SPRIANO, Paolo
SPRIANO, Paolo. – Nacque a Torino il 30 novembre 1925 da Giovanni e da Luigina Ricaldone, originaria di Mirabello Monferrato.
Rimasto presto orfano della madre, fu affidato dal padre alla nonna e agli zii materni, proprietari dell’Istituto-convitto Ricaldone, dove studiò fino alla maturità classica conseguita nell’estate del 1943.
Si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università torinese e si avvicinò, tramite il compagno di liceo Gianni Jarre, a Giustizia e libertà (GL). Dopo l’8 settembre 1943, impegnato nell’attività cospirativa, fu arrestato dalla polizia fascista, ma riuscì a fuggire e a raggiungere l’amico Jarre e i partigiani della 4ª divisione alpina di GL, operante in valle di Susa. Lì Spriano, che assunse il nome di battaglia Pillo, conobbe il figlio di Piero Gobetti, Paolo, e sua madre Ada Prospero.
La Resistenza fu per Spriano «importantissima» e diede «l’impronta alla sua vita»: così ha ricordato in un’intervista Carla Guidetti Serra, studentessa all’Accademica di belle arti, che conobbe Spriano a Torino subito dopo la Liberazione, durante la sfilata dei partigiani e con il quale si sposò nel 1948 (Lilli, 1993). Dal matrimonio nacque Bianca, a lungo gravemente malata e prematuramente scomparsa il 15 giugno 1977.
Terminata la guerra, Spriano riprese gli studi universitari, ospitato dalla famiglia Gobetti, che definì in una lettera a Ada, «mia famiglia elettiva» (14 agosto 1947, Albeltaro, 2013, p. 888). A Piero Gobetti dedicò la tesi di laurea, che discusse nel giugno del 1947 sotto la guida di Romolo Quazza: un argomento che, secondo il racconto di Gaetano Salvemini, suscitò discussioni in sede di commissione di laurea soprattutto da parte di Francesco Cognasso, che non lo ritenne «materia di storia» (P. Spriano, Le passioni di un decennio 1946-1956, Milano 1987, p. 81).
Collaboratore di Giustizia e libertà, organo del Partito d’Azione, dopo lo scioglimento di quest’ultimo Spriano si iscrisse al Partito comunista italiano (PCI) ed entrò nella redazione dell’edizione torinese del quotidiano l’Unità. Per il quotidiano comunista, oltre agli interventi di cronaca e di politica, Spriano scrisse articoli e recensioni sui temi che sarebbero stati al centro della sua ricerca storica: le lotte operaie, Antonio Gramsci, Gobetti, il movimento socialista e comunista. Nel 1955 si trasferì a Roma, assumendo l’incarico di redattore del Contemporaneo, settimanale del PCI nato l’anno precedente.
Tra i numerosi scritti sul Contemporaneo, un tema su cui Spriano intervenne insistentemente fu quello delle condizioni delle fabbriche e delle trasformazioni nei rapporti di lavoro. Sull’Unità condusse, con Luca Pavolini, un’inchiesta sui salari industriali (Il salario in Italia, Roma 1957).
Come molti intellettuali comunisti, Spriano fu sconvolto dagli eventi del 1956: in un suo editoriale (non firmato) del Contemporaneo (3 novembre 1956), in cui manifestò «angoscia» e «dolore per il sangue versato in Ungheria», scrisse in maniera esplicita della «degenerazione di quei sistemi che avevano importato dall’alto il sistema staliniano» e della necessità per il futuro di «democratizzazione delle strutture politiche, giuridiche, civili in generale». Per questo sottoscrisse la lettera di protesta di centouno intellettuali al comitato centrale del PCI, anche se, quando il documento all’insaputa dei firmatari fu pubblicato sul Punto (3 novembre 1956), ne prese le distanze. Spriano rimase iscritto al PCI, a differenza di altri amici, come Italo Calvino, al quale era legato dai tempi dell’università, nella convinzione che le battaglie per il rinnovamento dovessero essere condotte all’interno del partito. Gli eventi di quell’anno lo convinsero che si fosse aperta un’«epoca nuova», che era finita l’epoca del «marxismo codificato» e dell’«intangibilità» del marxismo-leninismo (Vittoria, 2014, p. 227). Da quel momento si pose l’esigenza di «una revisione dei giudizi sul passato»: «Fare i conti, anche storiograficamente, con lo stalinismo – avrebbe ricordato più avanti – diventava per molti, sia che avessero abbandonato il PCI sia che vi fossero rimasti, riesaminare, quindi contestare, una serie di certezze che avevano informato la cultura marxista italiana» (Intervista sulla storia del Pci, a cura di S. Colarizi, Roma-Bari 1979, p. 8).
