TRONCI, Paolo
– Nacque a Pisa il 19 gennaio 1585 da Niccolò di Paolo e da Maria Elisabetta D’Abramo.
La famiglia, originaria di Radicofani, si era trasferita a Siena nel XV secolo e poi a Pisa, dove nel 1522 aveva ottenuto la cittadinanza (Amante Simoni, 1980, p. 146). Paolo era il secondogenito e a lui seguirono altri quattro fratelli e tre sorelle. Il padre, ben introdotto nell’ambiente nobile ed ecclesiastico cittadino, oltre a svolgere la professione notarile era procuratore e cancelliere dell’Opera del duomo e di altri enti pisani (Amante Simoni, in Paolo Tronci, storico..., 1985, pp. 66-68). Dei cinque fratelli solo il minore, Ascanio, si sposò ed ebbe due figli, ma con lui la discendenza maschile della famiglia si estinse perché l’unico maschio morì in tenera età. Delle sorelle, due si monacarono in un monastero pisano, mentre la maggiore sposò un nobile pisano (Alle molto reverende sorelle..., in Simoni Amante, 1975-1976, p. 378).
Nel 1599 il padre condusse Paolo a Roma, presso un cugino, Guglielmo, che aveva aperto una banca ed era legato all’ambiente pontificio; probabilmente pensava di inserirlo nell’azienda del cugino, privo di eredi diretti, ma Guglielmo, morto poco dopo il loro arrivo, aveva nominato erede il suo agente. Questi mantenne agli studi Paolo, che, nel collegio Clementino, seguì per circa due anni corsi di retorica e di filosofia; ritornato a Pisa studiò diritto civile e canonico, addottorandosi il 26 aprile 1605 (Archivio di Stato di Pisa, Monini, 4 , Libro di ricordi, c. 72r). Tornò quindi a Roma per fare pratica legale con Baldassarre Buonadies e Giulio Fei ed entrò poi al servizio del cardinale Marcello Lante, che lasciò per dedicarsi nuovamente allo studio sotto la protezione di Alessandro Giusti, auditore di Rota (ibid.); nel contempo conseguì gli ordini minori nel 1607 e la cittadinanza romana nel 1608. Frattanto il padre riusciva a fargli ottenere a Pisa alcuni benefici ecclesiastici, senza cura di anime, il che gli permise successivamente di avere la dispensa papale per l’ottenimento di ulteriori benefici e per la carica di lettore iure civile presso lo Studio pisano (Greco, in Paolo Tronci, storico..., 1985, p. 39).
Dopo la morte di Giusti, avvenuta nel 1609, rimase fino al 1611 a Roma, ma tornò poi a Pisa, dove divenne canonico del capitolo della primaziale e fu ordinato sacerdote nel marzo del 1612. Gli anni seguenti videro una serie di nuovi incarichi: giudice sinodale nel 1612, protonotaro apostolico nel 1613, conservatore dei padri conventuali e dei minimi nel 1613 (Libro di ricordi, cit., c. 3r), vicario del capitolo, direttore delle monache di S. Giuseppe; nel 1619 l’arcivescovo lo nominò deputato sul seminario e in questa veste ha lasciato un manoscritto, Deliberazioni della Deputazione Conciliare per il Seminario, dove traccia la storia dell’istituto (Sodi, 2018, p. 23).
Come riportato nel Libro di ricordi, gli anni pisani lo videro impegnato in numerosi viaggi e nella stesura di diverse opere, nessuna delle quali fu data alle stampe durante la sua vita. Nel maggio del 1617 accompagnò a Lucca l’arciduchessa Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II, e il cognato, il cardinale don Carlo de’ Medici, per la festa dell’inventio crucis. Nel maggio dell’anno seguente si recò a Loreto in pellegrinaggio. Nel gennaio del 1619, su incarico dell’arcivescovo di Pisa visitò quella parte della Maremma che era sotto la diocesi pisana. Nell’agosto del 1620, fece un viaggio di circa un mese nell’Italia settentrionale: la meta principale era Milano, per un pellegrinaggio al corpo di s. Carlo e al sacro monte di Varallo, ma sia all’andata, attraverso il Piemonte, sia al ritorno per l’Emilia furono numerose le soste nelle principali città. Ovunque visitava le chiese, soffermandosi sulla loro architettura, sui quadri al loro interno, sui loro arredi. Come vedremo, questo interesse mostra uno dei suoi caratteri peculiari, quello di appassionato cultore d’arte che avrebbe trovato ulteriore conferma nella sua Descrizione delle chiese [...] di Pisa e nella raccolta non numerosa, ma significativa di quadri che riuscì a collezionare.
