MORELLO, Paolo
MORELLO, Paolo. ‒ Appartenente a una famiglia della media borghesia, figlio di Paolo e di Marianna Morana, nacque il 6 gennaio 1809 a Palermo.
Nella città natale maturò le sue prime esperienze scientifiche e manifestò i suoi primi impegni civili. Dotato di vivace curiosità intellettuale, si impegnò fin da giovane negli studi letterari e negli studi medici, laureandosi in medicina nel 1834. Costituì un’Accademia di medicina omeopatica siciliana, diede vita agli Annali di medicina e inaugurò un ambulatorio di cura omeopatica. Fondò, nel 1840, la rivista La Ruota, con Pasquale Pacini, Francesco Aceto, Giambattista e Benedetto Castiglia, mentre collaborava anche con la rivista L’Oreteo, diretta da Francesco Crispi, partecipandò intensamente ai vivaci dibattiti tra correnti intellettuali di ispirazione classicistica o romantica ospitati nei due periodici. Dopo due anni abbandonò La Ruota a causa dei dissensi sorti con Benedetto Castiglia.
Sfogliando le pagine de La Ruota è possibile constatare con quanta agilità Morello passasse da un argomento all’altro. I suoi scritti mostrano una grande passione di natura eticocivile nei confronti del risorgimento della coscienza nazionale, inteso nei termini dell’affermazione di un primato letterario, cui si accompagna l’idea di una grande patria italiana sotto l’egida della libertà dei popoli e dell’indipendenza dallo straniero.
Il contatto con Crispi alimentò una notevole insofferenza nei confronti della censura borbonica che lo spinse a trasferirsi in Toscana nel 1843. A Firenze ritrovò esuli i conterranei Filippo Parlatore e Giuseppe La Farina. La rivoluzione siciliana del 12 gennaio 1848 lo spinse a tornare a Palermo per sostenere gli insorti. Iniziò a collaborare con il giornale L’Apostolato, fondato da Crispi, ove pubblicò alcuni articoli inneggiando all’insurrezione che considerava il primo evento significativo del Risorgimento italiano. In seguito si allontanò dalle posizioni repubblicane di Crispi e diede vita a un giornale di tendenza monarchico- costituzionale, Il Dante, con l’obiettivo di dare voce a una Sicilia che voleva essere italiana, nonostante le tendenze federaliste dominanti. La pubblicazione durò solo fino al 4 aprile 1848.
Coerentemente con i suoi ideali di combattente per la libertà d’Italia, quando il Granducato di Toscana entrò in guerra contro l’Austria insieme agli altri Stati italiani, Morello si arruolò come tenente nel II battaglione fiorentino e partecipò alla battaglia di Curtatone e Montanara. Fatto prigioniero, a giugno fu portato a Bolzano, poi dopo vari altri trasferimenti, il 10 agosto giunse a Praga, dove fu ricoverato nell’ospedale militare. Il 10 settembre ritornò a Firenze e lì, nello stesso anno, pubblicò il volumetto Lettere di un prigioniero italiano alla sua donna, dedicato all’amata moglie Agatina, in cui narrava sotto forma epistolare esperienza della propria prigionia.
Nei successivi anni fiorentini mantenne la sua attività di medico omeopatico, insegnò privatamente filosofia al futuro critico letterario Alessandro D’Ancona e scrisse La logica o il problema della scienza nuovamente proposto all’Italia (Firenze 1855). Nel decennio fra la prima e la seconda guerra d’indipendenza collaborò al giornale Il Conservatore costituzionale e fu considerato tra gli esponenti più moderati della cerchia degli emigrati politici siciliani. La collaborazione cessò perché il giornale propugnava un costituzionalismo poco incisivo in senso liberale. Le vicende che portarono alla seconda guerra d’indipendenza e alla caduta della dinastia degli Asburgo- Lorena videro Morello nuovamente in prima fila tra i patrioti toscani, solidale con l’azione di Bettino Ricasoli. Salutò l’unione del Granducato di Toscana al Regno di Sardegna, intravedendovi la sconfessione degli accordi sottoscritti con l’imperatore Napoleone III, nonché l’inizio del processo di unificazione italiana.