Conclusa l’esperienza del Contemporaneo, Spriano riprese il lavoro all’Unità e la collaborazione a Rinascita e ad altre testate del PCI. Il suo impegno si indirizzò sempre più verso l’attività di studioso della storia del movimento operaio e del PCI.
Fondamentale in questo senso fu il rapporto con l’editore Giulio Einaudi, con il quale aveva cominciato a lavorare già dai primi anni Cinquanta, venendo per breve tempo assunto come capo dell’ufficio stampa. Dopo Gobetti, del quale Spriano curò un’antologia degli scritti nel 1951 e in seguito due volumi delle Opere complete (Torino 1960, 1969), fu proprio Einaudi «a incoraggiar[lo] a trasferire su un piano di ricerca storiografica» i numerosi articoli dedicati al movimento operaio torinese tra fine Ottocento e primi Novecento (Intervista, cit., p. 6): da qui nacquero due volumi (1958, 1960), che furono poi riuniti in Storia di Torino operaia e socialista da De Amicis a Gramsci (1972), ai quali seguirono gli studi sull’occupazione delle fabbriche del 1920, sul pensiero di Gramsci, del quale curò anche diversi volumi di scritti, e sulla rivista Ordine nuovo, della quale curò un’antologia (1963). Con Einaudi e Giulio Bollati Spriano concordò la stesura di una Storia del Partito comunista italiano, inizialmente prevista in un volume, che uscì in cinque volumi tra il 1967 e il 1975.
Spriano si mosse in piena autonomia rispetto al proprio partito, sulla base di una ricerca filologicamente rigorosa, dalla quale sarebbero emerse significative novità. Avendo precisato con i dirigenti comunisti – come scriveva a Bollati il 7 ottobre 1964 – «il carattere scientifico del lavoro e la mia responsabilità personale» (Vivanti, 1990, p. 195), poté consultare «in modo riservatissimo» l’archivio del PCI (a Bollati, 31 gennaio 1965).
La storia del PCI fu un grande successo editoriale, con numerose edizioni. Per Einaudi Spriano svolse un ruolo crescente anche come consulente editoriale, partecipando in prima persona ai progetti della casa editrice.
Nel 1963 aveva conseguito la libera docenza in storia contemporanea e aveva cominciato a tenere corsi liberi presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Roma. Nel 1967 divenne docente di storia contemporanea alla facoltà di magistero dell’Università di Cagliari, dove fu anche direttore dell’Istituto di studi storici, venendo nominato professore ordinario nel 1976. Nell’ottobre del 1981 fu chiamato come docente di storia dei partiti politici alla facoltà romana di lettere e filosofia.
Membro del comitato regionale sardo del PCI, dal 1972 cooptato nel Comitato centrale, Spriano fu sempre attivo anche nelle iniziative politiche in cui lo coinvolgevano le sezioni comuniste di tutta Italia. Fu chiamato come consulente storico di trasmissioni radiofoniche e televisive e spesso invitato a partecipare a dibattiti politici o sui risultati elettorali.
Dal 1979 al 1981 fu direttore dell’Istituto Gramsci, impegnandosi affinché diventasse un’istituzione aperta e non limitata agli studiosi comunisti, e ponendo le basi per la sua trasformazione in fondazione (1982).
Tra i temi dell’attività culturale dell’Istituto, Spriano sostenne in particolare l’esigenza dello studio dell’Unione Sovietica e dei Paesi dell’Est europeo. Già dalla fine del decennio precedente si era impegnato nell’approfondimento dei rapporti tra PCI, il suo segretario e l’Internazionale comunista negli anni Trenta (Il compagno Ercoli. Togliatti segretario dell’Internazionale, Roma 1980; I comunisti europei e Stalin, Torino 1983), aveva curato il IV volume delle opere di Palmiro Togliatti, dedicato agli anni 1935-44 (1979) e aveva ripreso le questioni riguardanti le divergenze tra Gramsci e il partito (Gramsci in carcere e il partito, Roma 1977).
