latina, ossia ormai quasi in vista di Roma. Gli inviati del papa riuscirono, tramite ricchi doni e il riscatto dei numerosi prigionieri fatti dai Longobardi, a indurre il duca di Benevento ad abbandonare le sue intenzioni bellicose.
L'unica sua lettera pervenutaci indica che G. si occupò anche di vicende non italiane: il vescovo di York Wilfrido (664-709), scacciato per la terza volta dalla sua sede in seguito alla suddivisione della diocesi di Northumbria, andò a Roma nel 703 per appellarsi al papa. G. indisse un concilio a Roma per risolvere la spinosa questione, adottando anche in questa occasione un'accorta condotta diplomatica. Nonostante l'espulsione di Wilfrido fosse in aperto contrasto con i decreti di papa Agatone, egli assunse più il ruolo di arbitro che di giudice per non urtare la suscettibilità della Chiesa inglese. Il sinodo romano riconobbe i diritti di Wilfrido e G. scrisse ai re di Northumbria e di Mercia, facendo un fermo richiamo al primato del papa in quanto successore di Pietro e ordinando a Bertwaldo - confermato in precedenza da G. arcivescovo di Canterbury - di organizzare un sinodo per ricomporre il dissidio e specificando che, se le parti in questione non avessero trovato una soluzione, i contendenti avrebbero dovuto recarsi a Roma.
I pochi anni in cui rimase in carica, la grave situazione politica e il pesante onere rappresentato dalla liberazione dei prigionieri impedirono a G. di impegnarsi a fondo per il miglioramento degli edifici religiosi di Roma, come avevano invece fatto altri papi di questo periodo.
Nonostante ciò, il Liber pontificalis pare voler sottolineare che, comunque, qualcosa venne fatto: si riferisce che G. fece costruire un nuovo ambone per la basilica di S. Andrea, fornì una tovaglia per l'altare della chiesa di S. Marco e dei veli bianchi da mettere tra le colonne dell'altare della basilica di S. Paolo.
G. morì a Roma l'11 genn. 705.
Fonti e Bibl.: Stephanus Eddius, Vita Wilfridi, a cura di W. Levison, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Meroving., VI, Hannoverae 1913, p. 250; Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1882, pp. 383 s.; P. Conte, Regesto delle lettere dei papi del secolo VIII, Milano 1984, pp. 189-191; E. Caspar, Geschichte des Papsttums…, II, Tübingen 1933, pp. 636, 688, 726; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, pp. 408-410; Id., I papi e le relazioni politiche di Roma con i Ducati longobardi di Spoleto e Benevento. Il secolo VIII: da G. VI (701-705) a Gregorio II (715-731), in Rivista di storia della Chiesa in Italia, IX (1955), pp. 6-10; Id., Roma e i Longobardi, Roma 1972, pp. 31 s.; J. Richards, The popes and the Papacy in the early Middle Ages, London 1979, p. 211; T.F.X. Noble, La repubblica di S. Pietro. Nascita dello Stato pontificio (680-825), Genova 1998, pp. 47, 52; Dict. de théologie catholique, VIII, 1, coll. 599 ss.; New Catholic Encyclopedia, VII, p. 1009; Grande Diz. illustrato dei papi, pp. 232 s.; Lexikon des Mittelalters, V, col. 539; Diz. encicl. dei papi.Storia e insegnamenti, p. 86; Diz. storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, I, p. 642.