Compresa immediatamente la portata politica dell’impresa garibaldina in Sicilia, decise di rientrare nella propria terra, dove erano ancora in corso le operazioni militari, e di porsi al servizio della causa. Il 21 luglio 1860 fondò, con Tommaso Abbate, Giovanni Nicolao, Giovanni Mirone e Giovanni Virzì, il giornale Il Regno d’Italia, che durò fino al 28 dicembre 1860 (poi cambiò nome in La Monarchia italiana) e fu l’organo degli unitari, sostenendo, nel contrasto tra annessionisti e antiannessionisti, l’adesione alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II come la strada migliore per giungere all’unificazione politica nazionale. Morello fu un esponente di punta del giornale, di cui i suoi articoli, dal tono programmatico e di aperto sostegno alla soluzione unitaria sabauda, lo configurarono chiaramente come una sorta di direttore politico.
Il governo della Prodittatura garibaldina lo nominò nel 1860 professore ordinario di storia della medicina presso l’Università di Palermo per i suoi meriti scientifici, ma anche per il suo impegno a favore dell’Unità nazionale. Nominato segretario generale per la Pubblica Istruzione dal luogotenente Montezemolo, ben presto si dimise, ritenendo di non potere, in quel momento, operare con la necessaria efficienza ed energia. Visse il primo decennio unitario impegnandosi nella vita politica, nei compiti dell’amministrazione pubblica, dell’università e della educazione scolastica. Nel 1865 fu candidato al Parlamento italiano nel II Collegio di Palermo in contrapposizione con Antonio Mordini, primo prodittatore garibaldino, e con il principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa, rappresentante dei regionalisti autonomisti. Fu sconfitto da Mordini, ma non si demoralizzò visto che riuscì a mantenere le cariche di consigliere comunale, di consigliere provinciale, di consigliere sanitario dell’Amministrazione provinciale e, di non minore rilievo, anche di provveditore agli Studi di Palermo.
Nell’Università di Palermo insegnò diverse discipline: fu ordinario di storia della medicina presso la facoltà di medicina (dal 1860 al 1867); incaricato di filosofia della storia (dal 1863) e libero docente di diritto internazionale (dal 1866). Sia per il carattere filosofico degli scritti di Morello, sia per il fatto che storia della medicina era una disciplina facoltativa, dal 1867 il governo lo fece diventare ordinario di filosofia della storia presso la facoltà di lettere e filosofia, dove insegnò fino al 1873, trovando un terreno scientifico assai fertile per le sue inclinazioni speculative e per le sue prese di posizione a favore delle nazionalità dei popoli. Mantenne anche l’incarico di diritto internazionale (fino al 1868) e assunse quello di storia antica e moderna (dal 1870 al 1872). Alla docenza universitaria affiancò l’attività di insegnamento di storia della filosofia presso l’Istituto parificato Veneziano, dove tenne diverse conferenze (tra cui, nel 1865, quella intitolata Dell’educazione nazionale sotto il magistero di Dante, pronunciata nel sesto centenario della nascita del poeta, nell’ottica di una interpretazione patriottica del poeta nell’Italia appena unificata).
Morì a Palermo il 10 luglio 1873 e fu tumulato nel cimitero monumentale di Santa Maria di Gesù.
Morello fu autore di numerosissimi scritti: pubblicò saggi, articoli di giornale e lezioni universitarie, tenendo sempre strettamente collegati in tutti gli scritti e gli interventi il principio nazionale con il principio religioso e il principio scientifico.
Negli scritti giovanili affrontò questioni inerenti il pensiero speculativo. Nell’articolo Genesi e nesso del sapere umano (in La Ruota, 1840, n. 1, pp. 2-8) trattò vichianamente dei compiti della storia, ponendola alla base di un sistema delle scienze sprirituali, delle arti e delle scienze fisiche. Nella stessa rivista (n. 15, pp. 113-115; n. 18, pp. 136-139) pubblicò un saggio contro l’eclettismo filosofico: l’Eclettismo di V. Cousin. Dalle colonne de L’Oreteo si scagliò, invece, contro il sensismo, l’empirismo e le istanze antimetafisiche propugnate da Benedetto Castiglia e volutamente ricomposte nel progetto di costituzione di un nuovo organo delle scienze dell’umanità: in Introduzione alla storia filosofica dell’umanità (1842, n. 4, pp. 35-37) e Il mio trascendentalismo (n. 9, pp. 72 s.) sviluppò una sintesi fra empirismo e trascendentalismo ispirata sia alla filosofia di Aristotele, sia alla riflessione di Bacone, sia al pensiero di Kant.