L’ultimo lavoro di Spriano, che aveva avviato una collaborazione con il Corriere della sera, fu dedicato alla ricostruzione, sulla base della memoria e della documentazione personale, della sua attività di giornalista e militante comunista, dei rapporti tra gli intellettuali e Togliatti, della frattura del 1956, nel citato volume che intitolò Le passioni di un decennio, poiché «accanto alle convinzioni e ai fatti contavano e pesavano i sentimenti, le fedi, i miti» (p. 8).
Morì improvvisamente a Roma il 26 settembre 1988, lasciando incompiuta nel suo studio all’Istituto Gramsci la ricerca dedicata a Gramsci in carcere, cui si era impegnato grazie alla documentazione proveniente dagli archivi sovietici (cfr. L’ultima ricerca di Paolo Spriano. Dagli archivi dell’Urss i documenti segreti per salvare Antonio Gramsci, Roma 1988).
Opere. Una bibliografia completa, a cura di A. Höbel, è in Paolo Spriano Epistolario (1947-1988), a cura di G. Sorgonà - G. Vacca, in corso di stampa. Oltre alle opere citate si vedano: L’occupazione delle fabbriche: settembre 1920, Torino 1964; Gramsci e «L’Ordine nuovo», Roma 1965; «L’Ordine Nuovo» e i Consigli di fabbrica, Torino 1971; L’informazione nell’Italia unita, in Storia d’Italia, V, I documenti, Torino 1973, pp. 1832-1866; Storia del partito e storia d’Italia, in La ricerca storica marxista in Italia, Roma 1974, pp. 87-100; La tattica del fronte unico (1921-1925), in Problemi di storia dell’Internazionale comunista (1919-1939), Torino 1974, pp. 59-78; Gramsci e Gobetti, Torino 1976; Sulla rivoluzione italiana, Torino 1978; Marxismo e storicismo in Togliatti, in Storia del marxismo, III, 2, Torino 1981, pp. 769-812.
Fonti e Bibl.: Roma, Fondazione Gramsci, Fondo Paolo Spriano, in corso di riordinamento; Raccolte, biografie, memorie e testimonianze, f. Spriano; Archivio di Stato di Torino, Archivio Giulio Einaudi editore, Collaboratori italiani, b. 201, f. 2867/1, 2867/2; Necrologi sui principali quotidiani, 27 settembre 1988 e a un anno dalla morte.
N. Ajello, Intellettuali e Pci 1944-1958, Roma-Bari 1979, ad ind.; Ricordo di P. S., in Studi storici, XXXI (1990), 1 (in partic. G.C. Jocteau, La storia del Pci, pp. 171-178); N. Tranfaglia, Giornalismo e ricerca storica, pp. 179-188; C. Vivanti, La casa editrice Einaudi, pp. 189-197); L. Lilli, Paolo il Rosso, in la Repubblica, 2 settembre 1993; N. Ajello, Il lungo addio. Intellettuali e PCI dal 1958 al 1991, Roma-Bari, 1997, ad ind.; Il «lavoro culturale». Franco Ferri direttore della Biblioteca Feltrinelli e dell’Istituto Gramsci, a cura di F. Lussana - A. Vittoria, Roma 2000, ad ind.; M. Tamagnone, P. S. storico di Gobetti, in Laboratorio Mezzosecolo, 2010, pp. 1-15, http://www. centrogobetti.it/images/stories/Tamagnone_Spriano.pdf (30 ottobre 2018); A. Agosti, «Con forte attaccamento al partito». Spriano giornalista militante dalla Liberazione al ’56, in Studi storici, LIV (2013), 4, pp. 861-874; M. Albeltaro, Lo storico e il suo editore. Ritratto con lettere dello Spriano di Einaudi, ibid., pp. 887-895; F. Giasi, P. S. biografo di Gramsci, ibid., pp. 847-859; L. Rapone, Torino operaia, Gobetti, Gramsci negli studi di P. S., ibid., pp. 835-845; A. Vittoria, Spriano nella «battaglia delle idee»: «Il Contemporaneo» e l’Istituto Gramsci, ibid., pp. 875-886; Ead., Togliatti e gli intellettuali. La politica culturale dei comunisti italiani (1944-1964), Roma 2014, ad ind.; L. Raito, P. S. intellettuale militante, Padova 2017; introduzione di G. Sorgonà e saggi, con corrispondenza, in P. S. Epistolario, cit.