PIROMALLI, Paolo
PIROMALLI, Paolo. – Nacque a Siderno, in Calabria, nel 1591 da una famiglia di buona condizione sociale, che gli permise di studiare a Napoli. Entrato tra i domenicani nel 1610, restò in Calabria fino al diaconato per tornare poi, nel 1622, a Napoli dove conobbe Tommaso Campanella, ancora prigioniero, e ne diventò un discepolo facendo proprie, sul piano cristiano e missionario, le grandi utopie universalistiche del filosofo calabrese. Dopo aver fondato un convento domenicano a Siderno, nel 1628, fu trasferito a Roma, in S. Maria sopra Minerva, come maestro di novizi. Qui, il 10 ottobre 1630, conseguì il baccellierato e il 12 giugno 1631 fu inviato missionario in Armenia, a capo di un gruppo di confratelli.
In quel Paese, situato al confine tra gli imperi turco e persiano, allora in guerra, i domenicani erano presenti fin dal XIV secolo per assistere le comunità cattoliche nella valle dell’Aras, dove avevano fondato l’arcidiocesi di Naxivan. Ripetuti erano anche i contatti con i vertici della Chiesa armena e i tentativi di farla entrare in comunione con Roma, alimentati dalle frequenti richieste di aiuto all’Occidente che gli armeni presentavano sperando di potersi liberare dal dominio musulmano, sunnita o sciita che fosse, ma sempre spinti dal forte attaccamento alle loro tradizioni religiose e culturali.
Giunto nell’aprile del 1632 a Jahouk per dirigervi il collegio domenicano, Piromalli, pieno di zelo, però impaziente e convinto di poter realizzare in breve brillanti iniziative missionarie destinate a rivelarsi imprudenti, si scontrò subito con i domenicani armeni e l’arcivescovo Agostino Baĵenç che, dopo la scoperta di lettere da lui inviate a Roma con giudizi infamanti su di loro, gli imposero una sorta di domicilio coatto tra l’agosto 1632 e il giugno 1634, che Piromalli utilizzò per imparare la lingua armena e comporre una grammatica e un vocabolario armeno-latino rimasti inediti. Liberato dopo l’intervento del maestro generale Niccolò Ridolfi e invitato a tornare in Italia, fra Paolo si trasferì invece a Erevan presso il katholikòs armeno Filippo di Ałbak, avviando con lui e con le gerarchie della Chiesa armena colloqui unionistici presto interrotti dalla reazione del clero locale e dalla temporanea occupazione turca della città, nell’agosto del 1635. Accompagnato da un gruppo di seguaci (tra cui un giovane, Ciriaco, che sarebbe divenuto patriarca armeno di Costantinopoli tra il 1641 e il 1642), attraversò l’Armenia, la Georgia e la Persia arrivando agli inizi del 1637 a Costantinopoli, dove rimase per diciotto mesi finché Propaganda Fide lo inviò in Polonia, con il compito di comporre le tensioni tra la comunità armena di Leopoli e il suo arcivescovo, Mikołai Torosowicz. Non vi riuscì e anzi, per le rimostranze di costui, dovette tornare a Roma verso la fine del 1639. Dopo aver ricevuto nuove istruzioni sugli scopi e le tecniche della missione ed essere diventato, il 12 marzo 1641, maestro in teologia, fu nuovamente inviato in Armenia, dove giunse nel 1643.