Molti di questi viaggi mostrano inoltre la capacità di Tronci di legarsi a personaggi importanti della gerarchia ecclesiastica e granducale. Nel 1622, infatti, accompagnò in qualità di maggiordomo il vescovo Innocenzo Massimo, nominato nunzio a Madrid. Massimo aveva ricoperto l’anno precedente il medesimo incarico presso la corte medicea ed è probabile che durante il soggiorno toscano avesse conosciuto Tronci. Quest’ultimo scrisse un diario del viaggio, sotto forma di lettera alle sorelle monache. Il manoscritto, autografo, riporta con dovizia di particolari le tappe, i mezzi usati negli spostamenti, le chiese e gli ospedali visitati, le feste e le cerimonie religiose, ma della sua permanenza a corte e delle istruzioni che erano state date al nunzio non si fa alcun cenno.
La permanenza a Madrid durò pochi mesi, dalla fine del luglio del 1622 ai primi di novembre, perché Tronci lasciò il nunzio a Madrid e rientrò a Pisa, adducendo motivi di salute. In realtà è probabile che avesse avuto sentore di un certo malcontento negli ambienti romani nei confronti di Massimo, per la sua scarsa difesa della giurisdizione ecclesiastica in Spagna (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 399, cc. 33r-48r). Nel dicembre del 1623 venne inviato dall’arcivescovo di Pisa Giuliano de’ Medici a Roma per la visita ad limina, dove affrontò anche l’annosa questione della primazia in Sardegna, sorta tra gli arcivescovadi di Sassari e Cagliari, sulla quale proprio Tronci, nel 1611 ancora a Roma, aveva informato l’arcivescovo perché rivendicasse i diritti della primazia pisana (Greco, 1995, pp. 268-284). La sua collocazione nella Chiesa pisana appare di rilievo se nell’aprile del 1624 l’arcivescovo lo nominò suo luogotenente con il titolo di visitatore generale sopra le prigioni e sopra la dottrina cristiana e gli propose la prepositura di Livorno, carica prestigiosa, ma onerosa, che Tronci rifiutò forse per non abbandonare Pisa e i suoi interessi locali (Greco, in Paolo Tronci, storico..., 1985, p. 46). Così come appare ben introdotto nella corte medicea, dal momento che sempre nel 1624 fu nominato gentiluomo dell’arciduchessa e nel 1626 accompagnò l’arcivescovo Giuliano de’ Medici a Roma (Libro di ricordi, cit., c. 56rv). Infine nel 1629 fu nominato vicario arcivescovile e operaio del monastero delle convertite, fondato dalla granduchessa Cristina, che ne controllava l’amministrazione. Entrambi gli incarichi mostrano il suo forte legame con Casa Medici. Come vicario dovette affrontare la lunga pestilenza che colpì Pisa tra il 1630 e il 1632.
Le vicende di questo periodo sono narrate in un manoscritto intitolato in costola Memorie del mal contagio, redatto in prima persona; anche se la grafia non è di Tronci, l’attribuzione appare certa perché l’autore ricorda di aver ricevuto, in qualità di suo vicario, una lettera di istruzioni dall’arcivescovo Medici (Frosini, 1980, p. 180). Il testo è interessante, perché l’autore menziona i provvedimenti presi in questo periodo, allegando anche gli ordini a stampa emanati dal magistrato della Sanità.
Dopo il ritorno da Roma Tronci si era dedicato alla stesura di altre opere, tra queste, una storia di Pisa in forma annalistica che presumibilmente doveva partire dagli inizi dell’era cristiana fino agli anni Quaranta del Quattrocento. Esistono a stampa le Memorie istoriche della città di Pisa raccolte da Monsignore Paolo Tronci, pubblicate nel 1682 a Livorno dagli eredi. In realtà si tratta di un’opera apocrifa, estratta probabilmente da un’opera di Tronci incompleta e lacunosa (Cristiani, in Paolo Tronci, storico..., 1985). Alla fine del Settecento, oltre ai volumi che raccoglievano gli appunti delle Memorie, esistevano presso i discendenti di una sorella alcuni manoscritti di Delle Famiglie Pisane antiche e moderne. Oggi queste due opere sono andate perdute, mentre rimangono manoscritti sugli arcivescovi pisani, sul monastero di S. Giuseppe, sugli stemmi delle famiglie pisane e una descrizione degli edifici sacri di Pisa (Sodi, 2018, pp. 19-21). Noto anche a Ferdinando Ughelli che ne fece l’elogio e lo utilizzò come fonte per le vicende della Chiesa pisana (Italia Sacra, III, Venetiis 1718, col. 353), Tronci è stato ripetutamente utilizzato dagli storici dell’arte, perché offre un’accurata e attendibile testimonianza degli edifici sacri pisani dell’epoca, sia nel loro aspetto architettonico, illustrato anche da pregevoli acquerelli, sia nel loro arredo interno, sottolineando aspetti più devozionali, in linea con il clima della controriforma, come la presenza di reliquie e la dedicazione degli altari. Le opere di Tronci nascono da un’accurata disamina delle fonti disponibili: quelle archivistiche del Comune, dell’arcivescovado, del capitolo, nonché di archivi privati, senza dimenticare il ricorso agli «scrittori di storie» che l’avevano preceduto.
