MORA, Paolo
Restauratore d'arte, nato a Roma il 22 maggio 1921, morto ivi il 26 marzo 1998. Nel 1944 entrò come allievo all'Istituto centrale del restauro (ICR), dove dal 1950 svolse anche attività didattica, collaborando prima con C. Brandi e poi con G. Urbani, negli anni in cui l'Istituto andava approfondendo ricerche tecnico-scientifiche per la conservazione dei beni culturali nelle loro varie tipologie di materiali. M., in collaborazione con la moglie L. Sbordoni - formatasi dal 1945 allo stesso ICR, dove poi insegnò -, applicò con successo le nuove metodologie a pitture da cavalletto (tele e tavole), a sculture lignee e lapidee policrome, a miniature, dipinti murali, mosaici, stucchi, superfici architettoniche intonacate e colorate. Ottenne vari riconoscimenti tra cui il premio ICCROM nel 1984 e il premio Rotondi nel 1997.
Dopo avere esordito, sotto la direzione scientifica di C. Brandi, con un intervento esemplare (1952) sulla Maestà di Duccio (Siena, Museo dell'opera del duomo), si occupò successivamente della Deposizione del Beato Angelico (Firenze, Museo di San Marco), della Flagellazione di Piero della Francesca (Urbino, Palazzo ducale), del Ritratto, dell'Ecce Homo e del San Girolamo penitente di Antonello da Messina (rispettivamente: a Cefalù, Museo della Fondazione Mondralisca; a Piacenza, Collegio Alberoni; a Reggio Calabria, Museo della Magna Grecia), della Deposizione di Raffaello (Roma, Galleria Borghese), de Il cesto di frutta di Caravaggio (Milano, Galleria Ambrosiana), risolvendo anche problemi complessi, come quello dell'architrave di marmo di Tino di Camaino (Siena, Duomo), in cui sperimentò l'uso di un particolare copolimero (paraloid b72).
A M. si deve anche l'individuazione della tecnica usata dai Romani - creta aggiunta all'intonaco e non cera, come si era fino ad allora ritenuto - per rendere specchianti i dipinti murali (Proposte sulla tecnica della pittura murale romana, pubblicato nel 1967 nel Bollettino dell'Istituto centrale del restauro). Tra gli anni Sessanta e Ottanta diresse, come restauratore, i cantieri dell'ICR per l'intera decorazione della basilica inferiore e superiore di San Francesco di Assisi, per gli affreschi della Camera degli sposi di A. Mantegna nel Palazzo ducale di Mantova, per quelli di Giotto nella cappella degli Scrovegni di Padova, per i mosaici del duomo di Torcello e molti altri importanti lavori. Partecipò anche, chiamato da istituzioni di rilevanza internazionale (l'UNESCO; l'ICCROM, International Center of Conservation and Restauration of Monuments; l'IsMEO, Istituto per il Medio ed Estremo Oriente), a importanti missioni all'estero: tra l'altro, lavorò in Egitto al tempio di Abu-Simbel (1962) e alla tomba di Nefertari a Luxor (1988-92), come anche in Bulgaria, in Messico, in Giappone, in Indonesia, in India. La sua importante attività è documentata nei suoi numerosi scritti, tra cui ricordiamo La conservation des peintures murales (1977, in collab. con L. Sbordoni e P. Philippot) e Il programma di conservazione della tomba di Nefertari (1994, in collab. con L. Sbordoni), presente nel catalogo della mostra Nefertari, luce d'Egitto.