La sua opera filosofica più rilevante, La logica o il problema della scienza nuovamente proposta all’Italia (cit.) – poi criticata da Bertrando Spaventa (1905) e da Giovanni Gentile (1963, p. 90) per la forma quanto per il contenuto – contiene un’analisi accurata delle relazioni tra logica, filosofia e scienza e affronta il rapporto tra filosofia e teologia, mostrando una predilezione verso la tradizione cattolica di Rosmini e Gioberti, piuttosto che verso l’idealismo moderno influenzato dall’individualismo della Riforma protestante.
Nell’età matura l’impegno filosofico di Morello si consolidò negli studi di filosofia della storia, attenendosi alla lezione storicistica di Vico e all’idea della famiglia delle nazioni dell’umanità. Nei suoi corsi di filosofia della storia e di diritto internazionale ebbe modo di sviluppare una teoria dell’umano incivilimento connesso alla formazione della coscienza nazionale dei popoli. Nella Prelezione al corso di diritto internazionale contemplato in relazione alla filosofia della storia (Palermo 1864) e nella Introduzione alla scienza del diritto internazionale in relazione alla filosofia della storia (III, ibid. 1868-1870) tratteggiò una «storia ragionevole » dell’Umanità che supera lo stato di mera naturalità col creare le Case, le Famiglie e le Nazioni sotto l’impero del Giusto e del Diritto. La storia delle nazioni implica, per Morello, i due concetti inscindibili di «umanità delle Nazioni» e di «Nazioni dell’Umanità» là dove la Provvidenza funge da esecutrice dell’Umanità operando nel mondo delle Nazioni e il diritto alla nazionalità si propone come il nuovo fondamentale diritto naturale dell’Umanità giunta all’autocoscienza.
Morello mostrò, infine, capacità di politologo negli scritti dedicati alle vicende risorgimentali alle quali partecipò con entusiasmo. Ne Le lettere di un prigioniero italiano alla sua donna non si limitò ad annotare la propria esperienza ma testimoniò la sfiducia e le delusioni MORELLO 662 post-quarantottesche per la scarsa coesione e gli equivoci con cui era stata condotta quella guerra. Dalle colonne de Il Regno d’Italia sostenne il progetto monarchico-costituzionale di un Regno d’Italia sotto la corona di Vittorio Emanuele II in contrapposizione con Giuseppe Mazzini e col programma unitario repubblicano.
Opere non citate nel testo: Storia filosofica della medicina in Italia, Firenze 1845-46; Saggio di conciliazione fra l’allopatia e l’omeopatia, Palermo 1847; Dione siracusano, Firenze 1847; Il Cristo, gli apostoli e i profeti, Genova 1853; Orazione funebre di Camillo Cavour, Palermo 1861; Prolegomeni alla storia della medicina nelle sue relazioni con la civiltà, ibid. 1861; La Chiesa e l’Italia, ibid. 1862; Dell’Unità e dell’Armonia delle scienze in relazione al principio di nazionalità, ibid. 1862; Del principio direttivo nella Pubblica Istruzione, in La Gioventù, 1863, s.p.; Scienza e libertà, in Giornale di Sicilia, 1865, nn. 230 - 232; Saggio intorno a una teorica dei caratteri morali, per servire di fondamento alla scienza dell’educazione, Palermo 1866; Prolusione alle lezioni di diritto internazionale per il corso dell’anno 1866, ibid. 1866; Corso di filosofia elementare conforme ai programmi governativi, ibid. 1869.
Fonti e Bibl.: L. Sampolo, In morte del professore P. M., Palermo 1873; S. Vassallo Paleologo, Sulla vita e le opere del professore dottor P. M., Palermo 1873; L. Sampolo, Per l’inaugurazione del monumento a P. M., Palermo 1889; B. Spaventa, Da Socrate ad Hegel, 1905, pp. 302 ss.; G. Gentile, Il tramonto della cultura siciliana, 2a ed., Firenze 1963, p. 90; L. Ferrara, Una figura del risorgimento in Sicilia: P. M., in Il Risorgimento in Sicilia, VI (1965), 3, pp. 386-432; M. Corselli, L’opera filosofica di P. M., in Rivista della Libera Università di Trapani, VI (1987), 17, pp. 107-122; Id., P. M., in Dizionario enciclopedico dei pensatori e teologi di Sicilia. Secc. XIX e XX, a cura di F. Armetta, I-VI, Caltanissetta-Roma 2010, pp. 2108- 2115.