VOLPICELLI, Paolo
– Nacque a Roma l’8 gennaio 1804 da Alessandro, membro del Collegio medico dell’Università di Roma, e da Francesca Sabelli.
Dopo aver frequentato il collegio di Veroli, Volpicelli intraprese gli studi di medicina a Roma, ma questo percorso, imposto dal padre, non gli era congeniale. Abbandonata la facoltà dopo il primo anno, s’immatricolò come auditor matematicae, conseguendo nel 1827 la laurea ad honorem in filosofia e matematica. I suoi professori lo raccomandarono al governo, perché gli fosse concessa una posizione accademica. Nel 1832 Volpicelli divenne professore di geometria applicata alle arti nell’ospizio di San Michele; quattro anni dopo passò all’insegnamento di fisico-chimica nel Pontificio seminario romano, mentre era supplente di Saverio Barlocci alla cattedra di fisica sperimentale alla Sapienza. Alla morte di quest’ultimo, divenne titolare dell’insegnamento e mantenne l’incarico fino al 1872, quando, in attuazione del piano di riorganizzazione degli studi promosso dal nuovo governo unitario, Pietro Blaserna prese il suo posto e lui passò alla cattedra di fisica matematica.
Associata all’insegnamento di fisica era la direzione del gabinetto universitario. Creato con una prima donazione di Benedetto XIV nel 1748, era stato arricchito nel corso del XVIII secolo di oltre duecento macchine. All’inizio del secolo successivo Barlocci, maestro di Volpicelli, fu il primo a usarle nelle dimostrazioni didattiche; acquisì anche le collezioni di Feliciano Scarpellini, linceo professore di fisica sacra alla Sapienza, e del marchese Giuseppe Origo, appassionato di studi di meccanica. Quando Volpicelli divenne titolare, il gabinetto fisico contava 668 apparecchi. Grazie agli acquisti personali, a quelli sollecitati al camerlengo dell’Università e al lavoro dei suoi macchinisti, Giacomo e Angelo Luswerg, Volpicelli riuscì ad ampliare notevolmente la dotazione di strumenti per le esperienze scientifiche e le dimostrazioni pubbliche. Nel 1857, per interessamento di papa Pio IX, la sede del museo fu rinnovata e collocata all’ultimo piano dell’edificio dell’Archiginnasio; furono restaurati gli apparecchi, fatti nuovi acquisti e allestiti un laboratorio, un osservatorio meteorologico con terrazzino esterno e un anfiteatro per le dimostrazioni pubbliche, che Volpicelli tenne regolarmente il giovedì di ogni settimana. L’ampliamento del museo continuò negli anni successivi: nel 1858 Volpicelli si recò personalmente a Parigi, dove acquistò tutte le macchine di cui aveva bisogno. L’inventario compilato nel 1865 elenca 1019 pezzi suddivisi nelle varie branche della fisica e dell’astronomia. Il museo era diventato, ormai, un punto d’attrazione per gli scienziati durante il loro tour e per le personalità eminenti in visita nella città, come la regina Maria Cristina di Lorena, giunta nel 1858, e il re del Brasile, Pedro II, nel 1877.
Quando papa Pio IX rifondò l’Accademia pontificia dei Lincei nel 1847, Volpicelli, che era stato uno dei fautori della rinascita dell’istituzione e aveva fornito il principale contributo alla compilazione del nuovo statuto, venne nominato segretario. La carica, di durata decennale, fu riconfermata tre volte. Nel 1877, per l’impegno costante profuso, fu acclamato segretario emerito. L’attività di Volpicelli in seno all’Accademia fu energica e diligente, occupandosi dell’amministrazione, della cura degli Atti, della corrispondenza e dei rapporti tra i componenti e le altre società. Illustrò la storia dell’istituzione in una lunga memoria, Sull’Accademia de’ Lincei dal terzo suo risorgimento nel 1795 sino alla istituzione sua governativa nel 1847 (Roma 1851) e ricostruì anche alcuni particolari della biografia di antichi lincei, in particolare di Galileo Galilei e di Federico Cesi. Negli Atti dell’Accademia pubblicò circa la metà dei suoi contributi scientifici.
