LAZISE, Paolo
Figlio del nobile Zeno Bevilacqua di Lazise e di Francesca Pilcante di Orlando, nacque a Verona nel 1508. Nel 1528 entrò a far parte dei canonici regolari lateranensi di S. Agostino nel monastero di S. Leonardo fuori le mura di Verona, dove probabilmente si era compiuta anche la sua prima formazione umanistica. Proseguì gli studi filosofici e teologici a Padova, sia presso l'Università sia nel convento di S. Giovanni in Verdara, dove la sua presenza è registrata nel dicembre 1531. Rientrò nel monastero di S. Leonardo a Verona nel 1537, ricevendo il presbiterato. Nell'aprile dello stesso anno fu promosso all'ufficio di pubblico predicatore e riconfermato nel 1539. In questi anni era priore del monastero di S. Leonardo Giuseppe Nave, considerato uomo di grande integrità morale ed erudizione, già priore di S. Giovanni in Verdara negli anni in cui è registrata la presenza del Lazise. In qualità di socius del priore, il L. partecipò nel 1540 al capitolo generale celebrato in S. Maria in Porto a Ravenna, nel corso del quale vennero nominati visitatori dell'Ordine Pietro Martire Vermigli, Luca da Novara, Valeriano da Piacenza e lo stesso Giuseppe Nave.
È probabile che in quest'occasione il L. abbia conosciuto Vermigli, con il quale condividerà qualche anno più tardi il destino di esule. Costui, eletto priore del monastero di S. Frediano a Lucca nel maggio 1541, si impegnò subito in un progetto di riforma morale e religiosa nel monastero così come in tutta la città. L'educazione dei novizi e dei giovani professi si concentrò particolarmente sullo studio delle lingue classiche e dell'ebraico, nelle quali Vermigli individuava le basi di una corretta educazione teologica. A questo scopo si impegnò a fare confluire in città quei confratelli che per dottrina e spiritualità sembravano particolarmente adatti a coadiuvarlo in un tale progetto. L'insegnamento del latino fu affidato al L., mentre Massimiliano Celso Martinengo e l'ebreo convertito Emanuele Tremellino furono scelti per l'insegnamento rispettivamente del greco e dell'ebraico. Nel giugno 1541 Vermigli assegnò al L. la cappella del Soccorso e lo investì della dignità di vicario. In questi mesi il L. collaborò, ricevendone poi le lodi, con Francesco Robortello, insegnante di eloquenza classica nello Studio di Lucca, alla preparazione del suo commentario sulla Poetica di Aristotele. Non mancò tuttavia di dedicarsi al suo compito di predicatore pubblico; il suo impegno è testimoniato dalle parole di lode con le quali Celio Secondo Curione, insegnante di litterae humaniores in casa di Nicolò Arnolfini, lo accomunava in questo campo a Vermigli.
Il dilagare dell'eterodossia presso i predicatori riuniti nella chiesa di S. Agostino provocò la decisa reazione del cardinale Bartolomeo Guidiccioni, uno dei sei membri della congregazione del S. Uffizio, che intervenne chiedendo agli Anziani di allontanare dalla città o arrestare i "frati authori […] di pestiferi errori", scagliandosi poi apertamente contro Celio Secondo Curione. Citato dinanzi a un capitolo del suo Ordine a Genova, Vermigli decise nell'agosto 1542 di lasciare la città, seguito in questa scelta dal L., da Teodosio Tremelli e da Giulio Santerenziano. Dopo una tappa a Firenze, durante la quale Vermigli convinse Bernardino Ochino a non presentarsi a Roma, i fuggiaschi raggiunsero Basilea, dove vennero accolti da Bonifacio Amerbach, che li sostenne economicamente per circa quattro settimane attingendo al lascito di Erasmo. Data la difficoltà di trovare una posizione sicura in città, in ottobre Vermigli e il L. si trasferirono a Strasburgo, dove Martin Bucer si adoperò per assegnare loro una cattedra. Al L. venne assegnata la cattedra di greco e la possibilità di usufruire di una prebenda del capitolo di S. Pietro il Vecchio. In questi mesi meritò gli apprezzamenti di J.H. Bullinger e Bucer, che lo lodarono come uomo eccellente per dottrina e perizia nella lingua greca.
Il L. morì nel gennaio 1544, poco più di un anno dopo il suo arrivo a Strasburgo, lasciando un'unica opera, la versione latina delle Storie di Giovanni Tzetzes, grammatico greco del XII secolo: Ioannis Tzetzae Variarum historiarum liber, versibus politicis ab eodem Graece conscriptus, et Pauli Lacisii Veronensis opera ad verbum Latine conversus, nuncquam primum in lucem editus, Basileae, ex officina Ioannis Oporini, 1546.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, S. Frediano, 5, Memorie del monastero di S. Frediano, c. 711; Arch. di Stato di Padova, S. Giovanni in Verdara, b. 159, pergamena n. 399; Arch. di Stato di Verona, Comune di Verona, Anagrafe, Contrada di Falsorgo, n. 260, anno 1514; Testamenti, m. 120, n. 965; p. 121, n. 965; Ravenna, Biblioteca Classense, Acta capitularia canonic. regular. Lateran., 222; Zurigo, Zentralbibliothek, Mss., S. 52, n. 86, c. 2; De animi tranquillitate dialogus Florentio Voluseno auctore, Lugduni 1543, pp. 8 s.; C.S. Curione, Pasquillus ecstaticus, s.l. 1544, pp. 166 s.; F. Robortello, In librum Aristotelis De arte poetica explicationes, Basileae 1555, pp. n.n. (Ad lectorem); Ioannis Calvini opera quae supersunt omnia, a cura di G.J.W. Baum - E. Cunitz - E. Reuss, XI, Brunswick 1873, coll. 456 s., epistola 430; Handschriftenproben des sechzehnten Jahrhunderts nach strassburger Originalen, a cura di J. Ficker - O. Winkelmann, II, Strassburg 1905, p. 82; S. Maffei, Verona illustrata. Parte seconda: contiene l'istoria letteraria o sia La notizia de' scrittori veronesi, Verona 1731, p. 323; C. Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1866, pp. 467 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1924, pp. 669-671; F.C. Church, I riformatori italiani, I, Firenze 1935, pp. 130-132, 173-175; Ph. McNair, Pietro Martire Vermigli in Italia. Anatomia di un'apostasia, Napoli 1971, pp. 254-260, 309 s., 330; L. Tacchella, Il processo agli eretici veronesi nel 1550: s. Ignazio di Loyola e Luigi Lippomano (carteggio), Brescia 1979, pp. 67-79 (lo studio più completo sul L.); S. Adorni Braccesi, "Una città infetta". La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento, Firenze 1994, pp. 113-115, 136 s., 234, 248; S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Torino 1997, pp. 330, 332, 334; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1999, pp. 414, 418 n.; A. Prosperi, L'eresia del libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, Milano 2000, pp. 108, 399 n. 3; P. Bayle, Dictionnaire historique et critique… [1740], III, Genève 1995, p. 32.