Latore di una lettera di Urbano VIII al katholikòs Filippo, riprese con lui le trattative per l’unificazione tra le Chiese armena e romana che, nel 1647, portarono alla sottoscrizione, da parte del katholikòs e di alcuni vescovi e teologi armeni, del decreto di unione con la Chiesa armena già emanato dal Concilio di Firenze. L’atto non ebbe alcun esito pratico e anzi aumentò la reazione anticattolica tra gli armeni, che lo considerarono nullo. Tuttavia, giovò alla reputazione missionaria di fra Paolo Piromalli, che fu propagandata dalle sue lettere, da uno scritto del fratello – il cappuccino padre Giovanni da Siderno –, dai buoni rapporti con la corte dello scià di Persia Abbas II, che egli frequentò a Isfahan, e dalla sua conoscenza delle lingue orientali. Nuovamente convocato a Roma da Propaganda Fide, durante il viaggio, l’8 aprile 1653, fu catturato dai corsari barbareschi nel mare Jonio e condotto schiavo a Tunisi. Grazie all’aiuto dei parenti, dell’Ordine, della Congregazione e del vescovo latino di Chio, Andrea Soffiani, poté riscattarsi il 28 maggio 1654. A quel punto, essendo morto nel frattempo l’arcivescovo di Naxivan e non avendo trovato il sinodo, cui tradizionalmente la S. Sede riconosceva l’elezione del successore, l’accordo per un candidato unico, il 2 giugno 1654 la Congregazione propose al papa il nome di Piromalli, il quale, pur consapevole che un armeno sarebbe stato meglio accolto, tornò a Roma alla fine del 1654 sollecitando in vari modi la propria elezione e facendosi chiamare arcivescovo ancor prima della nomina, che avvenne il 24 maggio 1655, seguita dalla consacrazione, il 4 luglio, da parte del cardinale Marco Antonio Franciotti. Tutto ciò non solo per ambizione personale, quanto per la convinzione che la più alta autorità possibile gli avrebbe garantito il potere di ottenere il consenso dei confratelli e realizzare quei suoi grandi progetti missionari fin lì sempre ostacolati. A tale scopo ritardò di quasi un anno la partenza per l’Armenia, con varie scuse, chiedendo nel frattempo, senza ottenerla, anche la nomina a prefetto della missione domenicana in Armenia (per poter essere pure superiore diretto dei frati) insieme con lettere commendatizie per la Chiesa armena e lo scià di Persia. Alla fine, il 25 aprile 1656, gli fu imposto di partire e gli fu vietato di esercitare funzioni episcopali fuori del suo territorio di competenza; poté portare con sé quei domenicani che avesse trovato disponibili e idonei per la missione e una lettera di Alessandro VII per lo scià.
Partito con ritardo, sostò a Vienna per pubblicare, nel 1656, due libri: l’Apologia de duplici natura Christi… ex S. Cyrillo Alexandrino petita contra P. Simonem Armenorum doctorem, riguardante il principale argomento di controversia con la Chiesa armena, e la Theantropologeia, seu Oeconomia Salvatoris nostri explicans ex solis prophetis ad instantiam regi Persarum petitis ineffabile, adorandumque Incarnationis sacramentum, sulle dispute con l’islamismo.
Arrivato il 15 luglio 1657 ad Aparaner, centro principale dell’arcidiocesi, nonostante avesse scelto di stabilirsi separato dai confratelli in breve si urtò con loro e fu accusato di abuso di potere. Reagì imputandoli di ignoranza e corruzione, e impose ripetute punizioni. Invano esortato alla moderazione da Propaganda Fide, di fronte al deteriorarsi della situazione, senza informare nessuno e prima che da Roma fosse sottoposto a inchiesta e gli venisse inviato, nel 1660, un visitatore apostolico, abbandonò la sede trasferendosi a Isfahan. Tornato infine a Roma per difendersi dalle accuse, il 15 dicembre 1664 fu trasferito alla sede vescovile di Bisignano, in Calabria, con la facoltà di mantenere il titolo di arcivescovo.
Nella nuova diocesi tenne un sinodo, continuò a intervenire con lettere in varie questioni ecclesiastiche e a interessarsi delle vicende armene: dopo aver inviato a Roma i suoi manoscritti, sollecitandone invano la pubblicazione, l’8 giugno 1667 scrisse una lettera a Girolamo Casanate, segretario di Propaganda Fide, in favore dell’arcivescovo armeno Giovanni di Mesopotamia, inviato al papa dal katholikòs Giacomo IV con una nuova proposta di adesione al cattolicesimo e richieste di aiuto contro i persiani e gli ottomani.
Morì a Bisignano il 12 luglio 1667.
Fonti e Bibl.: M. Macrì, Memorie istorico-critiche intorno alla vita e alle opere di Monsignore fra’ P. P. domenicano Arcivescovo di Nassivan aggiuntavi la Sidernografia, Napoli 1824; M.-A. van den Oudenrijn, De operibus Pauli Piromalli OP archiepiscopi Naxivanensis. 1655-1664, in Archivum Fratrum Praedicatorum, XXIV (1954), pp. 292-296; R. D’Alessandro, Chiesa e società in Calabria. I sinodi di Bisignano (1630-1727), Cosenza 1998, pp. 223-256; C. Longo, Silvestro Bendici, un missionario calabrese del secolo XVII, Roma 1998, ad ind.; Id., Giovanni da Siderno OFMCap narra le avventure di suo fratello P. P. OP, in Laurentianum, XL (1999), pp. 289-325; Id., La ‘Relation de’ successi’ di fr. P. P. OP (1637), in Archivum Fratrum Praedicatorum, LXX (2000), pp. 337-363; Id., I domenicani in diocesi di Bisignano. Istituzioni e vescovi, in Ordini religiosi e società civile nella diocesi di Bisignano dal XII al XVIII secolo. Atti del convegno di studi, Bisignano 18-19 giugno 2001, a cura di L. Falcone, Cosenza 2005, pp. 117-126.