Volpicelli si dedicò con uguale interesse alla matematica e alla fisica e quest’ultima trattò sia negli aspetti matematici sia in quelli sperimentali. Si applicò agli studi di geologia, di meteorologia, di ottica, di termodinamica, di elettricità e magnetismo. Nella sua prima memoria, letta all’Accademia dei Lincei nel 1830, Sopra un articolo della fisica meccanica di E.G. Fischer commentato da Biot, applicò l’analisi al calcolo della pressione dell’acqua su una superficie rettangolare, correggendo il relativo teorema del tedesco Ernst Gottfried Fischer. Volpicelli pubblicò anche note eminentemente matematiche, dando dei contributi originali al calcolo integrale delle equazioni differenziali a tre variabili, alla teoria generale delle equazioni algebriche determinate, alla soluzione di vari problemi di geometria descrittiva. L’amicizia con il matematico Barnaba Tortolini, che risaliva agli anni della formazione universitaria, gli consentì di pubblicare, soprattutto negli anni 1850-53, negli Annali di scienze matematiche e fisiche, la rivista che stava aprendo la comunità dei matematici italiani alla visibilità estera. Seguirono altri contributi nei Comptes rendus de l’Académie des sciences e negli Annali di matematica pura e applicata.
Nel 1847 Volpicelli fondò a Roma una Scuola speciale di artiglieria, che diresse per trent’anni. Nel 1848 il ministro del governo pontificio Pellegrino Rossi lo designò segretario della Commissione delle armi facoltative, un organo consultivo del ministero delle Forze armate del papa. Infine, nel 1851, entrò a far parte del Collegio filosofico dell’università romana, titolo che era riservato a soli dodici docenti dell’istituzione scelti tra i matematici, gli astronomi e gli architetti.
Le ricerche di Volpicelli in questi anni si concentrarono soprattutto sulla meteorologia. Eseguì regolari osservazioni nella specola universitaria, servendosi anche di strumenti di sua ideazione, come un anemometrografo (1859), che registrava la variazione della velocità e della direzione dei venti con un meccanismo azionato da un elettromagnete, e un barometro aneroide a massima e minima per la misura della pressione atmosferica (1851). Adoperando una pila termoelettrica realizzò osservazioni sulla radiazione calorifica dei diversi punti della superficie solare insieme ad Angelo Secchi, con il quale alcuni anni dopo entrò in forte conflitto.
La rivalità fu provocata dal veto posto indirettamente da quest’ultimo alla pubblicazione delle osservazioni di elettricità atmosferica di Volpicelli nel Giornale di Roma, a fianco di quelle da lui realizzate nel Collegio romano. Secchi non approvava il metodo utilizzato dal collega per eseguire le osservazioni e giudicava i suoi risultati inattendibili. Volpicelli si serviva, infatti, di un sistema basato su un conduttore fisso o asta frankliniana, ormai accantonato nei principali osservatori italiani ed esteri.
Nel 1851 Volpicelli iniziò un’intensa corrispondenza con il geologo pesarese Domenico Paoli, con il quale si confrontò sulla questione dell’origine dei ghiacciai. Anche a suo parere, l’irraggiamento solare giocava un ruolo determinante nella formazione delle calotte polari, ma non poté confermare integralmente questa tesi, perché le sue osservazioni erano limitate alla latitudine di Roma e a una sola stagione dell’anno.
Il principale interesse di Volpicelli fu quello per l’elettrostatica. Studiò i condensatori e anticipò gli studi sull’elettrostrizione (variazione delle dimensioni dell’isolante soggetto a un campo elettrico).