Accanto all’interesse per la storia, Tronci si rivela un attento collezionista di opere d’arte, gemme, monete, oggetti d’argento, in parte acquistati a Roma, in parte provenienti probabilmente dalla ristrutturazione delle chiese pisane, in ossequio ai dettami del Concilio tridentino; come riportato nei Ricordi possedeva una trentina di tele tra le quali il S. Paolo di Masaccio, oggi al Museo nazionale di S. Matteo di Pisa, e opere (delle quali non si conosce la collocazione attuale) di Cimabue, Giotto, Raffaello, del Rosso, Franciabigio, Sodoma, Michelangelo, Correggio, Salviati; la frequentazione degli ambienti romani e fiorentini e la sua amicizia con Cassiano Dal Pozzo, noto intenditore e collezionista, devono aver contribuito a formare una preparazione artistica di notevole spessore.
Morì a Pisa il 25 luglio 1648.
Opere. Archivio di Stato di Pisa, Monini, 4: Libro di ricordi; Memorie del mal contagio, Miscellanea di Mss. di proprietà libera, 8; Pisa, Archivio capitolare, C 186: Armi e stemmi delle Famiglie Pisane; Archivio storico diocesano, Seminario, Deliberazioni della Deputazione Conciliare per il Seminario; Biblioteca Cardinal Maffi, Manoscritti, 41.50: Memorie del Monastero di San Giuseppe di Pisa, Manoscritti, 41.78: Notizie relative agli arcivescovi di Pisa dall’anno 45 dell’era volgare; Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 341/3: diverse lettere sull’amministrazione del monastero delle convertite al segretario granducale; Due manoscritti di Paolo Tronci sul primato della Chiesa pisana (sec. XVII), a cura di A. Manghi, Pisa 1906; Alle molto reverende sorelle dilettissime suor Pantasilia e suor Hipolita Tronci monache in S. Lorenzo in Pisa, pubblicato in C. Simoni Amante, Diario del viaggio in Spagna di Paolo Tronci (1623-24), in Bollettino storico pisano, XLIV-XLV (1975-1976), pp. 369-426 (l’autrice lascia il computo degli anni usato da Tronci, cioè lo stile pisano, che inizia il 25 marzo ed è un anno avanti rispetto allo stile comune); Descrizione delle chiese, monasteri, et oratori della città di Pisa, a cura di S. Bruni, Pisa 2018 (ed. anast. del manoscritto).
Fonti e Bibl.: C. Amante Simoni, Contratti e ricordi di casa Tronci (sec. XVI e XVII). Contributo alla storia delle vicende patrimoniali di una famiglia pisana, in Bollettino storico pisano, XLIX (1980), pp. 145-176; D. Frosini, Il libro di ricordi e il collezionismo di P. T., ibid., pp. 177-195; P. T., storico ed erudito pisano, Pisa 1985 (in partic. G. Greco, P. T., chierico e funzionario della Chiesa pisana nella prima metà del Seicento, pp. 21-54; C. Amante Simoni, Note biografiche su P. T. (1585-1648), pp. 55-75; E. Cristiani, P. T. e le «Memorie istoriche di Pisa», pp. 91-97); G. Greco, La ‘primazia’ della Chiesa pisana nell’età moderna: il titolo come onore e come strumento, in Nel IX centenario della metropoli ecclesiastica di Pisa, a cura di M.L. Ceccarelli Lemut - S. Sodi, Pisa 1995, pp. 249-306; S. Sodi, Il canonico pisano P. T. e la nascita della storia della Chiesa in Italia, in P. Tronci, Descrizione delle chiese..., cit., 2018, pp. 17-36.