Attirandosi accese contestazioni, difese con vigore l’ipotesi formulata nel 1854 da Macedonio Melloni, relativa a una nuova interpretazione del fenomeno d’induzione tra le cariche. Sull’argomento lavorò per venticinque anni, pubblicando diverse decine di memorie e un Trattato completo sulla elettrostatica induzione od elettrica influenza (Roma 1883), primo volume di un’opera più ampia che non vide, però, la luce. Dimostrò una notevole conoscenza della discussione sui condensatori e sulle esperienze d’induzione prodotta in quegli anni soprattutto in lingua francese e tedesca, oltre che in italiano, e riferì anche alcune osservazioni originali da lui realizzate con un induttore costante, cioè con una pila a secco di 24.500 elementi, che non mutava la sua carica per dispersione nell’ambiente. Grazie a una notevole competenza nell’uso dell’analisi matematica superiore, mostrò quali fossero i limiti dei teoremi dell’elettrostatica formulati alla fine del secolo precedente nel calcolo della distribuzione della carica sui corpi elettrizzati per induzione. Purtroppo, la difesa a oltranza delle sue posizioni giocò a discapito dell’obiettività dei risultati riferiti. Le critiche che ne derivarono fecero presto dimenticare il suo contributo su questi aspetti della ricerca sperimentale.
Gli altri campi della fisica in cui Volpicelli si cimentò furono l’ottica, in cui effettuò alcune osservazioni sulla persistenza dei colori sulla retina, sugli effetti luminosi ottenuti per mezzo dell’elettricità, su una nuova lampada elettrodinamica di Duboscq-Soleil; l’acustica, nella quale esaminò la variazione del suono prodotto dal moto del corpo sonoro; il magnetismo, in cui effettuò alcuni studi sui motori elettromagnetici, il magnetismo delle rocce, i metodi di magnetizzazione.
Volpicelli fu molto stimato all’estero. Conobbe diversi scienziati nei suoi numerosi viaggi e alcuni gli fecero visita a Roma: tra questi vi furono Michael Faraday, David Brewster, George Biddell Airy, August de La Rive, François Arago, Urbain Le Verrier, Edmond Becquerel, Jean-Baptiste-André Dumas, Edmond Fremy, con molti dei quali mantenne un’assidua corrispondenza. Fu membro corrispondente dell’Académie des sciences di Parigi, dell’Accademia delle scienze di Torino e di quella di Napoli; membro ordinario della Société de physique et d’histoire naturelle di Ginevra, della Société helvétique des sciences naturelles, della Società meteorologica italiana e di altre accademie. Negli ultimi anni della sua vita continuò a fare ricerca presso la propria abitazione con alcune macchine prestate dal museo fisico.
Morì a Roma il 14 aprile 1879, all’età di settantacinque anni, con la benedizione del papa in articulo mortis.
Volpicelli scrisse oltre trecento articoli scientifici pubblicati soprattutto negli Atti della Reale Accademia dei Nuovi Lincei e nei Comptes-rendus de l’Académie des sciences di Parigi. Postumo uscì il Trattato completo sulla elettrostatica induzione od elettrica influenza, Roma 1883.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Università di Roma, Archivio moderno, bb. 299, 303, 310, 315, 769, 1078; Roma, Biblioteca Corsiniana, Archivio Linceo, bb. 113-114; Archivio della Pontificia Università Gregoriana, APUG 5; Paris, Archives de l’Académie des sciences, Pochette de séances (1874; 1877); Genève, Bibliothèque publique et universitaire, ms. fr. 2320; 4178.
Q. Sella, Cenno necrologico di P. V., in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Memorie della cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 3, III (1878-1879), pp. 160-168; D. Ragona, P. V., in Annuario della Società meteorologica italiana, II (1879), 41-42-43-44, pp. 277-286; Illustri contemporanei. P. V., in Illustrazione italiana, 18 maggio 1879, p. 315 (ritratto a p. 317); P. V., in Nature, 5 giugno 1879, vol. 20, pp. 126 s.; P. V., in Natura, III (1879), 1, pp. 297 s.; P. V., in Dizionario del Risorgimento nazionale dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, IV, Milano 1937, p. 606; P. V., in Dizionario biografico degli scienziati e dei tecnici, a cura di G. Dragoni - S. Bergia - G. Gottardi, Bologna 1999, p. 1496; G. Battimelli - M. G. Ianniello, Fermi e dintorni. Due secoli di fisica a Roma (1748-1960), Milano 2012, pp. 55-75; L. De Frenza, P. V.: a scientist’s career in papal Rome, in Società italiana degli storici della fisica e dell’astronomia. Atti del XXXVII Convegno annuale..., Bari... 2017, a cura di B. Campanile - L. De Frenza - A. Garuccio, Pavia 2019, pp. 135-148.